Con questo sesto volume Silvana De Mari incastra l'ultimo tassello nel gigantesco affresco della sua bellissima saga, inaugurata con L'Ultimo Elfo e passata attraverso L'Ultimo orco, Gli ultimi incantesimi, L'ultima profezia del mondo degli uomini, cui va aggiunto il prequel Io mi chiamo Yorsh.
La struttura riecheggia quella dell'Ultimo orco: anche qui i destini dei popoli vengono rimessi nelle mani di un 'bastardo', inteso nell'accezione di mezzosangue: così come questo archetipo rappresenta, internamente, l'unificazione di stirpi profondamente differenti, diventa anche simbolo vivente dell'unificazione che andrà a compiere nel mondo esterno. Dunque così come, mezzo millennio prima, concludere il gigantesco compito evolutivo iniziato dall'Elfo Yorsh e sostenuto da sua moglie Rosalba era toccato a Rankstrail, figlio di un Orco e un'Umana, ora il testimone passerà a Ranail, figlio di uno Yurdione e un'Umana con tracce di sangue elfico nelle vene. Ma mentre il primo è il prodotto di uno stupro, il secondo è frutto di un'unione voluta, a testimonianza della vastità del cammino percorso fra i due eventi.
Ed è un peccato che Fanucci abbia optato per un titolo che ricalca in parte il volume cronologicamente precedente, quando il working title proposto dalla scrittrice - L'ultimo giro della spirale - avrebbe espresso tutto il concetto in maniera assolutamente perfetta.
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