Iniziata in inglese nel 1990 e in italiano nel 1992, dopo oltre vent’anni La Ruota del Tempo è giunta nel 2013 alla conclusione. Non è stato un cammino facile quello della saga più lunga della fantasy moderna, segnata in maniera indelebile dalla scomparsa del suo Creatore. Robert Jordan infatti è morto il 16 settembre del 2007 dopo un paio d’anni di malattia. E Jordan non è stato l’unica persona forzatamente impossibilitata a vedere la fine della storia visto che nel dicembre del 2011 è morto anche Darrell K. Sweet, illustratore dei primi tredici volumi della Ruota del Tempo.
Per A Memory of Light Tor Books ha sostituito Sweet con Michael Whelan. Se l’immagine di copertina può contribuire al successo o all’insuccesso di un libro, però, è qualcosa di esterno, che non ha legami con la qualità della storia. Più complicato è stato sostituire lo scrittore. Il rischio era di avere uno stile di scrittura troppo diverso fra i primi undici romanzi, quelli completati da Robert Jordan, e i successivi. Non solo, il nuovo scrittore doveva conoscere bene La Ruota del Tempo per poter rimanere fedele ai personaggi, alla trama, al ritmo della storia, alla sua atmosfera e a tutta una serie di elementi che il lettore non percepisce coscientemente ma che lo fanno sentire – o non sentire – a casa in quel particolare mondo. È un equilibrio delicato, e in più l’autore che avrebbe dovuto trovare la giusta alchimia per farlo avrebbe dovuto temporaneamente accantonare i suoi progetti personali.
Circa tre mesi dopo la morte di Jordan Harriet McDougal, vedova e editor dello scrittore scomparso, sceglieva come successore del defunto marito Brandon Sanderson.
Sanderson, che aveva scoperto La Ruota del tempo a 15 anni, era cresciuto leggendo e amando i romanzi di Jordan fin dalla prima pubblicazione di L'Occhio del Mondo. Nelle sue mani – e in quelle del Team Jordan, composto da Harriet McDougal e dagli assistenti di Robert Maria Simmons e Alan Romanczuk – il volume conclusivo è diventato una trilogia. Non per volontà loro ma per l’oggettiva lunghezza della storia. Come ha spiegato Sanderson “il manoscritto presto crebbe talmente da diventare proibitivo: sarebbe stato un volume lungo tre volte tanto gli altri de La Ruota del Tempo; così Harriet e la Tor decisero di dividere A Memory of Light in tre parti” (1).
La scrittura della saga si è protratta così a lungo che molte cose in questo tempo sono cambiate. La fantasy stessa è cambiata, mentre la conclusione della Ruota del Tempo non è stata scritta dal suo creatore ma da un altro autore. Ancora Brandon Sanderson ha affermato “Non posso rimpiazzare Robert Jordan. Nessuno potrebbe scrivere bene questo libro quanto lui. Questo è un semplice fatto” (2). A conferma di questo ci sono non solo le impressioni dei lettori ma successive dichiarazioni dello stesso Sanderson. Parlando della scena conclusiva di Memoria di luce ha spiegato di averla inserita nel libro così come Jordan l'aveva scritta, ma di non avere nessuna idea di come il protagonista di quell’episodio sia stato capace di fare quel che ha fatto (3). Per quanto conosca bene il mondo della Ruota del Tempo, Sanderson non conosce la risposta a tutte le domande.
Ha ancora senso leggere una storia così tanto tempo dopo il suo inizio, quando il genere a cui appartiene è enormemente cambiato, e con gli ultimi volumi scritti da un autore diverso da colui che ha creato quel mondo?
La risposta, senza alcun dubbio, è sì.
J.R.R. Tolkien ha lavorato praticamente tutta la vita a Il Silmarillion, ma non è mai riuscito a terminarlo. Se noi possiamo leggerlo è solo grazie al lavoro del figlio Christoper Tolkien che, aiutato da Guy Gavriel Kay, ha messo ordine nell’enorme mole di materiale lasciato dal padre e lo ha reso pubblicabile. Sarebbe meglio se ciascun’opera venisse completata da colui che l’ha creata, il solo in grado di conoscerla in tutti i particolari e di fornire tutte le risposte. Però nel caso in cui non sia possibile, se la persona incaricata di terminare il lavoro ha abbastanza informazioni e capacità, pur essendoci elementi che vanno persi a causa della scomparsa dell’autore originario, si può ugualmente avere un’opera straordinaria. Quanto al fatto che La Ruota del Tempo è figlia di un altro periodo e che molte cose sono cambiate, considerazioni di questo tipo non hanno tolto nulla al valore delle opere di Tolkien o a quell’infinità di testi ormai conosciuti come “classici”.
Chi non ama La Ruota del Tempo pone l'attenzione su due aspetti che la caratterizzano: da un lato la prolissità, il tempo lunghissimo che Jordan impiegava a descrivere qualsiasi cosa, dall'altro il basso tasso di mortalità dei personaggi, ritenuto ormai improbabile dopo la pubblicazione di fantasy, come quelli di George R.R. Martin, in cui i personaggi muoiono con una frequenza impressionante.
Che La Ruota del Tempo sia una saga lunghissima non ci sono dubbi, anche se lunghezza e prolissità non sono necessariamente la stessa cosa. Quattordici volumi di dimensioni notevoli, più un prequel che sembra breve solo se paragonato alle altre opere dello stesso Jordan, costituiscono una lettura che richiede una gran quantità di tempo.
I libri sono:
Nuova primavera, 2005, prequel (New Spring, 2004);
L’Occhio del Mondo, 1992 (The Eye of The World, 1990);
La grande caccia, 1993 (The Great Hunt, 1990);
Il Drago rinato, 1995 (The Dragon Reborn, 1991);
L’ascesa dell’Ombra, 2004 (The Shadow Rising, 1995);
I fuochi del cielo, 2005 (The Fires of Heaven, 1993);
Il Signore del Caos, 2005 (Lord of Chaos, 1994);
La corona di spade, 2006 (A Crown of Swords, 1996);
Il sentiero dei pugnali, 2007 (The Path of Daggers, 1998);
Il cuore dell’inverno, 2008 (Winter’s Heart, 2000);
Crocevia del crepuscolo, 2009 (Crossroads of Twilight, 2003);
La lama dei sogni, 2010 (Knife of Dreams, 2005);
Presagi di tempesta, 2011, ultimato da Brandon Sanderson (The Gathering Storm, 2009);
Le torri di mezzanotte, 2012, ultimato da Brandon Sanderson (Towers of Midnight, 2010);
Memoria di luce, 2013, ultimato da Brandon Sanderson (A Memory of Light, 2013)
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