Come può una serie televisiva suscitare emozioni tanto forti? I personaggi sono caratterizzati benissimo, l’abbiamo detto. Sono reali, hanno delle motivazioni concrete e comprensibili, anche se non sempre condivisibili, per agire come agiscono. Lettori e spettatori si identificano con loro, e quando la sorte gli si accanisce contro il risultato non può che toccare corde profonde nei sentimenti di chi si è lasciato coinvolgere.
La terza stagione è basata sui primi due terzi di A Storm of Swords, corrispondenti più o meno a quei due libri chiamati in Italia Tempesta di spade e I fiumi della guerra. La corrispondenza non è perfetta perché le trame seguono spesso percorsi diversi ma anche perché, in qualunque modo Benioff e Weiss abbiano scelto di renderlo, nella terza stagione non c’è certamente l’ultimo capitolo di Jon dei Fiumi della guerra e quel capitolo comprende almeno un paio di avvenimenti che dovranno certamente verificarsi. Anche senza l’ultima parte del romanzo, Il portale delle tenebre, la stagione comprende parecchi avvenimenti capaci di catturare in modo fortissimo l’interesse degli spettatori.
Le prime immagini riprendono la storia dal punto in cui si era interrotta un anno prima, con la consapevolezza dello scontro fra Estranei e Guardiani della notte, gli ulteriori assestamenti ad Approdo del Re e il controllo di chi è vivo (fra gli altri Davos Seawoth) e di chi è morto (suo figlio Matthos) e le prime basi per quello che arriverà in seguito. La comparsa di Barristan Selmy al fianco di Daenerys è fin da subito manifesta. Se nei romanzi il cavaliere si presenta insieme a un altro uomo che in televisione non vedremo mai, Belwas il forte, e rivela la sua vera identità solo dopo parecchio tempo, qui gli spettatori conoscono bene il volto di Ian McElhinney fin dalla prima stagione, perciò intorno al suo nome non c’è nessun mistero e il rapporto fra il cavaliere e la sua regina è fin da subito posto su un altro piano di mutuo rispetto e collaborazione. Come lui altri personaggi cambiano in dettagli tutto sommato marginali finendo per fare, alla fine, tutte le cose davvero importanti che fanno anche nei romanzi. Come ha sottolineato Maisie Williams, l’interprete di Arya Stark, alla fine Weiss e Benioff arrivano nello stesso punto in cui è arrivato Martin, ma lo fanno seguendo percorsi diversi.
Ecco allora che la tortura di Theon Greyjoy da parte di Ramsay Snow, da Martin semplicemente data come avvenuta e saltuariamente citata senza troppi dettagli nel quinto romanzo, A Dance with Dragons, viene invece seguita passo passo nella terza stagione di Game of Thrones. Alla base di questa scelta c’è la necessità di mantenere nel cast Alfie Allen, l’interprete di Theon, per evitare che l’attore, temporaneamente disoccupato, potesse prendere altri impegni che poi gli avrebbero impedito, per mere questioni di tempo, di tornare in Game of Thrones, quella di aiutare gli spettatori a ricordarsi di lui anno dopo anno – non va dimenticato che questa serie vanta il cast più ampio per un’opera televisiva – e quella di far capire perché Theon cambia nel modo in cui cambia. Se Martin infatti ha a disposizione i monologhi interiori per informare i lettori su quanto avviene nell’animo di ciascuno dei suoi punti di vista, Benioff e Weiss possono affidarsi solo a elementi esterni, perciò devono forzatamente mostrare – o raccontare in dialoghi, facendo attenzione a non far diventare le conversazioni troppo preponderanti rispetto alle scene d’azione – gli episodi che in qualche modo influiscono sul carattere dei loro personaggi.
Mentre Theon rimane sparisce temporaneamente un personaggio presente nei libri, ser Dontos Hollard. Il cavaliere ubriacone che Sansa aveva salvato dalle ire di Joffrey all’inizio della seconda stagione nella terza è assente. Benioff e Weiss hanno spiegato questa scelta con il desiderio di donare più spazio a interpreti bravissimi quali Aidan Gillen, che vestendo i panni di Ditocorto nella terza stagione interloquisce molto con Sansa, senza costringere gli spettatori a ricordare troppi personaggi. Non si tratta comunque di una bocciatura per Tony Way, visto che Dontos torna sulla scena già a partire dal primo episodio della quarta stagione.
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