Fino a quindici minuti prima Benny Imura era lontanissimo da qualsiasi pericolo.
Se ne era rimasto seduto su una roccia, affilando la spada, rimuginando tra sé e sé. Seguiva il flusso dei suoi pensieri, assorto, e per un po’ aveva persino messo su la faccia pensosa che faceva quando aveva gli altri intorno. Ora che era solo, lasciò cadere la maschera. Quando non c’era nessuno riusciva a ragionare meglio, ma la malinconia lo prendeva in maniera profonda, più costruttiva forse, ma di certo meno divertente. Quando sei da solo, non puoi fare una battuta per tirarti su.
Ed era da un bel po’ che Benny si sentiva giù, da quando aveva lasciato casa.
Si trovava a circa un chilometro e mezzo da dove, con i suoi amici, si era accampato in una foresta di alberi spogli nel sud del Nevada. Ogni volta che Benny faceva un passo lungo la strada che doveva portarli nei pressi dell’aereo che aveva visto insieme a Nix, ogni singolo metro che faceva, lo portava lontano da casa come non era mai stato.
Aveva sempre odiato l’idea di lasciare la sua terra. Mountainside era casa sua, in cima alle montagne della Sierra Nevada della California Centrale. Là c’erano il suo letto, la fontana del giardino e la torta di mele sul tavolo del portico. C’erano una città intera, suo fratello Tom, Nix e sua madre.
Ora la mamma di Nix era morta, e così anche Tom.
E casa non era più la stessa.
A mano a mano che la strada davanti a loro si districava, Benny, Nix, Chong e Lilah procedevano confusi come i ricordi che si lasciavano alle spalle, e il mondo immenso che avevano davanti non sembrava più tanto brutto e terribile, qualcosa da temere. Stava cominciando a diventare la loro nuova casa.
Non che la cosa gli piacesse, ma Benny cominciava a sentire che aveva bisogno di questo, come qualcosa che doveva affrontare per forza. Nessuna comodità. Nessun paradiso sicuro. Era un posto duro, la desolazione era terribile. Benny sapeva che se fosse riuscito a sopravvivere a quel mondo, sarebbe diventato molto più forte, anche più di Tom. Perché Tom, in fondo, non ce l’aveva fatta.
Ragionava su questi pensieri mentre se ne stava seduto sulla roccia ad affilare la lunga lama della spada, la kami katana che era stata di Tom.
Molare la lama è un lavoro che aiuta il ragionamento. Dev’essere fatto con cura, e la mente di solito è più vigile quando è costretta a superare ostacoli come i pensieri e i ricordi. Nonostante la tristezza nel cuore, Benny provò una certa soddisfazione nella strada impervia che aveva davanti e nella dovizia necessaria per la cura di quella spada mortale.
Mentre lavorava, ogni tanto alzava gli occhi per guardarsi intorno. Non aveva mai visto un posto così deserto, prima d’ora, e ne ammirò la sua semplicità. Una terra vasta e vuota, incredibilmente affascinante. Così tanti alberi e uccelli di cui aveva letto nei libri. E non c’era anima viva, cosa buona e cattiva allo stesso tempo. Cattiva perché non c’era nessuno a cui chiedere dell’aereo. Buona perché nessuno aveva provato a sparargli addosso, a torturarlo, a rapirlo o a mangiarselo da circa un mese. Benny mise questo punto nella categoria delle “vittorie”.
Quella mattina aveva lasciato l’accampamento per avventurarsi da solo nei boschi, in parte per allenarsi come gli aveva insegnato Tom, seguendo piste, nascondendosi, osservando; e in parte per starsene da solo con i suoi pensieri.
Non riusciva ad affrontare quello che continuava a tormentargli la mente. L’accettazione della morte di Tom avrebbe dovuto essere semplice, o almeno naturale. Dopotutto nella vita di Benny erano morti tutti. Più di sette miliardi di persone erano cadute dopo la Prima Notte. Alcune per mano degli zombie, i morti che tornavano in vita per attaccare gli uomini di cui si nutrivano. Altri a causa del panico e dei comportamenti brutali che l’uomo aveva messo in atto dopo la caduta dei governi, delle forze militari e della società stessa. Alcuni erano morti nelle battaglie, uccisi dalle bombe radioattive che avevano lanciato nel disperato tentativo di fermare l’esercito di morti che si avvicinava alle città. E molti altri erano caduti nei giorni seguenti, per le malattie, le ferite, la fame e le innumerevoli infezioni che si diffondevano per via della morte e della putrefazione, che erano dappertutto. Colera, stafilococco, influenza, tubercolosi, HIV e altre ancora. Tutte infezioni che si propagavano senza controllo, senza infrastrutture ospedaliere e senza nessun modo per fermarle.
Considerato tutto ciò, visto che tutti coloro che Benny aveva conosciuto erano stati colpiti in qualche modo dalla morte, avrebbe dovuto accettare la fine di Tom con più facilità.
Avrebbe dovuto.
Ma… c’era anche un altro fatto.
Nonostante Tom fosse caduto durante la battaglia a Gameland, non era tornato in vita come zombie. E questo caso stranissimo avrebbe dovuto essere un pensiero meraviglioso per Benny, quasi una benedizione di cui essere grati, ma non lo era. Benny era confuso. E spaventato, perché non aveva idea di cosa volesse dire.
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