«La paura uccide più della spada» sussurrò a denti stretti, le parole che Syrio Forel le aveva insegnato. E sussurrò anche le altre parole, quelle di Jaqen H’ghar: «Valar morghulis».
Le parole che concludono la citazione sono tratte dal romanzo Tempesta di Spade, di George R.R. Martin, nell'edizione eBook pubblicata da Mondadori come corrispettivo del volume cartaceo che raccoglie in un solo tomo i romanzi Tempesta di spade, Fiumi della guerra e Il portale delle tenebre.
Il capitolo riguarda Arya Stark e non sto a soffermarmi sulla trama e sul momento in cui vengono pronunciate, perché non è oggetto di questo articolo.
È invece mio interesse discutere del loro significato. Nello stesso romanzo più avanti viene spiegato infatti che "Valar morghulis" è una frase che nell'universo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è in linguaggio alto valyriano e significa: "tutti gli uomini devono morire".
In effetti chi ha sperimentato anche solo la visione televisiva ha potuto rendersi conto della moria di personaggi illustri sin dalla prima stagione. L'elenco è lungo e non lo ripeto perché neanche questo è l'oggetto principale delle mie riflessioni.
Il concetto molto semplice è che nessuno dei personaggi è al sicuro con Martin, nei romanzi e ovviamente nella versione televisiva.
Un livello di insicurezza mai raggiunto prima, a mia memoria, non solo da altre saghe fantasy, ma anche da altri mondi immaginari.
Il mondo Marvel in particolare ha sempre avuto un approccio peculiare alla morte dei personaggi principali.
Abbiamo visto morire comprimari importanti. La morte dello zio Ben è il fulcro degli eventi che porteranno il giovane Peter Parker a diventare il supereroe Spider-Man. La morte di Gwen Stacy, la fidanzata di Peter, è un altro evento di portata drammatica nella saga ragnesca (Amazing Spider-Man 121, 1973 – UR Corno 133, 1975 in Italia). Una tragedia che segnerà Peter per sempre.
Ma, alla Marvel, quando a morire è un personaggio principale, non sempre la morte è uno stato definitivo. Da Jean Grey degli X-Men a Capitan America, senza dimenticare Johnny Storm e Capitan Marvel, di morti e resurrezioni è piena la storia Marvel. C'è da dire che almeno in un caso un morto è rimasto tale: si tratta del mutante Thunderbird, sacrificato da Chris Claremont agli inizi della sua gestione degli X-Men (Giant-Size X-Men n. 1, 1975 – in Italia Cap Corno 144, 1977).
Nonostante queste apparenti differenze, però abbiamo già detto che a una recente Comic-Con Martin ha ricordato che probabilmente la sua propensione a uccidere i personaggi è nata a causa degli Avengers Marvel. L'autore era già un fan del fumetto quando è stato introdotto Simon Williams, alias Wonder Man, entrato tra i Vendicatori come infiltrato del Barone Zemo, con l’intenzione di tradirli ma incapace di farlo al momento decisivo, colpito sia dall'eroismo e la lealtà dei suoi avversari, sia dalla sua inaspettata nobiltà d'animo. Wonder Man era morto eroicamente nello stesso numero del fumetto in cui era apparso per la prima volta (Avengers n. 9, 1964 – in Italia Il Mitico Thor 16 del 1971, ma poi è risorto), e il giovane George aveva scoperto da un lato di essere attratto dai personaggi sfumati, non del tutto buoni e non del tutto malvagi, e dall'altro di aver compreso quanto drammatico possa essere l'impatto emotivo sul lettore dell’uccisione di un personaggio molto amato.
Nel suo caso però le morti rimangono tali, come quel sacrificio compiuto da Claremont nella sua squadra di mutanti appena formata.
E nel Marvel Cinematic Universe? Se si osserva la prima fase cinematografica, a morire sono soprattutto avversari: Obadiah Stane nel primo Iron Man, Ivan Vanko nel secondo, il Teschio Rosso in Capitan America: il primo vendicatore. Altri avversari rimangono gravemente feriti o dati per dispersi: Emil Blonsky in L'Incredibile Hulk, Loki in Thor. Ai comprimari va decisamente meglio: nessuno dei personaggi di contorno, pur essendo in grave pericolo, alla fine ci lascia la pelle, con l'apparente eccezione di Bucky Barnes in Capitan America: il primo vendicatore.
Le cose sembrano cambiare in The Avengers, quando l'agente dello S.H.I.E.L.D. Phil Coulson perisce trafitto dallo Scettro Chitauri brandito da Loki. E muore, veramente. Apprenderemo dopo, nella serie TV Agents of S.H.I.E.L.D. che il personaggio era morto ma, in puro stile Marvel, è stato possibile resuscitarlo e dargli addirittura una serie da protagonista.
Se il fan Marvel aspettava la resurrezione come possibile, i milioni di spettatori che hanno visto morire Phil Coulson sul grande schermo, poco avvezzi ai meccanismi dei fumetti, hanno ricevuto un forte impatto emozionale, simile a quello di chi ha visto in TV personaggi amati morire sin dalla prima stagione di Il Trono di Spade senza aver mai letto i romanzi.
Il prosieguo del Marvel Cinematic Universe ha visto andare avanti la tendenza, sia nella già citata Agents of S.H.I.E.L.D. nella quale qualche "buono" ci lascerà la pelle per sempre, nella lotta contro l'HYDRA e non solo. Sviluppi recenti hanno messo in pericolo personaggi ritenuti "al sicuro".
Apice di questa tendenza alla morte irrevocabile sembrano due decessi "eccellenti" nelle più recenti produzioni Marvel.
Se alla prima, avvenuta in Avengers: Age of Ultron, come marvel fan credo poco (l'espediente usato con Coulson potrebbe funzionare anche in questo caso), la seconda, avvenuta nel serial Marvel/Netflix Daredevil, sembra proprio irrimediabile.
I nomi non li faccio, perché il film sugli Avengers è ancora nelle sale e Daredevil non è ancora uscita in Italia, pertanto non vorrei che google vi facesse un grosso spoiler.
Nel primo caso già un paio di anni fa trapelò l'indiscrezione sulla morte di un Avenger, mentre del tutto inaspettata è la morte del comprimario di Daredevil. In entrambi i casi si tratta di personaggi dalla lunga storia editoriale nei fumetti. In realtà in Avengers: Age of Ultron ci sarebbe almeno un'altra morte, un po' sbrigativa, di un personaggio storico, ma si aggiunge alla lunga lista dei cattivi sacrificati al cinema. Non è un grosso colpo di scena.
Se alla prima morte non c'è ancora una motivazione ufficiale, il che fa anche pensare che non sarà definitiva, nel secondo caso una spiegazione ufficiale c'è, fornita dallo stesso showrunner della serie Steven DeKnight che in una recente intervista ha spiegato che la decisione in tal senso era stata presa prima del suo ingaggio, perché alla Marvel hanno voluto trasmettere proprio un senso di insicurezza e pericolo su tutti i personaggi.
C'è anche da marcare una profonda differenza sulle due morti. Nel Marvel Universe, quando parliamo di supereroi dotati di grandi poteri c'è la possibilità che siano questi stessi a salvarli, anche se non è detto. Nel caso di normali esseri umani, uccisi da una pistola, una caduta, o decapitati, in un contesto realistico come quello urbano di Daredevil una volta seppelliti è difficile escogitare una resurrezione che non violi la sospensione dell'incredulità.
Ma quello che stupisce è che muoiano personaggi storici, conosciuti dal pubblico dei fan e sui quali vengono puntati i riflettori narrativi anche nella versione cinematografica.
In sintesi, anche per la Marvel sembra valere, nell'universo cinematografico, la massima "Valar Morghulis". Nessuno può sentirsi più al sicuro ora.
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