Mitologia, folclore, religione
Il titolo dell’opera e il suo protagonista prendono ispirazione dalla mitologia vichinga, dai guerrieri dedicati a Odino (capo degli Dei di Asgard), posseduti dal sacro furore della battaglia che li faceva gettare nella mischia incuranti di ferite e pericoli, con l’unico scopo di abbattere i nemici, smaniosi di combattere come bestie assetate di sangue (non sarà affatto un caso che l’armatura magica trovata dal protagonista nel corso della storia si adatti al suo essere e modelli l’elmo facendogli assumere sembianze bestiali; c’è tuttavia da notare che la fisionomia è quella di un lupo, mentre i Berserker della mitologia nordica indossavano pelli d’orso). Subito si rende l’idea della tipologia di storia che ci si appresta a leggere sfogliando le tavole del fumetto: sanguinosa, violenta, furiosa. Nella mente sorgono le immagini di un mondo medievale feroce e spietato, dove vige la legge del più forte.
La figura di Gatsu, la cui natura ed esistenza è fortemente ispirata dalla mitologia nordica, nasce sotto una stella che lascia presagire quale sarà il suo destino: fin da subito appare un “marchiato”, costretto già alla nascita ad affrontare la morte. Trovato da una banda di mercenari sotto il corpo della madre impiccata a un albero, si ritrova a vivere involontariamente una sorta di pre-iniziazione, come accadde a Odino (conosciuto anche come il Dio degli Impiccati), che si fece appendere (dopo essere stato ferito da lancia) a Yggdrasill, l’Albero del Mondo che unisce i Nove Mondi, per avere l’oscura sapienza dei morti (1). Un’iniziazione per la conoscenza delle forze che fanno muovere il mondo in una certa direzione che verrà completata il giorno dell’Eclissi, quando Gatsu perderà un occhio (la perdita dell’occhio, non di certo voluta, ha l’effetto anche in questo caso di dare saggezza e conoscenza, come accadde sempre a Odino, che sacrificò l’occhio per bere alla fonte del gigante Mimir e divenire padrone di molte verità e numerosi segreti).
È durante l’Eclissi che riceverà il Marchio, il segno impresso a chi viene sacrificato alla Mano di Dio, vittima che deve essere offerta per conferire potere a chi invocava le forze ultraterrene. Un marchio che ricorda un passo dell’Apocalisse di Giovanni (14, 9) dove i condannati a perire portavano inciso sulla carne (fronte o mano), il segno della Bestia (il numero 666, che nella lingua ebraica è formato da tre Waw, lettera dell’alfabeto che sta a indicare il nodo: con tale numero s’indica qualcosa che tiene legato fortemente, segnando in maniera indissolubile. Infatti, nessuno può sfuggire al Marchio; il sopravvivere di Gatsu è segno di grande volontà.) Il Marchio è segno di forze oscure, del Male, come le azioni della Mano di Dio fanno ben vedere. Un segno molto simile al simbolo dell’Albero della Vita della Kabbalah: Miura potrebbe essersi davvero ispirato a esso, dato che l’assenza di due Sephirot, Gevurah e Chesed (le middot primarie dell’anima che spingono a sperimentare ed esprimere le altre emozioni) (2) starebbe appunto a significare la mancanza di forza dell’individuo nel superare le difficoltà della vita e di bontà, misericordia. Privazioni che possono spingere l’individuo verso il male.
Miura non s’ispira all’Apocalisse solo con l’Eclissi. In I capitoli del falco del regno millenario: Falconia. Il Dio Ottenebrato (3), quando Ganishuka (imperatore dei Kushan e Apostolo ribelle come fece Lucifero con Dio) effettua la seconda rinascita, la distruzione che perpetra viene mostrata con una pioggia di fuoco, come descritto nel capitolo 8 dell’Apocalisse. In questa parte Miura mostra come miti, credenze religiose differenti, anche se con nomi diversi, narrino sempre la stessa storia: in particolare, in tali tavole s’incrociano credenze occidentali e orientali, cristiani e induiste. Ganishuka, l’imperatore Kushan, viene definito il Re dei Re, il Diavolo in persona, Shiva (nella cultura indiana è conosciuto come il Distruttore), il Dio della Fine che secondo la legge distrugge il mondo con le fiamme.
L’Eclissi, le Rinascite, come visto, sono cerimonie che come prezzo da pagare richiedono, come mostrato in qualsiasi religione, il sangue, ovvero l’elemento più fortemente rappresentativo della vita, il fulcro attorno al quale ruotano tutte le energie dell’universo. Fin dall’antichità infatti, in ogni cultura, ha avuto forti valenze simboliche: gli animali sacrificali, il sangue mestruale, la ferita autoinflitta per prestare giuramento. Veniva considerata una grande energia, capace di conferire potere (bevendo il sangue del nemico si poteva ottenere la sua forza). Il sangue versato da Cristo (basti pensare all’Eucarestia, al Sacro Graal) ha un effetto salvifico, di redenzione. Nel culto dei Thug, secondo la credenza più diffusa, il sangue di vittime sacrificali era versato per adorare e compiacere la dea Kali, vista come un’incarnazione del male (tuttavia è una convinzione parzialmente errata, dato che tale divinità ha una valenza sia benefica sia terrifica: essa rappresenta la caducità di quanto esiste, la caduta delle illusioni, la distruzione e la purificazione). Il sacrificio di Isacco nella Genesi è il modo di Dio di mettere alla prova la fede d’Abramo (gesto fermato da Dio, al cui posto viene immolato un ariete, come già molti culti pagani e politeisti facevano).
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