All'età di nove anni Honorius Jorg Ancrath, primogenito del re Olidan di Ancrath, è fuggito dal regno che gli spetta per diritto di nascita ed è divenuto un guerriero, mercenario e fuorilegge. Al comando di poche dozzine di uomini, i suoi 'Fratelli', come lui stesso li definisce, Jorg dedica la sua vita alla violenza e al saccheggio percorrendo le terre dell'Impero Spezzato, una realtà cupa e feroce.
Ciò che lo ha spinto nella sua scelta e ciò che lo motiva negli anni del suo esilio volontario è il desiderio di vendetta nei confronti del conte di Renar, i cui uomini hanno brutalmente assassinato sua madre, la regina di Ancrath, e suo fratello William. Ma c'è qualcosa di ancora più profondo e di ancora più doloroso nella sua scelta. In quella tragica notte, Jorg si è salvato per miracolo, rimanendo intrappolato in un cespuglio di rovi (da qui il titolo originale, che tradotto alla lettera è 'Il Principe delle Spine') e, mentre questi ultimi penetravano nella sua carne a ogni suo minimo movimento, Jorg ha assistito impotente alla ferocia con la quale gli assassini di sua madre e di suo fratello hanno compiuto il massacro. Da allora, il dolore fisico e interiore di quel rovo, e ciò che esso riconduce alla sua memoria, non hanno mai abbandonato il giovane principe, cambiandolo per sempre (o, forse, risvegliando la sua vera natura).
Da qui, l'ossessione della vendetta. Da qui, una rabbia che divampa come un fuoco in ogni sua scelta e in ogni suo gesto. Una rabbia che cancella ogni altro sentimento in un principe di dieci anni e che gli impartisce una dura lezione, indelebile nel suo essere:
«Le spine mi hanno spiegato le regole del gioco. [...] Puoi vincere il gioco solo se capisci che si tratta di un gioco. Fate giocare un uomo a scacchi e ditegli che ogni predone è un suo amico. Fate che ritenga sacri gli alfieri. Che ricordi i giorni felici all'ombra delle sue torri. Che ami la sua regina. E guardatelo perdere tutti.» (pag. 31)
La ferocia che Jorg accoglie e fa sua per tutti i quattro anni dalla sua fuga da Ancrath non è nulla se paragonata al suo gelido cinismo, che rispetto a quella è a volte antitetica e in altre complementare. Makin, il Nubano, piccolo Rikey, Burlow il Grasso, Kent il Rosso e tutti gli altri sanguinari compagni d'arme di Jorg sono divenuti la sua famiglia, ma egli è consapevole che per vincere il 'gioco', per trionfare nella Guerra dei Cento che infuria nell'Impero Spezzato, non avrà la minima esitazione a sacrificarli tutti, se necessario. L'amore non ha più alcun significato per il principe di Ancrath. Solo l'odio ha senso, e solo esso dà senso alla sua vita.
Mark Lawrence, nato nel 1968 negli Stati Uniti ma di nazionalità angloamericana, è un matematico e ricercatore nel campo dell'intelligenza artificiale e collabora con entrambi i governi dei Paesi di cui ha la cittadinanza anche in progetti di livello riservato. Il Principe dei Fulmini (Prince of Thorns, pubblicato da Ace/Voyager nel 2011) è il suo esordio letterario, e primo volume della trilogia The Broken Empire, continuata con King of Thorns (2012) e che terminerà con Emperor of Thorns, la cui uscita è prevista per questa estate. In occasione della pubblicazione italiana del primo volume della sua trilogia, e insieme al suo traduttore italiano Leonardo Leonardi, Lawrence ha rilasciato un'interessante intervista a Fantasy Magazine, curata da Alfonso Zarbo ed Elisa Rava, che vi riproponiamo in fondo a questa recensione.
L'autore usa la prima persona, una scelta che personalmente ritengo assai coraggiosa soprattutto in un esordio, per narrare la sua storia. Il risultato, a livello stilistico, è stupefacente. Lawrence si trova perfettamente a suo agio nel far scorrere davanti agli occhi del lettore le vicende raccontate. Ci si ritrova del tutto catturati dalla personalità di Jorg, dai suoi pensieri, dai suoi eccessi d'ira e dalla sua mente calcolatrice e, a tratti, geniale. E ciò avviene sin dalle prime pagine, che già annunciano i toni della storia: Il Principe dei Fulmini non è assolutamente un romanzo che può consolare e dare speranza. E' un viaggio, affascinante e oscuro, negli abissi più profondi del protagonista, intorno al quale inevitabilmente ruota la storia, e della natura umana. Ed è un viaggio di cui, una volta iniziata la lettura e fortificato il proprio stomaco, non si può fare a meno fino alla fine, complice un ritmo che non lascia pause nella trama.
A queste cupe sensazioni contribuisce il world building di Lawrence. Se l'Impero Spezzato ha l'aspetto esteriore di un mondo medievaleggiante pieno di guerra e violenza, intrighi politici e dinastici, nette gerarchie sociali, già dai capitoli iniziali (così come dalla carta geografica nelle prime pagine del volume) il lettore potrà accorgersi che non si tratta di un mondo così 'altro' rispetto a quello in cui viviamo. Preferisco, tuttavia, non approfondire questo elemento perchè ritengo che uno degli aspetti più brillanti dell'abilità di Lawrence sia quello di lasciar trapelare goccia a goccia nella mente del lettore le origini del mondo che egli ha tratteggiato e di cui, verosimilmente, gli stessi abitanti non hanno una chiara conoscenza.
La sospensione dell'incredulità è, dunque, un altro degli aspetti più riusciti di questo romanzo. Tuttavia, essa a tratti vacilla proprio a causa di uno degli elementi di forza del romanzo, cioè il suo protagonista. Risulta non sempre facile accettare l'abilità combattiva e la capacità strategica di Jorg tenendo presente la sua giovane età, che nella linea narrativa principale è di quattordici anni. Il principe appare quasi invincibile in tutte le prove belliche cui va incontro, e lo stesso si può dire a proposito delle minacce di tipo sovrannaturale che cercano di insidiarlo.
Diversi passaggi del romanzo sono dedicati a combattimenti, descritti da Lawrence (attraverso i sensi e i pensieri di Jorg) con tale cruda vividezza da rievocare i passaggi più brillanti dello sword & sorcery, dal quale l'autore ha evidentemente tratto ispirazione pur nell'originalità di questa sua opera prima. Ancora una volta, però, la medaglia ha il suo rovescio. Nella parte finale del romanzo la narrazione è a mio avviso eccessivamente compressa dall'irruento susseguirsi di duelli e scontri e il carisma, la determinazione, l'abilità e l'intelligenza di Jorg non bastano a giustificare alcune svolte, anche determinanti, nella trama.
Coinvolgente, stilisticamente ineccepibile, dal ritmo incalzante, Il Principe dei Fulmini è un esordio come pochi nel genere fantasy. Il suo cuore pulsante, il principe Honorius Jorg Ancrath, protagonista e voce narrante, è un personaggio che non fa mai rimanere indifferenti, e che coinvolge il lettore da subito, catapultandolo nel suo mondo di cinismo, vendetta e violenza. L'edizione italiana, poi, risulta priva di refusi di stampa e ha soprattutto il pregio di presentare l'eccellente traduzione di Leonardi, che rende in maniera perfetta il limpido e fluente stile di Lawrence. Il tutto, a un prezzo assolutamente competitivo.
Ma non si tratta di un romanzo perfetto, e ciò si evince in particolare dalla seconda e dalla terza parte della trama, in cui alcuni passaggi risultano troppo sbrigativi e un po' forzati, giustificati (ma non in modo convincente) dall'unicità dello stesso protagonista della storia. Nonostante questi difetti, perdonabili in un'opera prima, Il Principe dei Fulmini è un'esperienza che inquieta, coinvolge e appaga.
Il principe dei fulmini: intervista a Mark Lawrence e a Leonardo Leonardi
In esclusiva per Fantasy Magazine, l'autore e il traduttore italiano del Principe dei fulmini ci parlano del primo volume della trilogia fantasy The Broken Empire e dell'approccio con il mondo della traduzione
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13 commenti
Aggiungi un commentoSono concorde con Mirco. Mai come ora, in questo campo, si rende necessario fare attenzione ai particolari.
Per quel che riguarda la traduzione del titolo concordo sul fatto che sia una castroneria: in questo libro il legame tra narrato e titolo è veramente immediato, e poi se l'autore ha deciso così... Sulla recensione concordo quasi al 100%, solo il numero di stelline mi pare un po' alto (lo so, 3 1/2 non si può dare). L'elemento più "disturbante" è in effetti (con tutte lo giustificazioni) l'età del protagonista: ecchecavolo, Alex Bello in Clockwork orange qualche anno in più l'ho aveva!!!
Ario
Io sono un po' all'antica, anzi, sono assolutamente all'antica.
Non amo questo tipo di fantasy.
Non disdegno gli eroi per dedicarmi a seguire 'umanissime' belve sanguinarie prive di qualsiasi valore condivisibile.
Ho già una pessima opinione dell'umanità. Non sento il bisogno di averne conferma anche quando leggo un romanzo.
Ne ho letto circa un terzo e devo dire che, per il momento, è notevolmente migliore del primo libro..
Finito il libro, tutta la violenza a me parsa gratuita nel primo libro qui non c'è e si è dimostrato un buon romanzo. Molto più bello del primo volume e sicuramente leggerò il seguito.
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