Il dottor Watson è inquieto. E' convinto che la moglie Mary abbia un amante e intenda lasciarlo. Va così dall'amico Sherlock Holmes per chiedere consiglio e aiuto nella delicata faccenda, non immaginando che il grande detective sarebbe stato assunto da Mina Murray per ritrovare il fidanzato Jonathan Harker, scomparso in Transilvania durante una visita di lavoro dal conte Dracula. Inizia così una lunga avventura che li porterà prima alla ricerca di Harker, dove Holmes viene quasi ucciso dalle tre sorelle, poi alla lotta col vampiro millenario a Londra, dove tra le sue grinfie finiscono sia l'amica di Mina Lucy, sia Mary Watson.
I capitoli sono degli estratti da diari, lettere e registrazioni fonografiche e richiamano la struttura del celebre romanzo di Bram Stoker; ritroviamo personaggi noti come Dracula, Mina, Jonathan Harker, Van Helsing e il dottor Seward di fianco al celebre detective e il fido dottore.
Stephen Seitz, già giornalista per prestigiosi quotidiani inglesi, è qui al suo esordio come romanziere e la sua scrittura risente dei difetti di un'opera prima. E' un crossover in cui, viste le premesse, ci si aspetta un livello narrativo medio alto; invece l'idea generale è che l'autore abbia messo troppa carne sul fuoco e non sia riuscito a gestirla come si deve. In particolare, forse anche per mancanza di una ricerca approfondita (di cui parlerò più avanti) non riesce a districarsi fra una soluzione puramente scientifica e quel tocco di soprannaturale che lascia in sospeso il lettore, rimanendo in un comodo limbo.
Troppi personaggi, alcuni fanno una veloce comparsata e scompaiono nel nulla, per poi essere solo nominati più avanti; Dracula in persona è una mera comparsa, eppure è il villain della situazione insieme a Moriarty. Gli eventi si succedono veloci, troppo per le 190 pagine, alcuni dei quali sembrano totalmente slegati gli uni dagli altri. Si rimane dubbiosi e perplessi anche sul finale, decisamente forzato, che dovrebbe andare a motivare lo iato di tre anni del nostro detective (per i non avvezzi all'universo holmesiano, “si dice” che il racconto di Watson sugli anni in cui Holmes si finge morto sarebbe appunto solo una storia “inventata” per nascondere delle motivazioni diverse; gli scrittori di apocrifi si sono sbizzarriti parecchio sulla questione).
Quello che lascia più delusi, e che forse non ci si aspetta da un autore che, sebbene alla prima opera letteraria, è anche un giornalista, è la quasi mancanza di ricerca storica. Innanzitutto l'ambiente: non riusciamo a calarci nel periodo vittoriano in quanto la visione di Watson è completamente incentrata sui personaggi che lo circondano e non c'è nulla di peculiare. Il modo di parlare dei personaggi cambia a seconda del capitolo in cui ci si trova e non sempre in modo positivo: se in Transilvania Holmes si rivolge ad una vecchia coppia di ristoratori in modo semplice per riuscire a farsi capire, utilizzando tutte le sue conoscenze del tedesco e ingraziandosi il loro favore, non accade lo stesso con Mina Harker, a cui si rivolgono in modo inesatto e che subito diventa semplicemente “Mina”, cosa impensabile per due gentlemen vittoriani (la stessa cosa non accade con Lucy che rimane sempre Miss Westenra). Discutibile anche il comportamento del dottor Watson, che non sembra affatto aver affrontato una guerra in Afghanstan come medico dell'esercito: piange spesso alla vista di cadaveri e di fronte a situazioni stressanti non riesce proprio a contenersi. Anche il personaggio di Holmes si allontana decisamente dall'originale, ma non avendo degli atteggiamenti eccessivamente discordanti qui entriamo nel campo dei gusti personali.
Assistiamo anche a delle reazioni fisiche da parte dei due protagonisti che hanno del miracoloso: Holmes, nel capitolo in seguito all'attacco delle tre sorelle, viene dato per spacciato, ma nel successivo si riprende senza troppe spiegazioni; entrambi vengono morsi dai lupi del conte e si vedono quasi staccare una spalla, Holmes addirittura è protagonista di un momento splatter dove strappa via il suo lupo squarciando abiti e carne, andando addirittura a salvare Watson con il sangue che esce a zampilli. Ferite del genere avrebbero dovuto metterli ko per un discreto periodo, invece i due sembrano non accusare minimamente e decidono di andare a farsi una bevuta, non nominando più le ferite.
In conclusione, Sherlock Holmes e il morbo di dracula non è un romanzo che consiglierei ai puristi del canone holmesiano, mentre può divertire coloro che non hanno troppe pretese da un romanzo d'avventura o che non hanno difficoltà a soprassedere su determinati aspetti.
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