Quanto vi siete immedesimati nel vostro personaggio?

Anna Mazzamauro: Non è stato molto facile, perché all'inizio ero pure un po' scocciata. Mi è stato detto “devi fare come quella”… e perché? Chi la conosce? Una reinterpretazione ci vuole, altrimenti chiamate quella e insegnatele a parlare italiano.

Il fatto che abbiano chiamato proprio noi significa che si aspettassero un certo stile, una certa impronta, ma non perché italiana, bensì di personaggio, che fosse simile, rispettosa ma non uguale.

In questo senso ribadisco il concetto della bravura di Carlo Valli: lui ha capito il mio disagio di dover essere simile. La ribellione dell'attore c'è sempre, perché ognuno di noi si sente magari non il più bravo, ma sicuramente il più particolare in assoluto.

Avevano ragione, però, in un senso. Mi hanno detto che in America prima ascoltano le voci, poi ci costruiscono sopra il personaggio. Lo trovo allucinante, però evidentemente il personaggio era costruito sulla voce della Walters e quindi era giusto che dovessi adattarmi un pochettino. 

Un attore celebre come voi presta più facilmente la voce a un cartone piuttosto che a un cartone straniero?

Anna Mazzamauro: per quel che mi riguarda sì, da giovane mi dava fastidio prestare la voce “a quella”. Ammiro quei film dove non c'è il doppiaggio, dove posso ammirare la recitazione autentica di quel momento. Se io sento Al Pacino con la voce di Giannini, si perde un po' di fascino.

Difficilmente un grande doppiatore è un grande attore. Essere attori in palcoscenico è una totalità che abbraccia e unisce la voce al fisico, mentre dalla vita in su i personaggi che si interpretano con la voce, perché si sente una grossa esagerazione nella voce, nell'interpretazione, nella vocalità, ma se li metti sul palco si adagiano soprattutto sulla voce. È un'altra tecnica. Per cui per noi attori di teatro è più facile doppiare un cartone, perché diventa tuo.

Enzo Iacchetti:  Io ho sempre doppiato solo cartoni, quindi evidentemente non sono adatto per Clooney o altri personaggi, per questo la mia risposta è “Non sei tu che scegli, sono loro che ti chiamano”. Perché grandi personaggi del cinema sono doppiati da veri professionisti, non conosciuti come Giannini, magari, però voci strepitose.

Dietro la cinepresa, con Mark Andrews e Brenda Chapman

Noi vediamo che Merida non è la classica eroina ma una principessa 2.0, un modello nuovo, molto emancipata anche rispetto ad altre precedenti protagoniste, al punto, stavolta, da non avere bisogno di un principe. Come mai questa scelta?

Mark Andrews: Noi volevamo assolutamente rompere questa idea tradizionale della principessa, fin dall'inizio, ma creare un antiprincipessa, perché non riteniamo che una donna sia definita dal fatto di sposarsi o che sia salvata o che debba esserci una minaccia esterna. E non credevamo nemmeno che fosse necessario il “e vissero per sempre felici e contenti”, questo è ciò che abbiamo cercato di fare nel film: un personaggio che si crea dei guai ma riesce a uscirne.

Brenda Chapman: Per noi era importante rendere questo personaggio, sebbene dell'antichità, che fosse un qualcuno con cui ci si potesse facilmente identificare; sia noi come cineasti, ma anche il pubblico. Noi abbiamo creato una storia d'amore ma non tradizionale, tra uomo e donna, ma con la famiglia. Questa ragazzina deve prima curare e guarire il legame con la sua famiglia, godendo appieno di quell'amore, per poi essere disponibile a un amore romantico. È ciò su cui abbiamo voluto concentrarci perché fondamentalmente oggi la priorità è scoprire se stessi, quindi il nostro film è prettamente un percorso di crescita.

La Pixar spesso si ispira allo Studio Ghibli, e si notano più riferimenti del solito, sia nell'immaginario sia nella storia in sé. È una scelta creativa o è solo un'impressione.

Brenda Chapman: Amiamo moltissimo Miyazaki ed è per noi è fonte di ispirazione, e si ritrova nelle ambientazioni notturne, il personaggio protagonista forte e determinato, ma in questo caso la storia è assolutamente originale, la fonte sono state le storie, le favole antiche. Questa è l'idea alla base.

Mark Andrews: C'è un momento che ho letteralmente preso da Miyazaki. Cioè quello in cui Fio guarda Marco, ma poi voltandosi vede di nuovo Porco Rosso. Nel film Merida vede Mordou che subito dopo ritorna a essere l'orso.

Yoda Fratello Orso, Ariel la Sirenetta, Qui Quo Qua. sono state fonte di ispirazione per Brave?

Mark Andrews:  No, assolutamente no, anche se devo dire che noi per il lavoro che facciamo siamo influenzati da qualsiasi cosa vediamo. La coincidenza dei capelli rossi non significa che la Sirenetta sia stata la fonte di ispirazione. Idem il temperamento dei fratellini di Merida con quello dei nipotini di Paperino.

Brenda Chapman: Ogni cosa presente nel film è presente per una sicura e buona ragione specifica, frutto di una scelta consapevole. I capelli di Merida sono rossi perché perché doveva stagliarsi rispetto allo sfondo delle forse scozzesi e distinguersi. I fratellini sono tre perché per dare una mano alla sorella devono collaborare e aiutarsi a vicenda quindi intenzionalmente sono stati pensati tre.

A proposito del legame con la famiglia, è molto importante quello tra Merida e Elinor. Pensate possa essere un invito al dialogo alla comprensione per le giovani generazioni? 

Mark Andrews:   Assolutamente sì, era esattamente ciò che volevamo Le storie sono importante perché puoi apprendere una lezione, al di là di essere trasportato in un altro luogo e vivere altri tipi di esperienza trasformandoti in qualcun altro. È così da sempre.

La lezione è quella di essere sufficientemente coraggioso: da genitore per lasciare tuo figlio libero di fare il proprio passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Per il figlio si tratta di non allontanare il genitore ed estraniarsi da esso.

Si può avere un rapporto diverso, continuare ad avere i genitore nella propria vita alle proprie condizioni, rivolgendosi per consiglio e sostegno senza che il genitore ti dica cosa devi fare.

È per questo che abbiamo voluto incentrare la storia in questa specifica età.