Mark strinse i pugni. Strangolatore. Tra tutti i nomi proprio quello? Adesso aveva ancora più voglia che Signorina lo facesse a pezzi.
E poi, che cazzo era un Gatto del Cheshire?
– Nell’angolo sinistro – riprese il presentatore, quando finalmente il pubblico si fu calmato. – Al suo primo incontro, Mark il Vagabondo, con il suo Red Shade, Signorina!
I moti di apprezzamento furono timidi, parecchio contenuti rispetto a quelli indirizzati ad Adrian.
Vagabondo? Lo prendevano per il culo?
– Ehi – urlò verso Vito. – Ti avevo detto Il Terminator, brutto rotto in culo! – Vito sorrise e Mark non ebbe altro tempo per protestare.
– Si dia inizio allo scontro! – gridò infatti il presentatore, prima di affrettarsi fuori dalla recinzione.
Con ancora il clangore metallico che rimbombava, i faretti vennero spenti.
Si combatte al buio. Perfetto.
Mark sentì più che vedere la carica del suo avversario. Schivò il gancio, ma non ebbe modo di contrattaccare perché il suo braccio venne bloccato da una forza invisibile. La pressione sull’avambraccio si concentrò in quattro punti e l’aria iniziò a scavargli la carne. Mark provò a divincolarsi, ma la stretta si fece più forte e prima che se ne rendesse conto si trovò strattonato da un lato e dall’altro, fino a essere costretto ad appoggiare un ginocchio a terra.
Dalle voragini aperte sul braccio zampillò uno schizzo di sangue, che prese a colare veloce in rivoli caldi.
Mark provò a rimettersi in piedi, ma la forza invisibile gli venne addosso come una palla di cannone, lo gettò al suolo e gli saltò sopra. La spalla sulla quale era caduto schioccò in un lampo di dolore, e Mark si rigirò.
Il peso passò al torace.
Era come avere un’incudine sul petto. Malgrado il respiro bloccato dal peso che continuava a tenerlo affossato nell’erbaccia ruvida, Mark scalciò e riuscì a strisciare via. Fece in tempo a mandare giù una boccata d’ossigeno prima che la maglietta, e con essa la carne sottostante, si lacerasse in quattro lunghi graffi.
– Signorina! – invocò Mark, prima che il dolore lo facesse gridare.
Proprio come una signorina.
In fin dei conti quell’Uomo aveva ragione a chiamarmi Signorina, si ritrovò a pensare.
Il peso sul petto tornò d’improvviso, come se qualcosa gli fosse balzato addosso. Le costole scricchiolarono, i polmoni non riuscirono più ad allargarsi. Mark aprì la bocca e inspirò, ottenendo soltanto di riempirsi la gola della polvere che lui stesso sollevava.
Mentre il mondo si faceva sempre più sfocato e ovattato, vide Adrian. Era in piedi alla sua sinistra, le braccia conserte e le guance affossate per il sorrisino che gli piegava le labbra.
Perché cazzo ho accettato? fu l’ultimo pensiero lucido di Mark.
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