Per farla breve, nell’aria afosa e immobile incombeva la guerra.

            Aplegatt si sollevò sulle staffe e si guardò intorno. Giù in basso, ai piedi dell’altura, scintillava un fiume che scorreva con brusche curve tra prati e macchie di alberi. Al di là del fiume, a sud, si estendevano i boschi. Il messaggero spronò il cavallo. Il tempo incalzava.

            Era in viaggio da due giorni. L’ordine del re e il messaggio da consegnare lo avevano raggiunto a Hagge, dove si stava riposando di ritorno da Tretogor. Aveva lasciato la fortezza di notte e galoppato sulla strada maestra lungo la riva sinistra del Pontar, aveva attraversato la frontiera con la Temeria il giorno prima, all’alba, e adesso, a mezzogiorno, era già sulla riva dell’Ismena. Se re Foltest fosse stato a Wyzima, Aplegatt gli avrebbe consegnato il messaggio quella notte stessa. Purtroppo, però, il re non era nella capitale: si trovava nel Sud del paese, a Maribor, distante da Wyzima circa duecento miglia. Aplegatt lo sapeva perciò, nei pressi di Ponte Bianco, aveva lasciato la strada che conduceva a ovest e si era addentrato nei boschi, diretto a Ellander. Correva qualche rischio. I boschi erano costantemente infestati dagli Scoiattoli, e guai a chi cadeva nelle loro mani o capitava a tiro dei loro archi. Ma un messaggero reale deve rischiare. È il suo mestiere.

            Attraversò il fiume senza problemi: non pioveva da giugno, e le acque dell’Ismena erano molto basse. Tenendosi sul limitare del bosco, Aplegatt raggiunse la pista che da Wyzima conduceva a sud-est, verso le fonderie, le fucine e gli insediamenti dei nani nel massiccio di Mahakam. Lungo la pista avanzavano numerosi carri, spesso scortati da drappelli a cavallo. Aplegatt tirò un sospiro di sollievo. Dove c’era gente non c’erano Scoia’tael. In Temeria, la campagna contro gli elfi che combattevano gli umani durava ormai da un anno, e ormai i commando di Scoiattoli cui si dava la caccia nei boschi si erano divisi in gruppetti più piccoli, e i gruppetti più piccoli giravano alla larga dalle strade frequentate, senza tendervi imboscate.

            Prima di sera, Aplegatt aveva già raggiunto il confine occidentale del principato di Ellander, il bivio nei pressi del villaggio di Zavada, da dove avrebbe proseguito agevolmente e senza pericolo fino a Maribor, lungo quarantadue miglia di strada battuta e frequentata. Al bivio c’era una locanda. Aplegatt decise di far riposare il cavallo e di schiacciare un pisolino. Sapeva che, se fosse ripartito all’alba, anche senza stancare troppo l’animale avrebbe scorto le bandiere nere e argentate sui tetti rossi delle torri del castello di Maribor ancora prima del tramonto.

            Dissellò la giumenta e la governò lui stesso, mandando via il garzone. Era un messaggero reale, e un messaggero reale non permette a nessuno di toccare la propria cavalcatura. Mangiò una generosa porzione di uova strapazzate con salsicce e un quarto di pane integrale, bevve un quarto di gallone di birra. Ascoltò le chiacchiere della gente. Di svariato argomento. Nella locanda si fermavano viaggiatori da tutte le parti del mondo.

            Nella Dol Angra, venne a sapere Aplegatt, erano avvenuti di nuovo degli incidenti; alla frontiera un reparto di cavalleria della Lyria si era scontrato di nuovo con una pattuglia di nilfgaardiani; Meve, regina di Lyria, aveva accusato di nuovo a gran voce Nilfgaard di averla provocata e aveva chiesto aiuto a re Demawend di Aedirn. A Tretogor era stato giustiziato pubblicamente un barone redaniano che aveva tenuto un incontro segreto con gli emissari di Emhyr, imperatore di Nilfgaard. A Kaedwen, alcuni commando di Scoia’tael si erano riuniti in un grosso drappello e avevano compiuto una strage nel forte di Leyda. La popolazione di Ard Carraigh aveva risposto a quel massacro con un pogrom, uccidendo quasi quattrocento non-umani che vivevano nella capitale.

            In Temeria, raccontavano i mercanti provenienti dal Sud, tra gli emigranti di Cintra, raccolti sotto le insegne del maresciallo Vissegerd, regnavano la tristezza e il lutto. Era stata infatti confermata la terribile notizia della morte della Leoncina, la principessa Cirilla, ultima erede della regina Calanthe, la Leonessa di Cintra.

            Circolavano voci ancora più spaventose e nefaste. Così, in alcuni villaggi nei dintorni di Aldersberg, durante la mungitura delle mucche, all’improvviso dalle mammelle era iniziato a zampillare sangue, e all’alba era apparsa nella nebbia la Vergine della Peste, annunciatrice di tremende carneficine. A Brugge, nei pressi del bosco di Brokilon, regno proibito delle driadi, aveva fatto la sua comparsa la Caccia Selvaggia, un corteo di spettri che galoppano in cielo. E la Caccia Selvaggia, come tutti sanno, preannuncia sempre una guerra. Infine, dal promontorio di Bremervoord, era stata avvistata una nave fantasma, con tanto di spettro sul ponte: un cavaliere nero con l’elmo ornato dalle ali di un uccello rapace...