Interessante il tentativo di Gabriele Salvatores di superare gli schemi del genere, confezionando un film, su commissione, che si occupa di supereroi. In ultima istanza il tentativo di costruire un mondo di supereroi di ambientazione italiana. Insomma le basi dei Fantastici 4 de’ noantri. E questo è proprio uno dei limiti del film. Purtroppo in Italia non siamo in grado di produrre dei film seriali che non abbiamo l’odore di fiction in stile San Francesco (tanto per citarne una).
Altro problema non da poco: gli attori. Se mettiamo Fabrizio Bentivoglio a recitare la parte di uno psicologo, che poi diventa cattivo, ma invece è buono (i motivi li lascio sospesi per rispetto a chiunque volesse approfondire l’argomento), la sospensione dell’incredulità crolla miseramente come una maionese impazzita. Re-cita e recita troppo in modo finto, esagerato, macchiettistico, anche perché, poveraccio, il ruolo che gli è stato affidato è solo abbozzato, così come quello di Valeria Golino, a cui hanno fatto un favore date le sue qualità interpretative, che stavolta sorprendono per la rispondenza alla funzione filmica. Infine Christo Jivkov sempre un po’ mummia, ma coerente con il personaggio e Ksenia Rappoport, la cui presenza aggiunge ben poco, sembra impersonare la bellona con la tuta in lattice che in ogni film deve essere presente.
I dialoghi sono spesso banali, scontati, prevedibili come la telefonata a un call center.
A salvare il salvabile i ragazzi, che tutto sommato se la cavano bene, soprattutto se confrontati con i colleghi adulti. Bravo il protagonista: Ludovico Girardello (Michele), speriamo non si bruci in fesserie da commedia italiana odierna; brava anche Noa Zatta (Stella), la fanciulla di cui è innamorato Michele, che diventa la miccia da cui parte la vicenda; bravi i compagni di classe: Riccardo Gasparini (Ivan), il bulletto violento, con una famiglia ai limiti della legalità, Enea Barozzi (Brando), il campione di tennis, il cui padre riversa su di lui un’ambizione frenetica, Filippo Valese (Martino) il genio della matematica, un po’ nerd, un po’ lord, personaggi appena pennellati, ma che lasciano intravedere i classici meccanismi seriali nella possibile futura analisi e conseguente narrazione della nascita del gruppo.
Come sempre nei film di Salvatores la musica gioca un ruolo fondamentale e per fortuna distrae lo spettatore dai momenti di stanca che spesso lo colgono.
Un lato positivo dell’approccio registico è il tentativo di non eccedere negli effetti speciali, probabilmente per contenere i costi. La vicenda è volutamente normale. Sembra che possa accadere a chiunque.
Altra perplessità è la volontà tirata come la coperta di Linus di attraversare i vari mezzi espressivi e di metterli in relazione, la cosiddetta crossmedialità. Non convincono i fumetti che hanno una buona gestione dello spazio, i cui disegni risultano o sciatti e poco curati, oppure banali, come se fossero niente di più di uno storyboard. Attendiamo la seconda, terza, quarta avventura…
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