Jupiter Ascending ha praticamente il racconto della sua trama nel titolo originale. Un po' meno, un po' eccessivo direi, in quello italiano, che attribuisce alla protagonista un ruolo esagerato.
In realtà la storia di Jupiter (Mila Kunis) è quella classica dell'archetipo dell'eroe predestinato, con il suo viaggio di campbelliana memoria.
Jupiter è una immigrata russa che vive a Chicago con la madre e una famiglia allargata. Lavora insieme alle donne della sua famiglia facendo le pulizie e sogna, come tutti, un diverso futuro.
Il futuro le piomberà letteralmente addosso, quando verrà salvata per la prima di tante volte da Caine, un ex militare spaziale con l'incarico di proteggerla.
A Jupiter si aprono le porte di una diversa visione della nostra realtà, nella quale la Terra è l'ignaro teatro di uno scontro di dimensioni cosmiche tra fazioni potentissime. Ma il nostro pianeta è solo il punto di partenza di un'avventura che porterà la ragazza per pianeti sconosciuti, bellissimi quanto pericolosi, inseguita da fazioni in lotta, al centro di un intrigo.
Un viaggio che la porterà dentro inseguimenti, scontri spaziali, sparatorie, cataclismatiche esplosioni, ma anche a confronti verbali con avversari subdoli. Un viaggio in cui personaggi amici si riveleranno nemici e viceversa. Ovviamente non potrà mancare la scoperta dell'Amore con la A maiuscola.
Tutte vicende che la porteranno presto a sapere quale sia il suo reale posto in questo complesso mosaico.
Jupiter Ascending è una Space Opera avventurosa allo stato puro, con tanta immaginazione visiva, tanti cliffhanger che vogliono divertire lo spettatore.
La messa in scena è il punto di forza del film, grandiosa, eccessiva in tanti punti, ridondante.
Scenografie, costumi, effetti speciali. Siamo come sempre con i Wachowski allo stato dell'arte. Sono creazioni visive che attingono a piene mani a tanto immaginario noto e meno noto della fantascienza e della Sci-Fi. Uno spettatore esperto in materia le può cogliere come citazioni, non come plagi.
La varietà e la quantità di ambientazioni, armi, creature, costumi è superiore alle necessità di una storia di due ore. Sommerge lo spettatore con tali e tanti stimoli visivi che durante la visione viene distratto dalla mancanze della sceneggiatura.
La sceneggiatura infatti, a un successivo esame a freddo, si rivela per nulla perfetta. Tante parti sono accennate, sorvolate e appaiono decisamente contraddittorie.
Se da una parte alcuni passaggi sembrano delle effettive forzature narrative, altri appaiono come accenni sviluppabili in episodi successivi di una saga a più ampio respiro. È un limite perché rendono il film non autosufficiente, alla stregua della puntata pilota di una serie televisiva, sia pur realizzata con mezzi e tecniche cinematografiche.
Se narrativamente il film taglia e glissa su parti sviluppabili, il ritmo a volte si perde per la durata eccessiva di alcune sequenze d'azione. La mezz'ora che il film avrebbe guadagnato tagliandone la durata, avrebbe forse dato spazio a un maggiore spessore dei personaggi.
Seppur non manchino momenti ironici, Jupiter Ascending comunque si prende molto più sul serio di altre space opera recenti, come Guardiani della Galassia. Non dico che sia un bene o un male, solo un tratto distintivo dell'approccio dei fratelli Andy Wachowski e Lana Wachowski alla materia, che si evidenzia in modo chiaro in quel pizzico di morale che tentano di inserire in una vicenda che potrebbe anche non averla.
Due temi emergono: da un lato il ruolo della Terra come serbatoio di materie prime da sfruttare, e tra queste materie prime ci siamo anche noi (il come non ve lo posso dire), metafora semplificata del capitalismo portato alla scala cosmica; dall'altro il ruolo attivo di Jupiter nelle sue vicende personali: la considerazione che se una parte del nostro destino è nel nostro codice genetico, dall'altra parte è l'ambiente che ci rende molta parte di quello che siamo, anzi è proprio la componente ambientale alla fine a essere determinante.
Jupiter Ascending va visto fatta la tara di messaggi e altre pretese, come una festa per gli occhi. Quasi una ricreazione se si pensa alla complessità tematica e registica di Cloud Atlas.
Un film minore nella cinematografia di due registi che hanno dato un contributo enorme al progresso della tecnica cinematografica ma che, lasciati soli alla sceneggiatura, non riescono a dare alla capacità visiva allo stato dell'arte un adeguato supporto.
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