Personalmente penso che la qualità del nostro doppiaggio resti la migliore. Detto questo, ci sono molti fattori dei quali spesso non si sa nulla, che intervengono sulla resa finale, soprattutto delle serie. Il primo di questi fattori è il tempo. A qualunque direttore di doppiaggio piacerebbe poter dedicare ore a ogni battuta, ma purtroppo i committenti (le reti che materialmente commissionano il doppiaggio delle loro serie) impongono tempistiche spesso al limite della follia, con puntate il cui materiale originale arriva il venerdì sera e dev'essere pronto entro il giovedì successivo, il che significa avere quattro giorni lavorativi effettivi per traduzione, adattamento, distribuzione, doppiaggio, controllo, sincronizzazione, eventuali rifacimenti e mixage.
Secondo alcuni c’è una carenza di informazione sul mondo del doppiaggio, secondo altri le informazioni che girano sono spesso scorrette e parziali. Come addetti ai lavori cosa vorreste dire al grande pubblico? Qui e ora avete una vetrina, usatela.
Mah… Tante cose… La prima è che, nel nostro lavoro, c’è molto più amore di quanto si pensi. In molti blog o riviste di cinema, siamo additati come “stupratori di audiovisivi”, ma non è così (non sempre, almeno: di doppiaggi fatti male ne esistono, eccome!). Ci sono cura, attenzione all’originale e rispetto per il prodotto.
Quello che spesso viene rimproverato è poi l’edulcorazione di alcune battute, ma non tutti sanno che, per certe reti, certi clienti e certe major, alcune parole sono proibite, con tanto di crocetta rossa sugli adattamenti che riportano un “si fotta” su un “fuck” (gli appassionati di Game of Thrones sapranno di che cosa parlo).
In ultimo, consigliereste a chi vi sta leggendo di avvicinarsi a questo mondo? Quali consigli potreste fornire loro?
Io ho intrapreso quest’avventura da “esterno”, dopo che tutti i colleghi attori di teatro con cui avevo parlato mi avevano dipinto il doppiaggio come un mondo di mostri, spietati nepotisti e divoratori d’uomini. Niente di più lontano da quello che ho trovato. Ed è un lavoro che amo talmente tanto che non potrei mai scoraggiare chi ne fosse attratto. I consigli, in realtà, sono molto semplici: bisogna studiare. Molto. Il lavoro del doppiatore è per prima cosa un lavoro da attore. Stiamo parlando di recitare, e la recitazione è qualcosa per la quale bisogna studiare e prepararsi come per qualsiasi altro mestiere. La tecnica, l’uso del microfono e via dicendo, sono cose che si acquisiscono con l’esperienza, ma la base è una sola: recitare. E poi, come altro consiglio, copio pari pari la prima cosa che Massimo Giuliani, il mio maestro, ci disse alla prima lezione:
«Vi prego di non usare la voce come un prolungamento dei vostri organi sessuali. Preoccuparsi della voce quando si fa doppiaggio è come preoccuparsi del tubo di scappamento quando si deve acquistare un’automobile».
Gaetano Varcasia
Grazie ancora per il tempo che ci concedete. Iniziamo dal quadro generale: vi va di parlarci di come funziona il doppiaggio? Chi lo vede da fuori ha spesso un’idea un po’ romantica di questo lavoro; per esempio, un’idea diffusa è che i doppiatori abbiano tempo per sviluppare il personaggio, magari guardando prima la serie in inglese. Quanto c’è di vero?
Il doppiaggio, come l’arte, è romantico e prosaico al tempo stesso. Romantico e stimolante perché è un mestiere
bello, difficile, contraddittorio e creativo; perché richiede di entrare negli occhi, nel respiro, nei gesti e nell’anima del personaggio rispettando il lavoro originale ma traducendolo nella nostra lingua con espressioni a noi comprensibili; romantico nel riconoscimento dell’unicità e del valore dell’originale, ma al tempo stesso della consapevolezza del valore di una “traduzione” di qualità, come prezioso veicolo culturale.
La prosaicità sta nell’imprescindibilità di una tecnica vocale e recitativa che sembra talvolta esaurire nella sua corretta esecuzione ogni altra esigenza interpretativa. E ciò è spesso dovuto a tempi stretti e all'eccessiva quantità di lavoro svolto per unità di tempo base (tre ore); non stupisce quindi che gli attori possano cedere alla routine che fatalmente può impigrire i bravi e appiattire i meno dotati in una uniformità avallata da direzioni non all’altezza e da scelte poco coraggiose.
Per fare doppiaggio occorre essere attori, avere una ottima dizione, una voce bella o interessante, rapidità di lettura, comprensione e impostazione della battuta, prontezza nel cogliere il senso della scena e di una recitazione straniera per poi, attraverso il bagaglio tecnico, rendere il tutto in italiano e in sincrono nel giro di pochi istanti. L’attore rarissimamente vede prima il film, né sa cosa è chiamato a fare. Il personaggio viene infatti spiegato ed eventualmente impostato dal direttore al momento stesso della esecuzione.
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