Da tanti anni si dice che il western sia morto. Vero è che il momento di massimo fulgore e di interesse verso il genere è passato da un pezzo.
Però c'è chi ancora lo rimpiange e, nella logica che tutto corre e ricorre, tenta periodicamente di farlo risorgere.
Stavolta è il turno di The Lone Ranger, ispirato all'omonimo personaggio nato nel 1933 alla radio, che avuto poi numerose incarnazioni in vari media nel corso dei suoi 80 anni di vita.
Questa nuova versione si prefigge di unire all'epica western e all'avventura il gusto per il fantastico e il supereroistico cresciuto in questi anni grazie alla popolarità dei film Marvel e l'ironia di cui il produttore Jerry Bruckheimer e il regista Gore Verbinski hanno infarcito la celebre saga dei Pirati dei Caraibi.
Della partita fa parte l'icona della precedente saga piratesca, Johnny Depp, nel ruolo della storica spalla del personaggio, il comanche Tonto.
Il film presenta vari elementi classici del genere: i deserti e le grandi praterie; l'invadenza dell'uomo bianco nei territori storicamente appartenuti ai nativi, attuata mediante lo sviluppo della ferrovia e l'uso della forza militare; le cittadine polverose e sporche della frontiera.
Il protagonista ufficiale del film è Armie Hammer (The Social Network, Biancaneve, J. Edgar) che nel ruolo risulta efficace. Ma in realtà potremmo dire ferrovie e treni lo sono in maggiore misura.
Dopo una introduzione ambientata non a caso nel 1933, i cui un anziano Tonto comincia a raccontare in flashback a un bambino la storia del Ranger Solitario, è su un treno che vediamo per la prima volta in azione John Reid e Tonto che, come capita spesso, si trovano al momento sbagliato nel posto sbagliato.
I due personaggi hanno intenzioni e motivazioni diverse, ma si troveranno legati l'un l'altro prima da una catena, poi da catene di eventi che gli faranno scoprire di avere un nemico in comune. Per Tonto è il Wendigo, una entità sovrannaturale che agisce possedendo gli uomini e che sta sovvertendo l'ordine naturale delle cose. Per John sono i malvagi criminali responsabili della morte del fratello e della sofferenza dei suoi cari.
Tonto cerca vendetta, John cerca giustizia. Cosa troveranno alla fine è tutto da scoprire. La trama è complessa, narra sia della vera e propria genesi del personaggio, della dicotomia tra legge e giustizia, del piano attuato da loschi figuri per arricchirsi sfruttando l'espansione dell'uomo bianco nel west a danno dei suoi legittimi abitanti.
Come e se riuscirà il Lone Ranger a uscire vittorioso è vostro compito scoprirlo, se avrete la pazienza di seguire i ben 149 minuti di proiezione.
Il film non manca di momenti divertenti. Inseguimenti sui tetti dei treni. Duetti verbali ironici e autoironici. Sparatorie e scontri anche imponenti.
Inoltre visivamente ha il pregio di riscoprire il valore del campo lungo o lunghissimo, fondamentale nel rendere i paesaggi del west protagonisti delle vicende.
Quello che però penalizza il film è una lunghezza che a un certo punto diventa eccessiva. Non ci sono scene veramente sbagliate o inutili, ma quasi tutte le sequenze di azione durano più del necessario, tendendo a ripetere situazioni ed espedienti già usati. Spannometricamente direi che un quarto del film vede i protagonisti correre e agire su treni in corsa. E' forse un po' troppo. La prima sequenza sul treno è coinvolgente ed emozionante, già la seconda stanca.
E' un peccato perché, lunghezza delle sequenze a parte, il film non ha nulla di veramente sbagliato. Ottimi sono gli interpreti principali Armie Hammer e Johnny Deep, la cui miscela chimica funziona. I due instaurano una dinamica eroe/mentore molto efficace.
Bravo, anche se sfruttato poco, è James Badge Dale nel ruolo di Red, il fratello di John. Molto bravi Tom Wilkinson (il politicante Latham Cole) e William Fichtner che è l'antagonista storico del personaggio, il fuorilegge Butch Cavendish, la cui malvagità va oltre l'umano.
Poco più che funzionale alla storia è la moglie di Dan, Rebecca, interpretata dalla sufficiente Ruth Wilson.
Helena Bonham Carter interpreta al suo solito modo un bizzarro personaggio, Red Harrington, una maitresse dalle doti insospettabili e dall'allineamento incerto. Convincente è poi Barry Pepper nei panni del Capitano Fuller, un ufficiale della Cavalleria ispirato, e non poco, al Generale Custer.
The Lone Ranger paga tutti i suoi debiti. Sulla scia del moderno gusto per la citazione gli appassionati potranno trovare rievocati (o riesumati) tratti dell'epica di John Ford e dell'anti epica di Sam Peckinpah e Sergio Leone, anche se la violenza è filtrata dall'esigenza di realizzare un prodotto per famiglie e alla costruzione complessiva viene aggiunto uno strato che rende l'ambientazione un vero e proprio mondo secondario. Un West della memoria da un lato e dell'immaginazione dall'altro, anche se rimane imprescindibilmente sporco e polveroso.
La messa in scena, dai costumi alla scenografie, non mira infatti alla completa verosimiglianza. Si tratta di un ottimo lavoro di costruzione, ma non di ricostruzione. Non stiamo parlando di un film storico.
Molto del lavoro dello scenografo Mark McCreery e del tecnico degli effetti speciali John Frazier si è concentrato sui treni. Dei paesi e delle città della frontiera si vede ben poco, solo un paio di ambienti. Anche il villaggio Comanche è appena abbozzato. Oltre che dai treni, gran parte dell'impatto scenografico è affidato ai meravigliosi paesaggi.
Anche le musiche di Hans Zimmer passano dalle citazioni epiche a Morricone, senza dimenticare la Ouverture del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini che era la sigla della trasmissione originale del personaggio, realizzando una colonna sonora senza grande personalità ma utile al film.
L'unico rammarico che ho nei confronti di The Lone Ranger è la lunghezza, per il resto penso che chi avrà la pazienza di seguirlo per le quasi due ore e mezza si potrà gustare uno spettacolo ben fatto, con molti momenti piacevoli e divertenti.
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