La triplice rinascita
L’“illuminazione” di Harry passa attraverso la sua rinascita, ma prima di esaminarla, occupiamoci della speculare rinascita del suo Antagonista. Mentre, come vedremo, la rinascita finale di Harry ha connotati metafisici, quella di Voldemort è un atto puramente terreno, in cui la Rowling sembra trasfondere anzitutto la tradizione celtica: il corpo di Voldemort che emerge a nuova vita dal paiolo richiama infatti alla mente il calderone del dio Bran. Esso era un oggetto magico in grado di resuscitare i morti che vi venivano immersi; tuttavia coloro che tornavano in questo mondo dall’Aldilà assumevano una forma non completamente integra, in quanto non erano più in grado di parlare.
Il mito celtico risuona anche nel parallelismo con la figura di Taliesin, la cui leggenda narra di come la dea Ceridwen, per donare al proprio figlio Morfran il dono di una grande lungimiranza, si dedicasse a preparare una pozione apposita. Dopo aver raccolto le erbe necessarie, Ceridwen mise un ragazzo di nome Gwion a sorvegliarne la bollitura. Per una serie di circostanze, tre gocce dell’elisir caddero in grembo a Gwion anziché addosso a Morfran, con la conseguenza che fu il primo, e non il secondo, a beneficiare del dono dell’estrema saggezza. Per sfuggire alle ire di Ceridwen, Gwion mutò la propria forma umana, attraverso il regno degli Elementi, mentre Ceridwen faceva altrettanto per poterlo inseguire: lui diventò un uccello e lei un falco, lui un salmone e lei una lontra, lui una lepre e lei un segugio. Alla fine lui si trasformò in un chicco di frumento e lei in una gallina che lo inghiottì, per poi partorirlo nove mesi dopo. Una volta nato il bambino, Ceridwen non si sentì di ucciderlo e perciò lo affidò alla sorte, mandandolo alla deriva in una barchetta (un destino comune a moltissimi eroi come Mosé, Sigfrido, Perseo, Karna e Sargon), da dove venne salvato. Battezzato Taliesin, egli diventò uno dei più grandi bardi del Galles.
Taliesin rinasce dunque tre volte: dal calderone, dal grembo della dea e dall’acqua.
Il tema della triplice rinascita sovrannaturale si incontra anche nella mitologia norrena: la Völuspa narra infatti la storia della strega Gullveig, che fu bruciata tre volte dagli dèi di Asgard, e per tre volte riemerse dalle fiamme illesa.
Inoltre, lo si incontra anche nel mito greco, con la figura di Dioniso. Le versioni della storia di questo dio sono molteplici, tuttavia quella più nota narra come Zeus concepì Zegreo assieme a Persefone. Il re degli dèi, volendo fare del pargolo il proprio successore, attirò involontariamente su questi le ire di sua moglie Era, la quale spinse i Titani a rapirlo, a farlo a pezzi e a divorarlo. Apollo ne seppellì i resti sul monte Parnaso, mentre Atena trovò il cuoricino del piccolo e lo portò a Zeus. Questi lo cucinò in un brodo che fece poi bere a Semele, principessa tebana, divenuta sua amante. Ella concepì così un bambino. Messa in guardia da Era sulla reale identità di Zeus, che Semele ignorava, la fanciulla ne chiese conto al dio, ma finì incenerita dalle sue folgori. Su incarico di questi, Ermes strappò quindi il feto dal grembo della madre e se lo cucì nella coscia fino a quando giunse a completa gestazione.
Una versione alternativa del mito racconta invece che Dioniso venne normalmente partorito da sua madre, ma fu esposto dal nonno Cadmo e affidato a un corso d’acqua: il bimbo sopravvisse e venne allevato dagli abitanti della Laconia.
Quale che sia la versione preferita, Dioniso rinasce comunque tre volte: da una pozione, da Semele e da Ermes (oppure dall’acqua).
In curiosa similarità con gli esempi appena citati, anche il Signore Oscuro rinasce tre volte: dopo essere venuto al mondo allo stesso modo di qualunque essere umano, in quel fatale 31 dicembre 1926 (12), egli rinasce suo malgrado, dopo che l’Avada Kedavra lanciato contro Harry Potter gli rimbalza addosso la notte di Ognissanti del 1980, in una forma di vita da lui stesso definita “men che spirito, meno del più miserabile fantasma” (13); successivamente, riesce a racchiudere quel soffio in un rudimentale involucro fisico, simile a un orrendo neonato, grazie a una pozione a base di sangue di unicorno (le cui virtù sono spiegate nel primo volume della saga) e veleno di serpente. Poi, con l’episodio del calderone nel cimitero di Little Hangleton, Voldemort risorge infine alla sua terza e ultima vita. Ed è qui che, accanto alla tradizione mitologica già esaminata sopra, la Rowling trasfonde antichi riti antropologici, adottando per la nuova pozione tre elementi cruciali, carne, ossa e sangue che sfruttano il principio della magia omeopatica, secondo cui l’oggetto naturale inanimato, o la pianta o l’animale impiegati, diffondono benedizioni o maledizioni attorno a sé in relazione alla propria natura intrinseca e all’abilità del mago a impiegarla.
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