Il rapporto tra editoria tradizionale e self-publishing è in evoluzione ma continua a essere complesso. Perché, secondo te?
Perché gli editori vedono il self-publishing come un problema, come un concorrente che sta facendo soldi che ritengono spettare a loro.
E la cosa ti stupisce?
Ah! No, ma è una prospettiva miope. Vedere il self-publishing come una forza avversaria si ricollega a una questione mai risolta dell'editoria, l'idea che il mercato sia composto da un certo numero di lettori che bisogna conquistare battendo gli avversari sul tempo, anticipandone le mosse, superandoli in successo: se il libro di Tizio vende bene e ha tanti lettori vuol dire che quei lettori sono "già presi" e non leggeranno il mio libro, quindi io ho una perdita. Ma guardandoci intorno dovremmo renderci conto che non funziona così. Se leggiamo un grande libro ci viene voglia di leggerne altri, invece che di metterci davanti alla tv a guardare la partita. C'è una sensazione che accompagna la lettura – se ami leggere sai di cosa sto parlando – un certo modo di star bene, di immergersi in una storia, che non vogliamo lasciare alla fine del libro, ne vogliamo ancora. Fondamentalmente una buona storia ne porta altre, mentre se il libro non è granché quest'urgenza non c'è. Credo che gli editori dovrebbero preoccuparsi meno del formato in cui la gente legge e di più di pubblicare bei libri, se vogliono conquistare lettori.
Parlando di libri, a cosa stai lavorando adesso?
Al momento sono nel mezzo di quattro progetti diversi, sto passando dall'uno all'altro a seconda dell'urgenza del momento. Recentemente sono stato parecchio preso dalla promozione del mio ultimo libro in uscita negli Stati Uniti, ho scritto un libro per bambini, ho consegnato da poco la sceneggiatura di un fumetto di cui stiamo curando l'editing e ho scritto un racconto per un'antologia. Adesso sto lavorando a un romanzo per ragazzi e sto buttando giù la traccia per un libro di saggistica a cui desideravo mettere mano da tempo. L'ultimo paio di mesi è stato frenetico.
Quindi stai passando da un media all'altro e da un genere all'altro. Hai preferenze, come lettore e/o come autore?
No, amo leggere di tutto, e mi piace provare cose diverse anche nel mio lavoro. Se ci pensi non ci definiamo lettori di un genere preciso piuttosto che di un altro, quindi non capisco perché si senta la necessità di appiccicare etichette agli scrittori, come se non potessero fare altro che continuare a riscrivere lo stesso libro.
Però è pratica comune, in editoria, spingere perché un autore di successo continui nello stesso filone o, se cambia, pubblicare i nuovi lavori sotto un nome d'arte.
Se il libro si allontana troppo dalle caratteristiche concordate possono anche rifiutartelo e chiederti indietro l'anticipo che ti hanno dato, se è per questo. Comunque sì, la creazione di identità diverse per autori multi-genere è una pratica comune. È una cosa che non capisco, sinceramente: non è che i lettori rischino di confondersi, le copertine dei libri parlano da sole, sono lì per questo. Un epic fantasy ha caratteristiche e immagini ben precise. Se poi pubblichi, che so, un delicato racconto di formazione adolescenziale l'aspetto del libro sarà completamente diverso, dovrebbe essere evidente a tutti che si tratta di due prodotti separati e autonomi l'uno dall'altro anche senza cambiare il nome in copertina. Ho lettori che mi hanno scoperto per un certo tipo di storie e che adesso mi scrivono che il lavoro che preferiscono è in tutt'altro genere.
È anche una questione di fiducia nei confronti dei lettori?
Di rispetto, più che altro. Per le loro scelte. Ma non si può pensare che quei lettori – se ce ne sono – che hanno bisogno di essere rassicurati che un autore sia sempre uguale a se stesso condizionino la libertà di uno scrittore di sperimentare.
Per i tuoi lettori italiani, cosa puoi anticiparci su Dust?
[ride] Su Dust poco, perché è appena uscito e voglio che i lettori si formino la loro opinione. Diciamo che è il momento in cui tutti i nodi vengono al pettine, in cui i semi che ho piantato in Wool e che hanno preso forma in Shift arrivano a maturazione. Shift era un cambio di prospettiva rispetto a Wool, pur basandosi sulle stesse premesse, proprio perché – e questo ci riporta al discorso di prima – volevo osare, volevo offrire ai lettori con una storia coerente ma poco classificabile e il più possibile imprevedibile. Dust è il momento della resa dei conti.
Abbiamo pco tempo ma devo farti ma un'ultima domanda: hai fatto scalpore come uno dei primi autori – se non il primo in assoluto – che ha consentito la pubblicazione di fanfiction basate sulle proprie storie. Perché questa scelta?
Perché no? Ne ho lette alcune e sono notevoli, alcuni lettori hanno esplorato il mondo di Wool con soluzioni a cui io non avevo pensato. Piattaforme come Amazon Worlds [la piattaforma digitale su cui sono pubblicate le fanfiction basate sulla saga del Silo, n.d.a.] sono nate proprio come soluzione regolamentata in modo chiaro, per evitare contese legali e problemi di copyright tra l'autore delle storie originali e i fan writers. Per me funziona, ha permesso che ancora più lettori scoprissero le mie storie avvicinandosi prima alle fanfiction e arrivando agli originali in un secondo momento. Capisco benissimo che altri scrittori preferiscano una scelta diversa, ma personalmente credo che il rapporto con i fan dovrebbe essere più diretto e più aperto di quello a cui siamo abituati.
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