FF: A questo lascerei rispondere all’autore, che li ha ideati e che ci condurrà per mano a conoscerli (spero non troppo da vicino…).
EM: La mia idea è che con il tempo la rappresentazione dello strano e dell'inconsueto cambi. Non vorrei anticipare troppo, ma quello che ho cercato di fare è di attualizzare il concetto di possessione demoniaca e di esorcismo. Molto spesso le persone attribuiscono al software una coscienza, una vita propria. E se questa esistesse veramente? Quale sarebbe la sua provenienza?
Come interagirebbero con noi degli autentici Demoni? Entità che vagano da millenni sul nostro mondo, possedendo umani, compiendo malefici e cercando il loro tornaconto?
Queste sono solo alcuni quesiti ai quali il racconto cercherà di rispondere.
Un racconto accessibile a tutti o solo a chi si intenda di informatica?
FF: A tutti, ci mancherebbe. Come detto, l’informatica ormai è un mestiere come un altro, e credo che se il protagonista fosse stato un medico forse avrebbe avuto più tecnicismi e più meccanismi di lavoro complicati da descrivere di quanto possa farlo un informatico oggi.
EM: Si tratta di un racconto di finzione, non di un trattato di informatica. Pur mantenendo un certo rigore terminologico, il focus è spostato sull'azione, sui conflitti da risolvere. Non bisogna essere medici per seguire un medical drama, perché del conflitto portato dall'aspetto “professionale” della vicenda il lettore viene edotto quel tanto che serve. È chiaro che chi conosce un determinato mondo professionale può essere infastidito se lo si usa in modo impreciso anche in un'opera di finzione. Per questo ho cercato di non dire “fesserie”.
Se le storie sono ambientate nella città il lettore si sente partecipe del fantastico quanto della realtà, e spesso nella stessa misura. Quanto conta la prospettiva con la quale si guarda alla realtà e quanto influisce invece la risposta soggettiva agli eventi?
FF: In realtà tutto è soggettivo, quando si legge. Il filtro narrativo consente di avere una sponda per saltare all’interno di un mondo costruito ad arte, dove la visione soggettiva è quella dei protagonisti delle storie che si raccontano. La magia della scrittura svolge in pieno il suo dovere quando fra lettore e personaggi si crea un’intesa tale da far credere, per pochi meravigliosi momenti di sospensione dell’incredulità, che ciò che si vive in maniera oggettiva sia vita vera, la “propria” vita, e dunque abbia un punto di vista soggettivo. Che è quello della storia raccontata.
EM: Un critico cinematografico diceva: ‘’come un film viene recepito dipende da quello che si è mangiato’’. Cioè il coinvolgimento che crea un'opera si basa su parametri oggettivi, come la capacità di recepire un contenuto. Nel caso di un testo scritto, per esempio, il coinvolgimento avviene sia attraverso la conoscenza delle parole usate dallo scrittore, sia dalla interpretazione soggettiva inerente alle proprie esperienze. Per quanto mi riguarda il testo, reputo non sia più di mia mia appartenenza dal momento della pubblicazione.
Eccellente il ‘’sense of the humor’' dell’autore, soprattutto nel descrivere scene di cruda e stressante quotidianità. Uno stile raffinato quanto diretto e incisivo. Tutto questo e tanto altro fa parte del fascino testuale, non trovi?
FF: Fa parte del linguaggio d’oggi, moderno, schietto, al passo con i tempi e con i lettori, soprattutto quelli più giovani (ma non solo). Lo stile forbito, ridondante, ricco di paroloni, non ha più senso di esistere, soprattutto nello Urban Fantasy. Dunque credo che Emanuele abbia tracciato una mappa precisa dell’itinerario che intende percorrere con gli autori che lo affiancheranno in questa avventura. Adesso sta agli scrittori fare la propria parte e seguire questa pista nel modo migliore.
EM: Ti ringrazio. La mia è una ricerca della verosimiglianza. Una ricerca che passa attraverso una scrittura che non si ferma alla prima stesura, ma che venga poi ripulita da orpelli di ogni tipo. Il mio tentativo è di essere credibile. Se ci sono riuscito lo lascio giudicare ai lettori. Di sicuro è un percorso che non finirà mai, poiché ogni storia che si racconti necessita di un suo linguaggio.
Il racconto di Emanuele Manco è all’avanguardia, ricco di spunti da sviluppare o creare.
La linea di fondo che si vuol perseguire sarà imperniata nella modernità o potrebbe anche sfociare in un salto temporale?
FF: Be’, in realtà questo lo diranno prima i lettori, e poi gli autori, soprattutto se i lettori più attenti sapranno proporre la loro personale interpretazione della saga, scrivendo storie convincenti che indirizzi Urban Fantasy Heroes da qualche parte. Non ci sono preclusioni a prescindere, tutto dipenderà da dove pubblico e autori vorranno dirigersi. E noi con loro.
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