Ciao Dario, sono lieta di intervistarti e di condividere con il pubblico le curiosità, i segreti e le insidie del tuo universo: “Mondo9”.
Inutile ribadire che le tue storie incollano i lettori fino all’ultima riga del libro, anzi, di tutti i tuoi libri.
Oltre le tue indiscusse abilità di scrittore, qual è il piccolo segreto del tuo successo? Se c’è.
Nessun segreto, nessun ingrediente nascosto. Direi solo un modo molto trasparente di approcciare la scrittura, cercando con una buona dose di autodisciplina di plasmare i suoi ritmi al mio lavoro di tutti i giorni (quello di giornalista) e alla mia vita privata. Non posso “praticare” con l’assiduità che vorrei e quindi butto l’anima in lunghe e intense full immersion durante i week-end. Per certi versi procedo come al cospetto di un videogioco, e in ogni seduta di scrittura cerco di portare a casa più “punti vita possibile” e di arrivare alla soglia di un nuovo livello. Tutto sommato penso che i miei lettori apprezzino questo modo di procedere, il taglio sincopato delle mie storie…
Il tuo genere di fantascienza.
Non amo le etichette e per quanto posso me ne tengo lontano. Alcune me le sento addosso più strette e scomode di altre, e nel complesso cerco di smentirle scrivendo sempre storie borderline.
La tua opera rappresenta un esempio di come il confine tra generi sia labile. Fantascienza, steampunk, fantasy, horror e forse un po' di thriller che si fondono in un concetto nuovo. Qual è il percorso che ha portato a questa fusione?
“Fusione”, giusto. “Ibridazione”, “contaminazione”, “crossover”. Lo dico sempre, non mi sento accasato in nessun genere puro. Ma i miei cocktail non sono mai studiati a tavolino, sono piuttosto derive, la naturale piega che prende la storia quando in qualche modo lasci che sia lei a farsi raccontare. Ho un’“autonomia visiva” molto corta quando scrivo: non faccio mai scalette ed è come se guardassi cosa succede al plot e ai personaggi standomene dietro un parabrezza bagnato, in una notte di tregenda. Con i tergicristalli che non funzionano. Finisci per prendere su di tutto dalle ruote.
Se dovessi scegliere un personaggio, un’ambientazione di altri scrittori, stranieri o italiani con cui cimentarti, quale sceglieresti?
Bella domanda, non ci ho mai pensato. Vivo la fascinazione per un bel libro altrui con molto trasporto, magari mi piacerebbe averlo scritto io o aver avuto quella particolare idea. Ma poi mi dico che una storia è come uno spazzolino da denti, tu autore non puoi condividerla con un collega; la puoi sentire “tua” come lettore, ma non come scrittore! Ciò non toglie che mi piacerebbe un sacco aver scritto “La strada” di Cormac McCarthy o “Il profumo” di Patrick Süskind; aver partorito l’idea di Deepgate, la città su catene di Alan Campbell, o il personaggio di Guy Montag in “Fahrenheit 451”…
Mondo9 ha avuto un enorme successo, sia in Italia che all’estero. Una storia incredibile, che viaggia attraverso il tempo e lo spazio senza mai risentirne. La protagonista è una nave, la Robredo, una macchina infernale, senziente, che mangia ruggine, carne umana e tanto altro per alimentare i suoi motori. Perché hai scelto una nave come protagonista?
Perché la Robredo è un concentrato di caratteri distintivi umanissimi, è come descrivere un personaggio in carne e ossa: solo con una serie di peculiarità che te la rendono oltremodo versatile anche per dire “altro”. E offre un punto di vista originale di per sé. Credo che molto del successo di “Mondo9” sia da attribuire a lei, al fatto che tenga la scena con molto maggior “carattere” e varietà d’intenti di quanto avrebbe fatto un personaggio umano. Se mi permetti, ritengo di avere ribaltato la prospettiva classica dell’(anti)eroe che si oppone la macchina. Ho imbracciato il cannocchiale e ci ho guardato dentro dalla parte dell’obiettivo, con il risultato che gli uomini sono diventati piccoli piccoli, delle formichine con poca o nessuna voce in capitolo di fronte agli eventi…
E se invece tu fossi un lettore qualsiasi, se ti guardassi dall’esterno, che significato daresti alle navi di Mondo9?
Umanità su ruote anziché su gambe, pneumatici di gomma al posto di scarpe o sandali. Pachidermi dotati d’intelligenza propria, che mangiano carne per tracciare rotte e macinare miglia… Che usano l’olio lubrificante alla stessa stregua del sangue. Che hanno bisogni, aspirazioni, paure! Ti confido che nell’idea originaria le navi avrebbero dovuto essere di legno, con tanto di funghi e anelli di crescita a vista; poi, già dalla prima stesura, hanno prevalso metallo e ruggine.
Quanto di te c’è nella storia?
Tutto! Mi ci sono buttato a pesce. “Mondo9” mi ha coinvolto in maniera totale. Ogni personaggio, ogni nave, ogni granello di sabbia. E quando credevo di aver finito un capitolo, c’era sempre qualcosa da aggiungere o da tagliare. Da migliorare. Ho lavorato con ottimi editor. L’effetto finale è uno specchio lucido che mi riflette in pieno, e riflette soprattutto il tipo di storie con cui mi piace essere intrattenuto sia come autore sia come lettore: idee, sense of wonder, azione, world building. Accelerazioni folli e brusche frenate. Angoli cupi e panorami da vertigine.
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