Lo devo a Brian Lee O’Malley se a quest’edizione di Lucca Comics and Games, e alle ultime tre prima di questa, sono venuto con la mia fidanzata: fu la trasposizione cinematografica del suo Scott Pilgrim che mi diede il pretesto per chiederle di uscire la prima volta, quattro anni fa.
È stato per un debito di riconoscenza, ma anche per conoscere l’autore di quella graphic novel geniale e magari farmi autografare un albo, che mi sono iscritto alla terza sessione di Comics Talk – Cinque buone ragioni per fare fumetti. Insieme a lui sul palco erano l’autrice israeliana Ruth Modan (Exit Wounds, The Property), Cameron Stewart (Batman and Robin, The Other Side, Sin Titulo), Brian Vaughan (Y-L’ultimo uomo sulla Terra, Runaways, Ex Machina) e Masakazu Katsura (Video Girl Ai, Zetman): vi chiedo di perdonare la mia ignoranza, ma confesso che non conoscevo nessuno di loro prima di questo pomeriggio, ed è solo grazie a Wikipedia che ho potuto indicarne le opere principali poche righe più su.
L’organizzazione chiarisce subito che non sarà possibile chiedere autografi. La mia delusione è però compensata da una discussione interessante: le risposte dei cinque autori alle domande del moderatore Matteo Stefanelli non soltanto aprono finestre sul modo di lavorare e sulle esperienze, anche diversissime, di ciascuno, ma complessivamente costituiscono e ispirano una riflessione importante sulla natura dei fumetti e sulle ragioni per cui li amiamo.
Sarebbe noioso per me trascrivere, e per chiunque leggere, l’intero confronto. C’è chi ha cominciato da bambino a disegnare, chi i fumetti li ha conosciuti ben dopo l’adolescenza, chi ha avuto fortuna nell’essere notato e chi ha iniziato con i fumetti dopo aver fallito nel cinema. Qualcuno ancora non è ben certo di potersi considerare un professionista, nonostante vent’anni di lavoro; altri hanno compreso che i fumetti sarebbero stati la loro vita quando si sono decisi ad abbandonare ogni altra fonte di reddito. Ciascuno attraversa e poi supera difficoltà creative nel corso di ogni progetto che intraprende, all’inizio, durante o quando finisce. E ovviamente tutti vivono con gioia il momento del riconoscimento del pubblico, oltre a quello in cui arriva a casa l’assegno dell’editore.
Al di là delle singole esperienze, emerge a poco a poco dal contributo di tutti gli autori presenti la grande forza del fumetto, la ragione della sua longevità come medium e della sua capacità di appassionare milioni di persone. Questa forza è l’infinità potenzialità del mezzo, che lo pone a metà strada tra letteratura e cinema ma lo rende una nuova forma d’arte compiuta: il fumettista può realizzare qualsiasi storia, mostrarla, fare immaginare al lettore perfino ciò che non è stato designato, e senza limitazione di budget.
Guardandosi intorno, Brian Vaughan conclude così il suo intervento: “È surreale trovarsi a parlare in questo posto [l’auditorium San Romano, una ex-chiesa]; ma d’altra parte è anche il luogo più appropriato, perché mi fa ricordare che i fumetti sono la mia religione”. È in buona compagnia: i fedeli oggi a Lucca sono stati centomila.
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