Altre opere più recenti, ma ugualmente degne di nota in un mare magnum che vede titoli nuovi spuntare ogni giorno, sono certamente Tokyo Mew Mew un manga di Mia Ikumi e Reiko Ioshida del 2001 e divenuto un anime di successo anche in Italia ad opera del già citato Studio Pierrot, così come Pretty Cure (tit. or. Purikyua), un anime realizzato dalla Toei Animation a partire dal 2004.
Naturalmente, tra tutti questi generi e sottogeneri, non mancano i casi di opere che si trovano a metà strada tra l’uno e l’altro o che, volutamente, scelgono di sfruttare elementi di filoni differenti per distinguersi dalla massa o creare nuove e interessanti commistioni.
Un caso emblematico è quello di Magica Doremi (tit. or. Ojamajo Doremi), un anime (e poi un manga) del 1999, che, a fronte di un character design estremamente infantile, presenta una trama che riesce a fondere insieme tutti e tre i generi maho-shojo. Si tratta della storia di Doremi Harukaze e di quattro sue amiche che, normali bambine, vengono scelte una dopo l’altra per ricevere dei poteri magici (come nei dettami delle serie di maghette) e divenire, in seguito, un gruppo vero e proprio (come nel genere delle eroine). La serie, inoltre, segue la loro evoluzione e le loro vicende nel diventare, infine, streghe a tutti gli effetti (aggiungendo, quindi, anche il genere delle streghette).
Un altro esempio di interessante fusione di generi è E’ un po’ Magia per Terry e Maggie (tit. or. Miracle Girls), un manga di Nami Akimoto del 1991 (poi divenuto un anime di successo anche in Italia). Terry e Maggie, le protagoniste, sono due sorelle gemelle umane, ma dotate, fin dalla nascita, di alcuni poteri tra l’ESPer e il magico come la telepatia o la capacità di teletrasportarsi dove vogliono incrociando i mignoli.
Per finire una menzione speciale merita un anime di successo molto recente. Puella Magi Madoka Magica (tit. or. Maho Shojo Madoka Magika) scritto dall’auto definitosi Magica Quartet (composto da Akiyuki Shinbo, Gen Urobuchi, Ume Aoki e lo Studio Shaft) del 2011 è stato in grado di ribaltare gran parte degli stilemi del genere majokko con una furia che potremmo anche definire iconoclasta. L’inizio è dei più classici: la protagonista Madoka è una bambina come tante che, improvvisamente, si trova a fare i conti con una realtà di cui non aveva mai sospettato l’esistenza. Nel mondo, infatti, vi sono creature chiamate Streghe che si nutrono della disperazione degli esseri umani e che li spingono a compiere gesti estremi, come il suicidio. Una strana creatura dall’aspetto simile a un gatto molto carino, di nome Kyubey, le offre di diventare una maga per combattere per l’umanità. Se accetterà dovrà votare tutta la sua vita a questo compito, non esente da rischi, ma in cambio potrà esaudire un desiderio (che volendo può essere più grande di un miracolo).
Gli ingredienti per un classico maho shojo, quindi, ci son tutti. A questo punto, però, il titolo svolta in maniera inaspettata, quindi se non amate gli spoiler saltate qualche riga.
Madoka, infatti, non accetta subito il patto. Lei non avrebbe neanche nulla da chiedere in cambio, il suo buon cuore è tanto grande che l’unica cosa che vorrebbe è poter aiutare e salvare gli altri, eppure tentenna. Nel frattempo altre sue amiche stringono il patto per motivi diversi e, poco a poco, si scopre una realtà ben diversa da quella descritta da Kyubey. Le maghe, infatti, hanno bisogno di nutrirsi di una specie di uovo di tenebra che è ciò che resta delle streghe sconfitte, se non lo fanno i loro poteri finiscono per consumarle e per trasformarle proprio in ciò che combattono. Le streghe, quindi, sono altre maghe che avevano stipulato il patto in precedenza. Presto o tardi a tutte capita la stessa cosa, il più delle volte per il rimpianto di aver sprecato il proprio desiderio.
Responsabile di tutto ciò è Kyubey, e altre creature della sua specie che, fin dall’alba dei tempi, approfittano della razza umana agendo come parassiti e nutrendosi delle speranze infrante.
Queste e altre rivelazioni, nonché il background che spinge molte bambine a stringere il patto, sono descritte con un tono adulto, duro, a tratti anche crudo e violento, ben lontano da quello infantile che ci si aspetterebbe, soprattutto in virtù di un character design molto carino e quasi infantile.
Puella Magi Madoka Magica, quindi, è un titolo che non andrebbe consigliato solo agli appassionati dei majokko, per vedere come è possibile scrivere qualcosa di ancora molto originale in questo ambito, ma anche a tutti gli appassionati di animazione, perché si tratta di una di quelle opere capaci di travalicare i generi.
Con la disamina di questo ultimo, interessantissimo, anime, siamo giunti alla conclusione di questo articolo. Il prossimo appuntamento, invece, punterà l’attenzione sul fantasy metropolitano, che, quindi, unisce elementi fantastici e soprannaturali a una ambientazione che potremmo definire cittadina e contemporanea.
(4 – continua)
3 commenti
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Mi è capitato di vedere alcune puntate di Madoka Magica e il soggetto mi è sembrato veramente interessante.
Anche se già all'epoca, o ormai dovrei definirla "era", la mia passione per la SF mi portava a preferire robottoni e astronavi, non disdegnavo qualche maghetta (e orfanella); Bia era quello che mi piaceva di più, ovviamente avevo già mi piacevano i malvagi e quindi il mio personaggio preferito era Noa.
Più avanti, non so come, mi sono lasciata intrippare da Sailor Moon, probabilmente lo trasmettevano ad un orario comodo e riuscivo a seguirlo.
Quanti bambini svezzati da Bum Bum Bam ... meglio non pensare a cosa c'è adesso e cosa fa ora Bonolis.
Anch'io preferivo robottoni e astronavi
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