Ciao Aislinn, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Angelize e Angelize II: come è nato il progetto originario?
L'idea alla base di Angelize è nata quando mi è stato chiesto di scrivere un racconto sugli angeli per l'antologia Stirpe angelica, nel 2010. Non avevo mai trattato questo argomento e non ero sicura di riuscire a trovare lo spunto giusto: volevo qualcosa che fosse lontano dalle declinazioni paranormal romance con gli angeli innamorati, ma anche qualcosa che evitasse la classica Apocalisse da fermare. Così mi sono chiesta che cosa rappresentano davvero gli angeli al giorno d'oggi, e la risposta è stata: i custodi, quelli che le persone pregano per ricevere aiuto e protezione. Da lì, l'idea è arrivata spontanea: e se invece che proteggerla, gli angeli ingannassero la gente? La prima stesura del racconto, In time of need, l'ho scritta di getto, nell'arco di una giornata: angeli di puro spirito, che non possono provare sensazioni fisiche come il gusto, il tatto eccetera, e che provocano il suicidio involontario delle persone per ottenere il diritto a incarnarsi in un corpo umano e godersi finalmente tutto quello che non hanno mai vissuto; le loro vittime sono condannate a prendere il posto dell'angelo che si è incarnato.
Lo spunto mi è piaciuto talmente tanto, così come uno dei personaggi del racconto, Haniel, e la mescolanza di crudeltà e ironia che aveva intriso la storia, che pochi giorni dopo avevo iniziato il romanzo, con in mente l'immagine di questi mezzi angeli, non più uomini ma nemmeno creature del tutto angeliche, che si vendicavano a colpi di spranga di ferro in stile Guerrieri della notte.
Uno degli aspetti più apprezzabili nella tua scrittura è la costruzione dei personaggi. Ci parli di Hesediel, Haniel e Rafael? Come sono nati?
Come siano nati non ne ho la minima idea: sono arrivati e, da bravi «abusivi», come li definisce Luca Tarenzi, si sono accomodati nella mia testa. Sono tutti e tre nati in modo molto naturale, quasi subito con un carattere ben formato, che poi durante la stesura si è arricchito di sfumature. Ho sempre un «dialogo» molto stretto con i miei personaggi, ho bisogno di conoscerli a menadito, di «interpretarli» come un attore che segua il metodo Stanislavskij, quasi, così che possano acquisire vita, personalità complesse, uno stile, e quindi dare la loro impronta alla trama.
Haniel è spuntato nel racconto di cui ti parlavo ed era già allora sarcastico e diretto, anche se per il resto è cambiato parecchio e ha acquisito, naturalmente, molto più background. È un mezzo matto e ha avuto una vita complicata, tra lutti e batoste personali. Quando «è stato suicidato» ed è diventato un mezzo angelo viveva in uno scantinato, un po' di furti un po' di spaccio. All'inizio del romanzo è abituato ad arrangiarsi, a finire in risse, e l'ultima cosa che vorrebbe è affezionarsi a qualcuno.
Rafael è tutto l'opposto: quando è morto e «tornato» stava per laurearsi in Medicina, veniva da una buona famiglia, era il figlio modello che seguiva le orme della carriera paterna e aveva solo il piccolo segreto di essere gay… È abituato a essere il bravo ragazzo della situazione: per farti un esempio, da mezzo angelo non ha più il problema di invecchiare o ingrassare, ma Rafael è il tipo che mangia sano lo stesso perché «è giusto»… mentre Haniel si sta ingozzando di brioche e neanche lo ascolta. Quando ha l'occasione di rifarsi una vita, Rafael è smarrito, perché ha perso famiglia, amici, la direzione che stava seguendo, e l'unica persona a cui può fare riferimento è proprio Haniel, il primo che ha incontrato quando è diventato un mezzo angelo, e in Angelize deve imparare presto a superare la timidezza, tirare fuori le unghie e combattere. Sembra il più indifeso dei personaggi, ma non è una vittima passiva e a modo suo lotterà con gli altri.
Hesediel è nato per terzo, un pochino dopo gli altri. All'inizio doveva essere un punto di vista che fungesse da via di mezzo tra gli altri due, non così teso a fare la cosa «giusta» come Rafael ma nemmeno così matto come Haniel; in realtà il suo ruolo ha preso una piega più complessa di quello che pensavo. Hesediel è sempre stato un solitario, rinchiuso in una vita che stava proseguendo per inerzia, tra un lavoro di cui non gli fregava niente e una fidanzata con cui non ha nulla in comune ma con cui era più comodo stare che stravolgere tutto e andarsene. È abituato al «chi fa da sé fa per tre» e a pensare per se stesso, ma deve imparare a combattere insieme agli altri per sperare di cavarsela. E anche se, come proclama orgogliosamente, «non viene a patti con degli assassini» come gli angeli, in realtà tra i tre protagonisti è anche quello che ha una parte oscura più profonda, in un certo senso.
Pensi di tornare in futuro all’universo narrativo di Angelize, anche solo tramite crossover con altre storie?
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