Cinema, arte, fumetti

Bejelit
Bejelit

La storia cruda e violenta, a volte pure straziante, ha un fascino brutale e se i primi volumi sono serviti per immergere nell’atmosfera della vicenda, si arriva al punto in cui occorre trovare una ragione d’essere dello spietato e cinico Gatsu, occorre una causa perché il Guerriero Nero abbia una determinazione e una ferocia così estreme. Cosa ha causato tutto ciò? Una ferita profonda, sicuramente, determinata da una perdita, certo, ma nata da che cosa? Dalla morte di una persona cara? Da un tradimento? Dal volersi vendicare di un’ingiustizia? Perché voler distruggere le creature mostruose cui dà la caccia e che allo stesso tempo sono così attratte da lui? Chi è il nemico contro cui combatte?

La risposta a quest’ultima domanda viene svelata nei capitoli Gli Angeli custodi dei desideri con la comparsa del Bejelit, il mezzo per aprire la porta a un’altra dimensione e richiamare le potenze capaci di cambiare il corso della realtà. Miura con Bejelit s’ispira a due elementi, uno cinematografico e uno religioso. Il primo, che riguarda funzione e aspetto, è rivolto al cubo ideato da Clive Barker per la famosa saga di Hellraiser (Configurazione dei Lamenti o Cubo di LeMerchant), che se toccato nella giusta sequenza permette di creare un passaggio tra le dimensioni: in entrambi i casi (anche se nell’opera di Miura l’attivazione è dovuta al karma, all’essere dei prescelti), gli oggetti cambiano aspetto. Il secondo, fa riferimento al nome: Bejelit è molto simile a Berith, una figura presente sia nel cristianesimo sia nel paganesimo. La religione cristiana lo considera un demone (chiamato anche Bael), quindi una forza del male; i Fenici e Cartaginesi invece la reputavano una divinità che veniva invocata a testimone delle alleanze, il cui nome era usato nei giuramenti più solenni.

Cubo di LeMerchant.
Cubo di LeMerchant.

Un nome voluto per sottolineare la natura sovrannaturale della forza invocata con la quale si stringeva un patto, un’alleanza le cui radici affondavano nella tenebra più buia di ciò cui gli uomini anelano.

Il Bejelit e il rituale che scatena indicano come il desiderio sia qualcosa di oscuro, sia la compensazione di una mancanza, una privazione, una ferita, un qualcosa che nasce dalle profondità recondite dell’inconscio; una forza che è ossessione, capace di sacrificare qualsiasi cosa, anche la parte migliore di sé, l’umanità, pur di raggiungerla. Ed è proprio questo che i membri della Mano di Dio (in Berserk n°48 sono definiti anche i Cinque Negromanti) vogliono: il sacrificio dell’umanità, quell’elemento che fa ascendere a qualcosa di più grande, che non ha nulla di umano. Ma questa condizione, che può sembrare allettante, non ha connotazioni positive: come ogni potere che si ottiene ha un prezzo da pagare; è un dono che dà e toglie allo stesso tempo.

Scale di Maurits Cornelis Escher
Scale di Maurits Cornelis Escher

Di nuovo Miura s’ispira alla creazione di Barker. Se la rappresentazione della dimensione aperta dal Bejelit presenta solo una vaga somiglianza con quella del secondo film della serie, Hellraiser II: Prigionieri dell'inferno (1989) (è invece ispirata alla famosa opera di Maurits Cornelis Escher, Scale), le somiglianze tra i Cenobiti e i membri della Mano di Dio sono tali che si capisce subito come il genio del regista e scrittore britannico abbia colpito e influenzato la mente del mangaka giapponese nel dare forma a queste creature, mostri di un’altra dimensione che da sempre controllano il male presente nella storia dell’uomo (10). Creature che prima di divenire tali, un tempo erano anch’essi umane (come nei film della serie), trascendendo la loro natura attraverso la volontà del karma e di chi dimora nello strato più profondo del mondo degli spiriti (7), la dimensione dell’Inferno e del Paradiso.

I Cenobiti.
I Cenobiti.

Slan (l’elemento femminile del gruppo), Boid (il cervellone con le palpebre cucite e i denti snudati), Phemt (l’essere con un elmo sul capo che ricorda la testa di un falco), Conrad (colui che possiede le ali e ha sugli occhi una sorta di occhiali da sole), Urbick (la figura con la faccia più paffuta) non solo ricalcano la fisionomia dei volti dei Cenobiti, ma riprendono anche l’abbigliamento attillato di pelle nera, in pieno stile dark, per rendere in maniera marcata l’atmosfera orrifica che circonda le misteriose creature e il loro modo d’agire.

I Cenobiti
I Cenobiti

Esseri che per dare quanto richiesto, vogliono un pagamento sotto forma di sacrificio da effettuale durante la cerimonia del Richiamo del Male. Un rituale, quello di questi mostri che si credono angeli, che danna in maniera irreversibile, condannando a essere legati a una dimensione infernale. Per rendere ancora più l’idea di dannazione, Miura riprende lo Stormo di Demoni mostrato da Go Nagai nel fumetto Devilman (a sua volta influenzato dalle incisioni di Gustave Doré per la Divina Commedia) (11), famoso non solo per il protagonista della storia creata, ma anche per come ha messo a nudo il lato oscuro dell’essere umano, mostrando cosa è capace di fare quando è messo alle strette dalla paura e dalla disperazione. Sempre a Devilman, Miura s’ispira sia per rappresentare le trasformazioni degli umani quando vengono posseduti da spiriti demoniaci, sia per tratteggiare le figure degli Apostoli quando si mutano in mostri.