Libri e romanzi
A uno sguardo distratto le due parole potrebbero sembrare dei sinonimi ed è come tali che spesso le utilizziamo, ma in alcuni casi bisogna fare dei precisi distinguo. Un romanzo è un’opera narrativa di una certa lunghezza in sé compiuta cioè dotata di una trama organica, di un inizio e di una fine. Il libro è un insieme di fogli stampati, rilegati insieme e provvisti di copertina. Per fare un esempio concreto, A Game of Thrones di George R.R. Martin è un romanzo, Il trono di spade (versione Oscar bestsellers) no. Si tratta invece di un libro che comprende la prima metà di un romanzo.
Molto spesso la differenza fra libri e romanzi affligge le edizioni italiane. I cinque romanzi di A Song of Ice and Fire sono diventati da noi i dodici volumi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, e questo è solo un caso fra tanti.
Armenia ha suddiviso in due parti i tre romanzi più lunghi della Caduta di Malazan fin qui pubblicati, portando in libreria dieci libri nonostante abbia tradotto solo i primi sette romanzi della saga di Steven Erikson.
Nord, dopo aver pubblicato in versione integrale i primi tre romanzi di Jacqueline Carey, ha deciso di spezzarli a metà, con la conseguenza che la Trilogia di Imriel è diventata una saga in sei volumi.
Fanucci ha pubblicato i primi quattro romanzi della saga di Goodkind nella collana Il libro d’oro suddividendoli ciascuno a metà poi, presumibilmente quando gli incassi sono diventati tali da trasformare l’autore da un rischio a una fonte di guadagno, ha iniziato a pubblicarli in versione integrale sia quando li proponeva come novità che quando li ripubblicava in versione economica. Del resto che la motivazione per la suddivisione sia stata quella economica traspare anche da un editoriale di Sandro Pergameno pubblicato su Futuro News nel 1997 che spiegava come pubblicare romanzi delle dimensioni di quelli realizzati da Goodkind avrebbe fatto lievitare troppo il prezzo di copertina perché l’operazione fosse materialmente fattibile. Da qui l’edizione in due volumi diversi, ciascuno con un prezzo accettabile per un romanzo e con un guadagno quasi assicurato per l’editore. Discorso analogo con Robin Hobb, la cui Liveship Trade Trilogy è diventata una serie di cinque volumi, i Mercanti di Borgomago, con il solo terzo volume che corrisponde al romanzo americano.
Uther, romanzo autoconclusivo di Jack Whyte che scorre parallelo alle Cronache di Camelot, è stato pubblicato da Piemme in due volumi, Le porte di Camelot e La donna di Avalon, e la tecnica della suddivisione è stata applicata anche alla successiva duologia Io, Lancillotto, trasformata in una saga in quattro volumi.
Quanto a Newton Compton, dopo aver pubblicato in versione integrale i romanzi che compongono la tetralogia originaria del Diario del vampiro di Lisa Jane Smith, ha iniziato a suddividere le opere successive in due parti.
Se nei primi casi indicati poteva (forse) sussistere una giustificazione tecnica – per i romanzi di Martin, Erikson, Goodkind in particolare, molto lunghi e quindi difficili da rilegare in un unico volume – nei successivi le difficoltà tecniche cadono e rimangono in piedi solo le decisioni di tipo economico, con buona pace degli appassionati.
Va notato comunque che con Martin Mondadori sta facendo quel che è meglio per l’editore piuttosto che per il lettore visto che se una suddivisione dei romanzi in due parti può essere giustificabile, oltre che dalle dimensioni notevoli del romanzo originale, dalle dimensioni del mercato italiano, infinitamente più piccolo di quello americano, la divisione in ben tre parti di A Storm of Swords e di A Dance with Dragons ha un sapore esclusivamente commerciale. Per quanto anche lo scrittore sia consapevole (ma non felice) dei motivi che stanno alla base della divisione (6), già avvenuta con il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien intorno alla metà degli anni ’50, tre parti sono davvero tante.
La pratica di suddividere i romanzi in più volumi ha ripercussioni anche sui titoli. Se A Game of Thrones è stato proposto al pubblico italiano sotto forma di due volumi, quale titolo era giusto dare a ciascuna delle due metà nate da quest'operazione? Mondadori ha optato per titoli inventati per l'occasione creando Il trono di spade e Il grande inverno, anche se in questo modo c'è il rischio di esaltare elementi marginali come è avvenuto con Il grande inverno, che è la dimora di Casa Stark ma che nel secondo volume si vede ben poco o, in misura maggiore, con I fuochi di Valyria, undicesimo volume italiano delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Peccato che di Valyria si parli solo in una manciata di righe nemmeno troppo importanti per la trama, anche se finalmente lo scrittore svela ai lettori un dettaglio su cui tutti i lettori si sono interrogati per parecchi anni. In questo caso, con A Dance with Dragons diviso in ben tre parti, i titoli da inventare totalmente erano due, e l'operazione è meno facile di quel che può apparire a prima vista. A riprova di questa difficoltà sono noti diversi titoli ipotizzati per i volumi aggiuntivi della saga dei Mercanti di Borgomago di Robin Hobb o delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin circolati per qualche tempo in rete o su materiale promozionale stampato dagli editori stessi ma successivamente scartati prima della pubblicazione dei volumi.
28 commenti
Aggiungi un commentoInteressanti questi articoli, ancora non ho avuto la possibilità di leggere tutti i post ma posso dire che:
1) abito in provincia ma se voglio un libro lo trovo, ordinandolo in libreria oppure on line.
2) Erikson mi ha detto che in Germania le sue opere sono state spezzate anche in quattro parti, per motivi editoriali (la traduzione "lievitava"
3) sono curiosa di leggere l'articolo che parlerà delle traduzioni: su queste ho il dente non avvelenato, di più.
Condivido la tua curiosità, Cristina.
@ Martina
Ti ringrazio perché la tua risposta è stata puntuale, precisa e competente. Io non faccio come (primo) lavoro un'attività legata al mondo dei libri, perciò non conosco tante dinamiche, ma alcune sì.
Ero stato impreciso nel mio intervento precedente e in effetti mi sarei comunque corretto, ma mi hai preceduto: nessuna libreria mi ha impedito di ordinare un libro presente nel suo catalogo, bensì mi ha assolutamente negato il piacere di poter ordinare un libro fuori catalogo, di editori che non erano conosciuti (dalla libreria in questione, perché altrimenti abbastanza noti...). E devo sottolineare come ci siano grossi problemi talvolta con la distribuzione, che spesso con gli editori ha ben poco a che fare... Però non è corretto - secondo me - lasciare un cliente senza informazioni adeguate; e comunque senza un adeguato "ricambio" editoriale resta il fatto che ci troveremo sempre a leggere la stessa roba, in una salsa o in un'altra.
Non sono completamente d'accordo con le politiche di vendita delle librerie perché secondo me peccano di lungimiranza. Il discorso: un libro è di una grande casa editrice, oppure è di Paolini, oppure è pubblicizzato con cartelloni megagalattici perché parla di una ragazza drago e si inscrive nella scia tracciata dalla Troisi, e allora vende, beh...è vero, ma un po' miope: pretende che gli utenti siano ignoranti e tali restino per sempre. E invece, se non erro, le vendite calano. E non penso sia solo dovuto alla crisi. Molta gente è stufa. Non è stimolata a cercare qualcosa di nuovo, perché nemmeno sa che esiste. Allora si rifugia negli Harmony e buona notte a tutti.
Comunque non è certo colpa degli addetti alla vendita, ma delle politiche di gestione adottate a livello più alto. Politiche che spesso sono demoralizzanti per chi comunque con l'editoria deve in qualche modo interfacciarsi, senza capirne per nulla i meccanismi e le regole, spesso assai criptiche...
Un'ultima cosa, su quanto hai detto:
E poi hai detto che è a Milano...
Beh, io sono abbastanza fortunato perché di solito vado in libreria a Bologna, ma pensa a chi vive in un posto piccolo. Scelta pari a zero. E via, tutti a leggere libri con "cinquanta sfumature" diverse e che tuttavia si assomigliano tutti quanti...
A livello editoriale si definisce fuori catalogo un libro per il quale l'editore non detiene più i diritti. Magari lo sapevi, magari no. A volte tendiamo a dare per scontati termini tecnici che noi usiamo quotidianamente, senza renderci conto che per chi si occupa di altro possono essere termini un po' oscuri.
Il libro fuori catalogo non è ordinabile o, se la libreria ne ha ancora qualche copia, non lo può rendere, perché legalmente l'editore non ne è più proprietario, in un senso come nell'altro.
Se invece è semplicemente un editore sconosciuto dalla libreria ci possono essere due casi. Può essere un libro che il libraio non sa di poter ordinare, specie se la libreria è grande. Io non ricordo tutti gli editori che trattiamo.
Qualche mese fa ho scritto un articolo relativo all'assegnazione del World Fantasy Award for Lifetime Achievement a George R.R. Martin e Alan Garner. Credo che nessuno abbia dubbi sul fatto che io conosca abbastanza bene la carriera di Martin da poterne scrivere con facilità.
Garner però mi era sconosciuto, e quindi ho dovuto fare una ricerca specifica. Ho scoperto così che i suoi libri sono pubblicati da un editore che in precedenza forse non avevo mai neppure sentito nominare, Filadelfia. Però, siccome quello che ho letto su Garner mi ha incuriosita molto, appena arrivata al lavoro ho fatto un controllo e ho scoperto che avevamo la scheda dei tre libri, anche se il computer non indicava il fornitore. Così ho preso il catalogo degli editori, ho visto chi era il distributore e ho inserito l'ordine a computer chiedendomi se il libro sarebbe arrivato o no. Visto che è arrivato l'ho acquistato e letto.
Questo tipo di procedura, verifica del'esistenza della scheda ed eventuale controllo del distributore, per me e i miei colleghi è prassi normale, anche se non sempre possiamo ordinare il libro.
Se il libro non ha la scheda non lo ordiniamo. Se il distributore non è uno di quelli con cui siamo in contatto idem. Io non ricordo tutte le parecchie centinaia di editori che teniamo in negozio, però ricordo quei nemmeno 30 fornitori con cui siamo in contatto, e se quel libro non è distribuito da nessuno di loro non lo posso ordinare.
Ecco, fa una grossa differenza il fatto che io non ricordi il nome dell'editore (dettaglio marginale a cui si rimedia facilmente) o che non ci siano rapporti commerciali fra di noi, perché in quel caso per me è come se quel libro non esistesse. Ripeto, io so benissimo che Elara esiste, terrei molto volentieri i loro libri però non posso. Non conosco Ciesse, se qualcuno dovesse chiedermi un loro libro farei uno specifico controllo.
Vero, li abbiamo avuti anche noi, ed è un peccato sia per noi che perdiamo i clienti che per gli editori che perdono vendite. Però se la nostra amministrazione e quella del distributore devono risolvere questioni burocratiche non c'è nulla che possa farci. Posso solo essere onesta con in cliente e dire che il servizio ordini è temporaneamente sospeso.
Se un libraio non spiega le cose chiaramente è un suo errore, anche se (e non mi sto riferendo a te, sia perché non ci siamo mai incontrati sia perché dal tono delle tue risposte direi che tu sei tutto meno che maleducato) se il cliente è maleducato ti assicuro che passa la voglia di dare qualsiasi informazione e ci si limita al minimo indispensabile.
Purtroppo questo aspetto è legato alle vendite: se un libro vende si tiene in negozio, se non vende no, indipendentemente da ogni altra considerazione. In passato io ho reso Le torri di cenere e I re di sabbia di Martin perché non vendevano. Il fatto che a me quei libri siano piaciuti molto non aveva nessuna rilevanza. Posso forse fare un'eccezione, perché penso di poter consigliare io un determinato libro al cliente giusto, ma non posso farne in continuazione altrimenti il negozio chiude.
@ Martina
Ti ringrazio per le ulteriori precisazioni.
Solo per definire più precisametne il contesto in cui mi stavo muovendo:
No: intendevo solo dire che la libreria non conosceva l'editore nello specifico.
Ecco, dunque: era proprio questo il punto della mia riflessione. Siccome NON sussistevano rapporti commerciali tra la libreria e l'editore (o meglio, in quel caso mi è stato detto che non esistevano rapporti tra la libreria e il distributore dell'editore) mi è stato detto che il libro non era ordinabile. Ora grazie alla tua spiegazione la dinamica mi è più chiara.
Resta il fatto che nella fattispecie (o meglio: nelle fattispecie, perché in realtà l'esperimento l'ho tentato più volte), non sempre mi sono trovato davanti persone "godevoli". Non posso dire che siano state irrispettose, anche perché avendole io trattate con rispetto non mi hanno potuto ripagare con moneta troppo diversa, però certo non proprio affabili. Questo è un problema della singola persona, anche se ho notato che nella mia città alcune specifiche librerie sembrano essere fatte apposta per contenere strani personaggi altezzosi e poco disponibili.
Peccato, però. A me andare in libreria piace sempre molto.
Certe situazioni sono così grottesche, che si potrebbe ridere, se il quadro non fosse così fosco. Poi non ci si deve meravigliare se certe case editrici vengono disprezzate e prese a male parole. Ma si sa, la vita rende quello che si dà e si merita. Vedere le reazioni dei lettori in risposta a questo post di Fanucci:
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