Le streghe della foresta di Pendle non è libro che possa lasciare indifferenti.
A un primo livello di lettura narra i fatti che nel 1612 portarono, nella contea di Pendle in Inghilterra, a un processo per stregoneria in seguito al quale vennero impiccate e poi bruciate 12 persone, 10 donne e due uomini.
Il punto di vista è singolare visto che è quello delle vittime, in prima persona. Anzi, i punti di vista, dato che sono due. Nella prima parte del romanzo facciamo la conoscenza di Elizabeth Southerns, detta Bess o Vecchia Demke, una vedova che vive, anzi direi sopravvive nella foresta di Pendle con la figlia Liza.
Bess non è una donna istruita, ma è sicuramente colta. Conosce le erbe che possono guarire, è sagace e sa leggere nell'animo degli uomini e delle donne. Si guadagna la fama di guaritrice e veggente grazie a queste sue doti. Possono queste doti non essere scambiate con la magia? Certo se a crederci è la stessa Bess è ovvio che il passo dalla buona alla cattiva fama può essere breve, brevissimo. In realtà Bess non è ricca, non sfrutta, come fanno persone infinitamente meno dotate oggi, la credulità popolare, tutt'altro. A perseguitarla è anche l'ingnoranza popolare, che attribuisce alla figlia, strabica, il potere di provocare il malocchio.
Certo è che Bess ha un incontro importante nella sua vita, quello con uno spirito guida, Tibbs, che la guida e la consiglia sempre per il meglio.
Oscillando tra il realismo e la magia seguiamo la descrizione della vita degli strati umili della popolazione di fine '500, con accenni al quadro storico complessivo, ovviamente narrato secondo il linguaggio e la visione di Bess. Seguiremo Bess stringere una fraterna amicizia con la più agiata Alice Nutter, rompere l'amicizia altrettanto fraterna con Chattox, che sarà alla base di una catena di eventi che porteranno alla tragedia del finale.
A metà libro, dopo il matrimonio di Liza, un salto temporale ci porta dentro il punto di vista di Alizon, la nipote di Bess, poco più che adolescente.
Non ha ancora incontrato il suo spirito guida e non sembra aver sviluppato le doti della nonna. Pur tuttavia, quando improvvisamente e suo malgrado, solo per aver provato con onestà a riuscire a guadagnarsi da vivere, si ritrova coinvolta in eventi che la superstizione attribuisce al soprannaturale, diventerà il fulcro delle vicende che porteranno al processo e al suo tragico epilogo.
Un magistrato in cerca di onore di fronte al suo Re, sfrutta le faide familiari, gli stupidi odi atavici generati in fondo da malintesi, per alimentare il fuoco della superstizione, inscenando un processo farsa, dall'esito scontato.
Come già per la prima parte, non mancano descrizioni crude e realistiche del disagio, della fame e della sofferenza, fisica e psicologica.
Anche nelle seconda parte la magia sembra entrare più nella convinzione della protagonista che nell'effettivo svolgersi degli eventi.
Ogni evento può avere una chiave di lettura assolutamente realistica come no. Decidete voi se dare credito alla protagonista o alla vostra esperienza di persone del XXI secolo.
Certo è che personaggi come il magistrato Roger Nowell, fanno provare un profondo senso di indignazione per la loro bassa considerazione della donna che esprimono in ogni azione. Sono personaggi la cui mentalità sembra lontana dal nostro tempo, ma talvolta le agghiaccianti cronache attuali sembrano dimostrare il contrario.
La postfazione dell'autrice spiega poi le radici storiche del racconto, le fonti e una interpretazione delle vicende, legata anche ai forti contrasti religiosi del tempo e alla situazione politica. Come lettore posso dire di averla divorata con curiosità e non essendo uno storico non tento neanche di riassumerla lasciandovi il piacere di leggerla. Si tratta del degno complemento di una narrazione che pur nella sua crudezza avvince e appassiona, perché scritta con autentica passione per l'argomento e profondo amore e compassione per le tristi vicende di persone il cui unico torto era quello di vedere o sentire con sensibilità diversa da quella che il Potere impone dall'alto.
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