Adesso, lei siede in un giardino di metallo, un luogo che non può abbandonare mai, mentre mio padre si trova da qualche parte dentro a un grattacielo scintillante, con addosso un vestito di sartoria, occupato a sovrintendere a un impero.

Sotto di noi, la città brilla argentata, tirata a lucido come un desiderio. 

Le strade si allargano in spirali complesse, curvando tra edifici lucenti. Nel centro, molto distante, il Pozzo brilla del bagliore rossastro prodotto dal calore della fornace.

«Non intendo andarci» le dico.

Lilith sorride rivolta alla meridiana. «Non essere ridicola. Tu adori la Terra.»

Per un attimo, mi limito a guardarla. Mi piacciono i fiori di carta e i film con Cary Grant. Mi piacciono le storie che mio fratello Obie mi racconta quando ritorna a casa dopo uno dei suoi impieghi. Non posso dire che mi piace la Terra, perché non ci sono mai stata.

Vivere fuori dal Pandemonio va bene per ragazze come le Lilim, animate da una bramosia feroce, mentre a me piace pensare che il mio interesse per il mondo esterno sia puramente scientifico. Un interesse rivolto più alle cose che alle persone. Continuo ad aggrapparmi alla strenua speranza di non essere come le mie sorelle.

Se possedessi almeno un poco il dono della veggenza, il potere di vedere il futuro o di scoprire i segreti della gente attraverso una superficie di metallo lucido, questo dimostrerebbe che sono destinata a qualcosa di diverso. Eppure, a volte, soprattutto quando il grammofono suona canzoni d’amore o quando c’è James Dean in TV, mi sento stranamente vuota, avvinta da un desiderio che sembra nascere dalle mie ossa, e vengo assalita 

dal timore di non essere altro che una di loro. Una predatrice.

«Hai paura della Terra?» esordisce Lilith, in tono di sfida. «Non devi averne. I tuoi denti possono anche essere deboli e inutili come quelli di tuo padre, ma hai il mio sangue.»

Il sangue dei demoni è potente ma imprevedibile. Una volta sulla Terra può esplodere in fiamme o scavare il pavimento come un acido. Alcuni demoni scoprono di poter passare attraverso fessure minuscole o svanire in un turbine di ombre; altri hanno la pelle impossibile da tagliare e ossa infrangibili. Possono mangiare vetro, saltare giù dai palazzi e arrampicarsi 

sui muri.

Tuttavia, nel Pandemonio, tutto ciò non ha importanza. In profondità, nel Pozzo, i dannati urlano e soffrono, ma noi non proviamo nulla. 

Il sangue importa solo quando ci troviamo sulla Terra, perché ci dà un vantaggio contro Azrael.

È qui raffigurato sul muro, davanti a me, insieme al resto degli arcangeli; ha un aspetto virtuoso, eppure non è bello a vedersi. I suoi tratti sono rovinati da una bocca stretta e sgradevole, gli occhi sono tanto infossati da sembrare scuri; il suo sguardo sembra trapassarmi da parte a parte. 

Preferisco rivolgermi all’immagine di Michele. Perfino con la lancia puntata all’altezza del petto di mio padre conserva un aspetto nobile. Azrael, invece, sembra che voglia incenerire chiunque.

«Non devi preoccuparti di lui» interviene mia madre, voltandosi per seguire il mio sguardo. «Non spreca il suo tempo con le ragazze come te, almeno finché non creano guai o non si trattengono troppo a lungo sulla Terra.»

Eppure, non è lui che sto esaminando, ma le incisioni della sua bestia mostruosa: l’Orrida Oscurità. Ha un aspetto simile a quello di una donna ma con artigli affilati, smunta e imponente. È lei a occuparsi di uccidere per conto di Azrael, perché i demoni sono notoriamente difficili da distruggere. Esistono racconti su come sia in grado di squartarti e bere il tuo sangue per privarti del potere, per poi scuoiarti e intrecciare le tue ossa per 

farne ghirlande.

«Non ti darà fastidio, purché tu non ti trattenga troppo a lungo» ripete Lilith, come se a spaventarmi fosse la rappresentazione di un mostro su un muro e non il pensiero di poter diventare come le mie sorelle. «Azrael farà tutto quanto è in suo potere per impedirci di infestare la Terra, ma non si scomoderà per una visitatrice occasionale.»

La sua effige appare fiera e crudele. Dietro di lui, l’Orrida Oscurità torreggia in cima a una pila di corpi con indosso una veste di stracci, è rivestita di ossa, collane di denti e matasse di capelli.

Ho visto quelle immagini molte volte prima d’ora, ma adesso mi disturbano e rimango seduta a guardarle, osservando l’Orrida Oscurità e il volto vendicativo di Azrael. Come se qualcosa si stesse avvicinando e io non fossi ancora in grado di vederla.

OBIE

CAPITOLO DUE

Finalmente mia madre mi congeda, lasciandomi tornare nella mia stanza. Nel Pozzo, gli artigiani hanno chiuso le porte della fornace per dare modo alle loro cataste di lamine metalliche di raffreddarsi. Il cielo è di un color grigio fumo intenso.