Sul finire dell'ottocento, il vapore Lorelei attraversa il fiume Hudson con il suo carico di varia umanità. Una notte, il capitano Twain soccorre una creatura acquatica che sembra essere proprio una sirena ferita. La medica, la nasconde nella sua cabina, se ne prende cura, se ne innamora. Ma mentre il viaggio procede, qualcun'altro sulla nave persegue esoterici progetti, mentre l'enigmatico scrittore C. G. Beaverton, autore di libri di grande successo, mantiene un bizzarro carteggio con il francese Lafayette, il proprietario della Lorelei...
Sailor Twain o la Sirena dell'Hudson è uno di quei fumetti che in Italia potrebbero faticare a trovare lettori. E certo non per la qualità del lavoro di Mark Siegel, capace di tessere un racconto allegorico con le cadenze di un thriller, gli ingredienti della fiaba e la grazia di un tratto grafico universale.
Proprio la sua universalità, nel senso di capacità di sintesi mitologica e poetica, rischierà di cozzare contro un muro i cui mattoni, da decenni nel nostro paese, sono fatti di supereroi americani, illustrazioni falsamente iperrealiste e vistosità grafiche prive di costrutto. Troppo spesso, nelle fumetterie nostrane, abbiamo visto avventori chiudere un libro mormorando che il disegno non li attrae. E' toccato in sorte a molti autori di grande caratura, come Art Spiegelman e il suo Maus, a Marjane Satrapi e Persepolis, liquidati con le parole «Le storie saranno pure interessanti, ma i disegni fanno proprio pena.»
Iniziamo, proprio per questo, parlando delle matite di Mark Siegel e del suo lavoro su Sailor Twain. Un disegno pensato in modo da ridurre il racconto per immagini all'essenziale, senza rubare la scena a una narrazione magica dal dirompente valore metaforico. Un tratto asciutto, raffinatamente stilizzato, capace di esprimere forti emozioni e caratterizzare i propri personaggi con pochi, abili tocchi. Un bianco e nero incantevole, un ordito di ombre che rapisce e avvolge come in una calda visione onirica, in grado di suggestionare e tenere incollati fino all'ultima pagina. Insomma, un tratto d'autore, sfrondato da pacchiani effetti speciali e ridotto all'osso al fine di raccontare una storia. Stile che nel nostro paese fatica a imporsi, un po' come tutto ciò che lascia da canto i dettami del commercio per avventurarsi nel territorio dell'arte pura. Emozioni disegnate in grado di proferire parole e idee.
Sarebbe, insomma, un peccato non leggere Sailor Twain solo perché a prima vista non si comprende il tratto sognante e a suo modo maturo di Siegel. L'ambientazione ottocentesca, non casuale, suggerisce ulteriori sottotesti, e il mito della sirena, da sempre affascinante e ambiguo, accompagna il lettore per mano alla scoperta di un universo, di un linguaggio e di un secolo tutto da scoprire.
Sailor Twain è una riflessione poetica sull'eterno femminino e sulle sue trasformazioni attraverso il tempo. Donna fatale. Donna oggetto. Donna amata. Preda. Predatore...
Lo stesso misterioso scrittore Beaverton, in uno dei suoi criptici messaggi, parla dell'identità sfuggente di queste creature mitologiche. Ma con il progredire della narrazione sembra che Siegel abbia le idee abbastanza chiare al riguardo della metafora che porta in scena con le sue splendide matite. Se al timone del racconto troviamo per lo più personaggi maschili, è altrettanto vero che Sailor Twain parla in realtà di donne, e del modo di guardarle. O del modo, se vogliamo, in cui un uomo vorrebbe guardarsi da loro. Un secolo è prossimo al termine (l'ottocento) e una trasformazione di cui pochi sono consapevoli è già in atto. Lo annuncia il canto di una sirena, le cui intenzioni restano indecifrabili fino alla fine. Creatura benigna o maligna? Simbolo di bellezza o di perdizione? Non è detto che la risposta sia la medesima per chiunque.
Sailor Twain o la Sirena dell'Hudson è un meraviglioso romanzo grafico da leggere lentamente, meditando sulle sue allegorie e stupendosi delle sue sorprese. Una storia che parla delle storie e del ruolo che in esse hanno le figure femminili, da sempre denigrate, temute o relegate a ruoli marginali dal potere maschile. Un potere fragile come la consistenza di un sogno. E che, suggerisce Mark Siegel, potrebbe dissolversi come la spuma di un'onda.
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