Se il fantastico è una nicchia nell'affollato mercato editoriale, quella delle Edizioni Hypnos è una nicchia nella nicchia. Questo editore milanese si occupa di scovare autori sconosciuti o poco pubblicati nel nostro paese, con una serie di antologie che non si limitano a presentare le opere, ma le propongono con traduzioni moderne e accurate e con l'integrazione di contenuti critici e storici che aiutano a comprendere meglio l'opera. L'autore proposto in questa antologia è il polacco Stefan Grabinski, del quale apprendiamo dai cenni biografici all'interno è stato pubblicato poco o nulla in italiano.
L'antologia Il villaggio nero. Racconti Fantastici. presenta dodici racconti scritti tra il 1919 e il 1924, tradotti direttamente dal polacco da Andrea Bonazzi, curatore della selezione dei racconti del volume.
Ben spiega in realtà China Miéville nell'introduzione la qualità e l'attualità dell'autore. Pertanto potrei anche rimandarvi a quanto scritto lì, che sottoscrivo in pieno.
Volendo aggiungere qualche mia riflessione post-lettura, posso modestamente confermare anche io che quello che colpisce alla lettura è la modernità dello stile letterario. Se all'interno viene citata una definizione del critico Karol Irzykowski, che definì Grabinski, "il Poe Polacco", la lettura restituisce profonde analogie stilistiche con un altro autore faro del fantastico, ma del '900, ossia Howard Philips Lovecraft.
Stilisticamente il modo di narrare è simile. Profonde inquietudini che emergono da frasi anche un po' enfatiche, da sole annunciatrici di profonde tragedie.
Ci sono anche differenze, laddove Lovecraft volutamente ignora la modernità, Grabinski fa affrontare all'uomo moderno insidie paranormali ma in contesti contemporanei, attingendo a elementi quotidiani come le ferrovie o l'elettricità. Forse l'unico punto in comune con Poe è che anche Grabinski inoltre non ha la visione cosmogonica, non crea mitologie organiche o pantheon di dei e semidei. Sono "piccoli" orrori quelli affrontati dai protagonisti delle vicende di questi racconti. Ma se si guarda alla costruzione narrativa del racconto, rimane l'ineluttabilità della sconfitta dei protagonisti (tranne che in un paio di occasioni), lo sguardo nell'abisso della follia e della disperazione in comune con Lovecraft.
Alcuni racconti, come Il Demone del Movimento, Il bianco lemure, La storia del Becchino e La vendetta degli elementi, hanno più la struttura di una leggenda urbana ante-litteram, situazioni che scaturiscono da una apparente normalità per esplodere improvvisamente in direzioni spiazzianti. Non sono mondi secondari quelli di Grabinski, ma squarci nel mondo ordinario che lo sconvolgono in modo irreversibile.
In La stanza grigia, Saturnin Sektor, Lo sguardo e L'area le inquietudini sembrano provenire invece dal mondo interiore dei protagonisti. Un inner space ballardiano ante-litteram.
C'è una componente misogina che traspare in un'altra quaterna di racconti, ossia L'engramma di Szatera, L'amante di Szamota, A casa di Sara e nel racconto che da il titolo all'antologia, Il villaggio nero. Dark lady oscure che portano alla pazzia, alla malattie e alla morte i protagonisti. Questi racconti misogini, sono forse gli unici che legano l'autore più all'800 che al '900, in altri casi, il termine ante-litteram non ricorre affatto a sproposito perché non si possono non notare approcci e idee narrative che sembrano prelevate da storie moderne e non da racconti scritti nella prima metà dello scorso secolo.
Se quindi merita attenzione la lettura dei racconti, il valore aggiunto dell'antologia è il compendio critico, dall'introduzione di China Miéville, che in origine era stata scritta per l'uscita del volume inglese, alla nota bio-bibliografica di Bonazzi, alla chiosa critica di Maria Vittoria Ghirardi che lancia brillanti spunti di riflessione su quanto appena letto.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID