Sto arrivando.
— Cosa c’è che non va? — gli chiese Clary; all’improvviso Jace sembrava distante anni luce. da quando il fuoco celeste era entrato nel suo corpo, lui aveva sviluppato la tendenza a perdersi più spesso nei propri pensieri. Clary aveva la sensazione che quello fosse un effetto collaterale del suo voler sopprimere le emozioni. Avvertì una debole fitta:— quando l’aveva conosciuto, Jace le era apparso sin troppo controllato, e soltanto una piccola parte della sua vera identità riusciva a trapelare attraverso le crepe della sua armatura, come la luce attraverso le fessure di un muro. C’era voluto molto tempo per abbattere quelle difese. e ora il fuoco dentro le sue vene lo stava costringendo a rialzarle, a soffocare le emozioni per non compromettere la sicurezza in se stesso. Ma quando il fuoco fosse scomparso, sarebbe stato in grado di smantellarle di nuovo?
Jace sbatté le palpebre, riscosso dalla voce di lei. il sole invernale era alto in cielo e freddo; gli metteva in risalto le ossa del viso e le ombre sotto gli occhi. le prese la mano, inspirando profondamente. — Hai ragione — disse con quella voce pacata e più seria del solito che riser-
vava soltanto a lei. — Mi aiutano. le lezioni con Jordan, intendo. Mi aiutano e sì, apprezzo il suo impegno.
— lo so. — Clary gli strinse il polso. sentì la sua pelle calda sotto la mano, come se, da quando lui aveva incontrato Gloriosa, avesse raggiunto una temperatura di svariati gradi superiore alla norma. il cuore di Jace continuava a battere al solito ritmo regolare, ma quando lei lo toccava sentiva il sangue nelle vene martellare con l’energia cinetica di un incendio sul punto di scoppiare.
si mise in punta di piedi per dargli un bacio sulla guancia, ma lui si girò e le loro labbra si sfiorarono. da quando quel fuoco aveva iniziato a cantargli nelle vene, non avevano fatto niente di più che baciarsi, e pure quello con prudenza. Anche in quel momento Jace era cauto, la sua bocca scivolava morbida contro quella di lei, la mano le racchiudeva la spalla.
Per un attimo furono corpo a corpo, e Clary sentì pulsare il sangue di lui. Jace si mosse per tirarla più vicino a sé, e fra loro scoccò una scintilla improvvisa, secca, come il crepitio della corrente statica.
Jace interruppe il contatto e arretrò sussultando; prima ancora che Clary potesse dire qualcosa, un coro di applausi beffardi eruppe dalla vicina collinetta. Simon, Isabelle e Alec li stavano prendendo in giro. Jace fece un inchino, mentre Clary si allontanò un po’ timidamente, agganciando i pollici nella cintura dei jeans.
Jace sospirò. — Pensi che dovremmo unirci ai nostri fastidiosi amici guardoni?
— sfortunatamente, è l’unico genere di amici che abbiamo. — Clary gli diede una spallata al braccio, e insieme camminarono verso la roccia. Simon e Isabelle, seduti fianco a fianco, parlavano a bassa voce. Alec era un pochino in disparte, lo sguardo fisso sul cellulare e
un’espressione di intensa concentrazione.
Jace si sedette accanto al suo parabatai. — Ho sentito dire che se fissi quei cosi abbastanza a lungo, prima o poi squillano.
— sta scrivendo un messaggino a Magnus — spiegò Isabelle, lanciando al fratello uno sguardo di disapprovazione.
— Non è vero — rispose lui di scatto.
— e invece sì — disse Jace, sporgendosi per sbirciarlo da sopra una spalla. — e gli hai anche telefonato. Vedo le tue chiamate in uscita.
— È il suo compleanno — spiegò Alec chiudendo di scatto l’apparecchio. in quei giorni sembrava più emaciato, era quasi pelle e ossa nel maglione azzurro liso, con tanto di buchi sui gomiti; anche le labbra erano tutte mordicchiate e screpolate. A Clary dispiaceva moltis-
simo. dopo che Magnus l’aveva lasciato, Alec aveva vissuto la prima settimana immerso in una specie di nebbia fatta di tristezza e incredulità. Nessuno di loro riusciva davvero a capacitarsene. Clary era sempre stata convinta che Magnus amasse Alec, che lo amasse sul serio, ed era evidente che anche Alec aveva creduto la stessa cosa.
— Non voglio lasciargli pensare che non ho… che mi sto dimenticando di lui.
— ti stai struggendo — commentò Jace.
Alec fece spallucce. — senti chi parla. «oh, io la amo.
oh, è mia sorella. oh, perché, perché, perché…»
Jace gli lanciò contro una manciata di foglie secche che lo fece sputacchiare.
Isabelle rideva. — sai benissimo che ha ragione, Jace.
— Dammi il telefono — ordinò lui ad Alec, ignorandola. — su, Alexander.
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