Hilda “Thorn” Bathu ha sedici anni e sa cosa vuole fare “da grande”: diventare una guerriera come i suoi coetanei maschi, per combattere i nemici e razziare le loro terre durante le spedizioni che Uthil, re del Gettland, lancia contro il confinante Vasterland. E soprattutto vendicare suo padre. Ma nel mondo di Thorn - il Mare Infranto, molto simile a quello dei Vichinghi dell’VIII secolo - è quasi impossibile per una donna essere equiparata a un uomo in campo militare. Sposarsi, avere figli, o magari saper maneggiare un’arma in caso di attacco è il ruolo concesso, non altro.
Thorn resiste al disprezzo dei compagni che si allenano con lei nel quadrato ma non può vincere contro la granitica ostilità del maestro d’armi: diventa brava, forse la migliore, ma il suo desiderio non è destinato ad avverarsi nel modo in cui immagina.
Dovrà attraversare mezzo mondo con Padre Yarvi, ora Ministrante del re, Brand, un giovane guerriero che detesta uccidere e altri compagni che riserveranno diverse sorprese.
Mezzo Mondo è il secondo capitolo della Trilogia del Mare Infranto, prima esperienza per Joe Abercrombie nello Young Adult. Il tema è quello classico del romanzo di formazione, sviluppato anche ne Il mezzo re: ragazzi che devono crescere e maturare alla svelta perché il mondo in cui vivono non ha pietà per i loro punti deboli.
Se Il mezzo re vedeva l’emarginazione di un giovane dalla mano storpia in un contesto guerriero dove la cosa più importante per un maschio – per di più di sangue reale – è saper usare la spada, Mezzo Mondo ci racconta un altro tipo di discriminazione: quello verso il genere femminile che, anche qui, deve saper stare al suo posto. L’evoluzione e la “crescita” di Thorn si sviluppano attraverso un abile gioco di diversità contrapposte: rispetto al singolare pantheon ideato da Abercrombie per questa ambientazione, Thorn è Madre Guerra mentre il co-protagonista maschile, Brand, rappresenta Padre Pace. Lei è forte, senza scrupoli, nata per uccidere. Lui è pieno di dubbi su quanto sia giusto risolvere ogni cosa con sangue e violenza: un ottimo guerriero che odia combattere.
Il legame fra Thorn e Brand fa parte del loro “coming on age”: è difficile parlare di crescita negli adolescenti senza includere una storia d’amore, sebbene questo costituisca forse il lato più debole del romanzo. Tra i due c’è Padre Yarvi. Divenuto l’uomo più potente del regno per le sue capacità di abile manipolatore, non ha dimenticato il giuramento di quando era un giovane re tradito e senza trono: vendicarsi del Grande Re e di Madre Wexen, colpevoli di aver smembrato nel sangue la sua famiglia.
Ciò che Abercrombie ci racconta non è la classica contrapposizione fantasy Bene verso Male: attraverso i personaggi sulla scacchiera – Re e Regine ma anche semplici pedine – ci dice quanto ogni conflitto, per quanto esasperato o mascherato da contesa religiosa, abbia come causa prima il denaro. La guerra che minaccia il Gettland non è provocata da un Signore Oscuro ma da una supremazia commerciale che non può essere accettata. Per questo il Gettland,e l’abile Regina Laithlin, devono essere distrutti.
Mezzo Mondo – come Il Mezzo Re – ha i colori lividi delle saghe nordiche. Racconta violenza e guerra, tradimento e sopraffazione, l’importanza di “avere un nome” che i bardi cantino nelle loro ballate, ma anche la capacità di fare la cosa giusta e combattere per vederla realizzata.
Tuttavia, pensare che si tratti di un fantasy storico forse sarebbe un errore: l’elemento magico presentato ha alcune particolarità, o forse indizi, che fanno pensare a qualcosa di diverso. Chi sono questi fantomatici elfi che hanno provocato lo Spezzarsi di Dio? Ciò che resta di loro sono rovine incomprensibili dove spesso ci si ammala, ornamenti preziosissimi che ricordano oggetti moderni del nostro mondo – bracciali in metallo e vetro – e artefatti “magici” in metallo che provocano la morte a distanza con uno scoppio fragoroso. Come fossero fucili. La sensazione quindi è che l’autore racconti in realtà un lontano futuro, dopo una catastrofe (post-nucleare?), nel quale la razza umana ha dovuto ricominciare da zero il proprio percorso.
Del resto, questo trasformare in magia ciò che per noi è “scienza” non è una novità nei romanzi di Abercrombie: lo abbiamo già trovato nella Trilogia della Prima Legge.
Un’ultima osservazione riguarda la traduzione: è un piacere leggere finalmente un testo fantasy tradotto in italiano capace di trasmettere in pieno l’espressività del romanzo, conservare le sfumature di trama con chiarezza e mantenere quella cosa fondamentale spesso lost in transation, ovvero la sospensione d’incredulità.
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