Era bellissimo, con occhi azzurri incastonati in un viso nobile. I lunghi capelli biondi si agitavano per la cavalcata. Aveva lanciato il destriero al galoppo seguendo la pista al centro della valle e la sua corazza rifletteva la luce del sole.
– Armatura del cazzo – mormorò Fata Mysella.
Nascosta tra i cespugli, spiava il cavaliere attraverso il mirino del fucile.
Valutò che sarebbe stato difficile colpire la testa, unica parte del corpo non protetta, da quella distanza e in movimento. Mirò a un bersaglio più grosso. Sparò quattro dardi che si conficcarono nel sedere del cavallo.
Paziente, Mysella osservò l'animale abbandonare il galoppo per passare a un'andatura più lenta e indecisa, fino a fermarsi del tutto, la testa ciondolante, le palpebre abbassate e il labbro inferiore pendente. Il cavaliere, perplesso, si sporse avanti per mormorargli qualcosa. Mysella premette il grilletto e lo centrò alla nuca.
L’uomo si accasciò sul collo della cavalcatura, senza nemmeno il tempo di capire quanto era successo.
La cacciatrice si alzò in piedi. Uscì dalla macchia di cespugli e si sgranchì le gambe. Si passò il fucile sulle spalle e da una tasca della tuta mimetica estrasse la radio.
– Fata Mysella a base. Base, mi ricevete?
La voce le arrivò metallica e distorta: – Qui base, Fata Mysella, parla.
– Ho preso un P.A. Vi do le coordinate per il trasporto.
– Ricevuto.
Mentre camminava per raggiungere la nuova preda, Mysella sentì le ali fremere sotto la tuta. Le ali sapevano. Le ali ricordavano. Le fate erano nate per librarsi in volo, non per calpestare il suolo con piedi appesantiti dagli anfibi. Maledì tutto l'equipaggiamento che si portava dietro e che l'ancorava a terra.
Tirò giù il Principe Azzurro da cavallo e lo legò mani e piedi. Appena sentì il rumore dell'Osprey in arrivo, accese un fumogeno che iniziò a emettere un denso fumo rosso.
Passò il viaggio di rientro seduta davanti al Principe Azzurro.
A un certo punto l'effetto del sonnifero finì e Mysella vide il P.A. riprendere i sensi, lentamente, e spaventarsi a causa del mostro di acciaio urlante nel quale si trovava. Si divertì a vederlo tentare di balzare in piedi nonostante fosse legato al sedile. Lo osservò mentre si guardava attorno e realizzava la presenza sua e delle altre fate, l’equipaggio del velivolo, che chiacchieravano in disparte.
Per istinto, gli occhi dell'uomo si illuminarono, seducenti. Prima che potesse aprire bocca Mysella gli urlò:
– Inutile che tenti di affascinarci. Siamo tutte lesbiche qui. Hai capito?
II
La base era una pustola di cemento e metallo piantata al centro di una verde foresta. Appena sbarcata, Mysella andò a riconsegnare l'attrezzatura al magazzino.
Salutò Fata Gadinia e iniziò a depositare sul balcone l’equipaggiamento in dotazione. Il fucile a dardi e i suoi caricatori, la ricetrasmittente, il rilevatore di principi azzurri e, per ultima, la Beretta.
Gadinia faceva l'inventario del materiale restituito mentre alle sue spalle fatine alte una mano svolazzavano tra gli scaffali rimettendo a posto gli oggetti. Quattro di loro, bestemmiando, sollevarono a fatica il fucile e lo depositarono sulla rastrelliera.
– Quanti P.A. hai preso oggi?
– Uno – rispose secca Mysella. Non voleva un'altra paternale sul suo rendimento, per giunta da una che passava tutto il tempo chiusa in magazzino.
– Hai usato cinque dardi per un solo P.A. – le fece notare Gadinia. – O era un ciccione o non hai più la mira di una volta.
– Ho usato quattro dardi per il cavallo e uno per la preda.
– Ricordati di scriverlo nella relazione.
– Lo farò.
– Ricordati di scriverlo nella relazione o la Direttrice si arrabbia.
– Ti ho detto che lo farò.
Attraversò i corridoi in cemento vivo della base incrociando altre fate. I corridoi, bassi e stretti, non permettevano di volare o dispiegare le ali. Camminavano tutte a testa bassa, salutandosi appena.
Unica nota di colore i vari poster pubblicitari della Prince Charming Inc., che mostravano Principi Azzurri in impeccabile completo da sera abbracciare donne dallo sguardo innamorato o muscolosi giovanotti fare i lavori domestici mentre la padrona di casa sorseggiava il tè con le amiche.
Altri poster davano istruzioni su come reagire in caso di morso di viverna o come difendersi dal tentativo di stupro di un fauno.
Sulle pareti dello spogliatoio comune si poteva leggere ben altro.
“Quanti P.A. ci vogliono per cambiare una lampadina? Non si sa: appena va via la luce, sfoderano le spade e partono a caccia di draghi.”
“Fat Directrix è grassa come un orco e simpatica come un troll incazzato.”
11 commenti
Aggiungi un commentoSpettacolare. Questo è scrivere. Altissimi livelli, davvero. In genere faccio un po' fatica ad appassionarmi ai racconti, ma in questo caso non posso che dire: chapeau!
Ciò che mi ha colpito di più, piacendomi molto, è il fatto che in un mondo dove la moralità non esiste, dove i sentimenti sono fatti a pezzi dalla logica del denaro, dove tutto è corrotto, dove la fate - creature buone e pure per eccellenza - sono dei mercenari senza scrupoli, alla fine trionfa un sentimento nobile come l'amore e proprio Fata Mysella si rende partecipe di un'azione davvero virtuosa. Che sia il segno che non bisogna mai abbandonare la speranza? Io mi auguro proprio di sì. E in questi tempi, ce n'è davvero bisogno.
Vi ringrazio tutti per i vostri commenti positivi.
Ringrazio anche Kinzica per il lavoro di revisione del testo.
Adesso devo solo evitare di montarmi troppo la testa
Alla prossima,
Lorenzo Davia
Ahem?...
veramente!
@ ultimatelorenzo
Dubito succederà. Sei abbastanza grande per ponderare, direi.
E poi ti chiami Lorenzo e sei un ingegnere e perciò non puoi che avere tutta la mia stima
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