“…You think there are the good people and the bad people. You're wrong, of course. There are, always and only, bad people, but some of them are on opposite sides”.
[Terry Pratchett]
Siamo in Styria, regione dello stesso Mondo Circolare conosciuto dai lettori italiani con la trilogia La Prima Legge e lo stand-alone The Heroes. Monzcarro “Monza” Murcatto è il comandante dell’armata mercenaria delle Mille Spade, una donna la cui durezza sembra temprata come l’acciaio della sua lama, vincitrice di battaglie e autrice di stragi.
Tuttavia, la “Macellaia di Caprile” è vittima di un impensabile tradimento: nel castello del Duca Orso, feroce pretendente al trono styriano, viene aggredita, mutilata e lasciata per morta, mentre l’adorato fratello Benna resta ucciso.
Da quel momento in poi, l’unico scopo di Monza è la vendetta, a qualsiasi prezzo e in qualunque modo. Non importa se i suoi compari prezzolati sono avvelenatori, torturatori, psicopatici, avventurieri, barbari sanguinari: i responsabili devono morire.
Nei precedenti volumi di Joe Abercrombie i brevi accenni alla Styria avevano dato l’immagine di un paese vagamente mediterraneo e dilaniato da continue guerre intestine. Il sapore della vendetta conferma la sensazione e offre uno scenario in qualche modo coerente con la visione che può avere un anglosassone nei confronti del Rinascimento italiano: sontuoso ma decadente, vivido ma sporco, intelligente ma spietato e dissoluto. Grandezza e miseria sotto un cielo non così solare come ci si potrebbe aspettare.
In questo stand-alone l’elemento prettamente fantasy – la magia - è assente, l’unica componente correlata al genere è la presenza di un mondo secondario. Il confine tra romanzo fantastico e romanzo storico diventerebbe sottile, se non fosse per un particolare di fondo: il tratteggio quasi surreale di ambientazione e protagonisti, che ricorda il ciclo Magdeburg di Alan D. Altieri.
Come afferma lo stesso autore, il romanzo è una specie di Conte di Montecristo che incontra il film Senza un attimo di tregua, una storia di vendetta classica dove però i cliché non vengono ribaltati, bensì sovradimensionati.
Se il tono di un romanzo si percepisce dall'incipit, qui Abercrombie conferma la regola. Il buon giorno (si fa per dire) si vede dal mattino, anzi dal colore dell’alba descritta nella prima - ma anche nell'ultima - scena: un cielo sporco di rosso come la benda di una ferita infetta. E questo potrebbe non essere l’unico paragone possibile.
I personaggi e le loro azioni sono così adeguati allo scenario da risultare se non eccessivi almeno molto sopra le righe: Caul il Brivido, versione giovane di Novedita il Sanguinario, si dimostra un semplice attrezzo da macello e da letto al di là di ogni buon proposito. Nicomo Cosca, già incontrato nell'assedio di Dagoska, è il concentrato di tutti i capitani di ventura spavaldi e ubriaconi. Benna, il fratellino ucciso, risulta essere debosciato, vile e falso.
Poi c’è la protagonista. Al di là di qualche motivazione psicologica sepolta che la vorrebbe meno cattiva di quanto non appaia, Monza è uno dei tipici antieroi “spezzati” a cui Abercrombie ci ha abituato, ma fa l'effetto di un maschio con sembianze da donna, senza alcuna caratteristica femminile. Le sue disavventure non suscitano compassione ma una vaga nausea perché, citando la canzone di Vecchioni, è proprio “stronza come un uomo”.
Sangue e violenza, torture, battaglie, tradimenti e ancora sangue e violenza sono il sentiero su cui si muovono i Vendicatori e i loro antagonisti. Lo spazio per l’umorismo, per quanto nero, è sparito.
Se “La lama stessa induce alla violenza” è la premessa da cui Abercrombie è partito, in Il sapore della vendetta vediamo l’evoluzione del concetto: “Pietà e vigliaccheria sono la stessa cosa”. Quindi, tanto per citare ancora Altieri, “Nessuna carne sarà risparmiata”.
Com'è, in conclusione, questo romanzo? Riguardo allo stile: ben scritto, trascinante, imprevedibile, convulso. Riguardo ai contenuti: adatto a stomaci forti, con una moralità in grigio e nero, dove prevale il nero e non esistono buoni e cattivi ma solo diverse gradazioni di Male.
Abercrombie, diventato famoso nel panorama della Fantasy per lo stile “grimdark” e la capacità di rovesciare gli stereotipi, ha dimostrato di essere cresciuto rispetto alla Prima Legge: descrivere un’umanità così miserabile e riuscire a immergere il lettore in una realtà così degradata e abietta senza far cadere il realismo cinico nel grottesco, richiede una notevole abilità. In questo caso siamo, tanto per restare in tema, sul filo del rasoio.
6 commenti
Aggiungi un commentoAnche se è uscito da un po', è apprezzabile aver recensito un buon libro. Abercrombie è un grande scrittore, una boccata d'aria fresca tra maghetti, elfi, draghi parlanti e tutto il trash degli imitatori farlocchi e cialtroni di Tolkien.
Abercrombie è un ottimo scrittore, mi sono piaciuti gli altri suoi libri pubblicati anche se a volte è fin troppo grottesco. In ogni caso il libro è già in attesa di lettura.
Sono assolutamente d'accordo.
Non sono affatto d'accordo, stai estremizzando, amico ratto. Io adoro il Cappa e Spada e credo che chi deciderà e sarà all'altezza di "imitare" Abercrombie un domani magari vicino, potrà essere apprezzabile come e più di lui.
La creatività umana non ha limiti, quindi non mi metto i paraocchi a priori.
Ottima recensione, come Cristina ci abitua...
Dal canto mio, però, che sono ormai un fan di Abercrombie (sin da quando mi ha folgorato con The Heroes ), devo dire che al Sapore della vendetta avrei dato 4 stelle. C'è un eccezionale gioco di scatole cinesi di vendette nelle vendette...
Finalmente l'ho letto. Piaciuto abbastanza ma la trilogia era meglio.
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