Non basta neanche un poco di zucchero per mandare giù la pillola di questo film estenuante. Non ne basterebbe neanche un chilo.
Una delle domande che esplode è: cui prodest? A chi giova? Perché? Anche il titolo Saving Mr Banks è discutibile ed è teso a rafforzare la tesi, alquanto dietrologica, per cui la signora Travers dovrebbe salvare, soprattutto nel proprio inconscio, la figura del padre, fantasioso uomo incapace di affrontare la vita e le responsabilità di genitore, che in un gioco di sublimazioni è il bancario alla ricerca di una governante per i due figli irrequieti del romanzo Mary Poppins.
Saving Mr Banks si apre con l'immagine della Travers bambina in Australia, subito appare il padre, interpretato da Colin Farrell e lo spettatore percepisce il proprio sequestro dentro il cinema. Ma ci sono ancora due ore che hanno da passà. La visione di questo pseudo attore crolla inesorabilmente dentro un personaggio poco credibile. Non si salvano neanche Emma Thompson, che è costretta a interpretare una figura ai limiti del grottesco probabilmente imposta dalla regia, che vuole strizzare l'occhio ai malcapitati spettatori, che, con forza centrifuga, spinge fuori tutti i personaggi per far emergere Walt Disney, geniale furbacchione, creatore di moltissimi capolavori, umanamente alquanto controverso. A questo punto si pone l'annoso problema macchiavelliano: il fine giustifica i mezzi? È corretto fare leva sulle debolezze della signora Travis per usurparle i diritti di Mary Poppins? Questa in sintesi la trama del film, che si spalma, come già detto, in un tempo interminabile ed estenuante, costringendo alla visione di fotogrammi laccati con luci smarmellate pur di esaltare ciò che è necessario. Non dimentichiamo che la committenza e la distribuzione è proprio di Disney.
Non servono neanche Paul Giamatti, conosciuto per ruoli molto più soddisfacenti, che qui sembra riempire un vuoto, al cui posto se ci fosse una palma nessuno se ne accorgerebbe. Non parliamo di Tom Hanks, la cui faccia, pur se invecchiata, non ha mutato un'espressione da Forrest Gump. Forse ha subito un intervento di plastica mal riuscito, per cui è costretto a questa maschera in secula seculorum. La Travis bambina è una ricciolina a cui sarebbe consigliabile rivolgersi ad altro, prima di illuderla di un futuro radioso nell'industria cinematografica. Il regista John Lee Hancock è mediocre, fa commedie mediocri. Un artigiano che svolge il suo ruolo in modo pulito, senza il minimo guizzo, seguendo tutto ciò che gli è stato impartito dai superiori.
Ma la cosa che urta di più è la reinterpretazione dei fatti. La Storia non è andata come si narra in Saving Mr Banks. La Travis, pur avendo ceduto i diritti per necessità, non ha mai dato l'assenso pieno al film Mary Poppins, a lei non sono mai piaciuti i cartoni animati, non voleva Julie Andrews, non voleva le canzoncine e non ha mai perdonato Walt Disney, facendosi cadere le lacrimucce di commozione durante la proiezione, in modo da concludere tutto a tarallucci e vino. La Disney non dice che Saving Mr Banks è basato su fatti reali, ma lo fa credere, lo fa intendere, sostenendo che in fondo non importa se le cose non sono proprio così, questa ne è l'essenza, insomma giocando con molta disinvoltura sulle verità pirandelliane.
L'unico sentimento che rimane è una profonda irritazione.
1 commenti
Aggiungi un commentoE' una recensione molto severa che rispetto ma che non mi trova d'accordo (da qui una stella di voto)
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