Dopo Harrius Potter et Philosophi Lapis, traduzione in latino a cura del professor Peter Needham, arriva anche Areios Potér kai é tu Filosòfu Lithos!! Ovvero, la traduzione della Pietra Filosofale in greco antico.
La Bloomsbury le aveva concepite assieme ma, mentre trovare un traduttore per il "Lapis" era stato relativamente facile, non è stato così per il traduttore di greco antico, visto che non solo questa lingua è più complicata, ma anche meno studiata.
Così, solo nell'autunno del 2001, mentre la traduzione latina era già a buon punto, il professor Andrew Wilson, docente sessantaquattrenne in pensione, si imbatté per caso in un articolo del Daily Telegraph, dove si menzionava che era in progetto anche una traduzione greca della Pietra Filosofale e che il posto di traduttore era ancora vacante. Quasi per gioco, il professor Wilson scrisse alla Bloomsbury, offrendo i propri servigi.
Non si aspettava nemmeno una risposta, invece questa arrivò sotto forma di una telefonata dalla casa editrice, che lo invitava a sottoporre qualche pagina di prova. Nel gennaio 2002 Wilson consegnava le pagine campione, che la Bloomsbury approvava, offrendogli un contratto in cui la consegna dell'intero libro era prevista per il 1 gennaio 2003. Ora, nell'ottobre 2004, il volume sarà posto in vendita, ed è già possibile prenotarlo anticipatamente su Amazon.
La Bloomsbury ha voluto "smerciare" la doppia inziativa come un tentativo di avvicinare i ragazzi alle lingue morte. Ma si tratta di una motivazione a cui si stenta a credere, non solo perché difficilmente i ragazzi rinunceranno alla comoda traduzione nella propria lingua, per cimentarsi invece con quelle antiche, ma anche perché - al di là del coraggio, della pazienza e dell'intraprendenza che vanno indubbiamente riconsciute al professore - restano numerose perplessità sulla traduzione di termini troppo moderni per avere un corrispondente credibile. Senza contare l'infinità di nomi di luoghi, persone e oggetti inventati dalla Rowling.
Tutta l'operazione ha quindi più un sapore di exploit collezionistico (l'unico mercato possibile per un prodotto del genere, se si eccettua quella manciata di docenti in grado di godersi una pubblicazione siffatta) truccato da operazione culturale.
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