Classe 1977, statunitense originario del Montana ma residente nell'Oregon, Brent Weeks è conosciuto dai lettori italiani per la sua trilogia d'esordio L'Angelo della Notte (The Night Angel Trilogy) composta dai romanzi La Via delle Tenebre, Il Tempo delle Tenebre e Oltre le Tenebre, tutti originariamente pubblicati da Orbit nel 2008, tradotti in italiano da Newton Compton tra il 2010 e il 2012 e recentemente riproposti, in un unico volume, dallo stesso editore.
The Black Prism (Il Prisma Nero) rappresenta invece l'atto iniziale della seconda opera di ampio respiro di Weeks, The Lightbringer Series (Il Portatore di Luce), finora costituita, in lingua originale, di tre dei quattro romanzi complessivamente previsti: oltre al primo volume, pubblicato nel 2010 e finalista al David Gemmel Legend Award 2011, sono infatti stati pubblicati per il mercato anglofono The Blinding Knife (2012), che è riuscito ad aggiudicarsi lo stesso premio nel 2013, e The Broken Eye (2014). È infine atteso per il 2016 il libro conclusivo della tetralogia, The Blood Mirror.
Come suggerisce il sottotitolo, Il Prisma Nero – Prima Parte è la traduzione, a cura di Benedetta Tavani, della prima metà di The Black Prism, mentre la pubblicazione in lingua italiana della parte conclusiva dovrebbe giungere tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno di quest'anno, sempre per i tipi di Gargoyle.
La critica d'oltreoceano ha speso parole molto positive sull'opera di Weeks, lodando in particolare il sistema magico creato dall'autore statunitense per le Sette Satrapie, l'ambientazione in cui si svolge la saga. Si tratta di una confederazione di regioni (ognuna con la propria etnia, cultura ed assetto economico) che si trova (o che dovrebbe essere) sottoposta all'autorità centrale di quella che a tutti gli effetti è una magocrazia, la Cromeria.
Ogni aspetto del mondo creato da Weeks è infatti condizionato dalla cromaturgia, la capacità di alcuni individui di plasmare uno o più colori presenti nell'ambiente circostante, assorbendone le proprietà nel proprio corpo e poi incanalandoli in forme solide (luxin) o effetti fisici differenti in base alle caratteristiche di ognuno. Essendo ciascun colore legato allo spettro visibile della luce, ne risulta quindi che il potere di ogni cromatico è legato a quest'ultima. Il principio di funzionamento del sistema magico creato da Weeks si può in sostanza enucleare da un passo del romanzo: la magia nasce dall'energia e si manifesta in modo fisico, contrariamente a quanto avviene per la seconda, che si genera da un qualcosa di materiale non lasciando alcun residuo tangibile dell'avvenuto processo (pag. 56).
Non solo gli aspetti politici e religiosi delle Sette Satrapie ma tutta la vicenda, così come i pregressi di quest'ultima, risultano fortemente condizionati dalla cromaturgia. Protagonista principale della storia è Gavin Guile, il Prisma, il plasmatore più potente del mondo perché in grado di incanalare l'intero spettro cromatico. Gavin è il vincitore di una guerra fratricida terminata circa sedici anni prima dell'inizio della vicenda narrata. Per la prima volta nella storia, infatti, la sua generazione ha conosciuto il manifestarsi di due Prismi, lo stesso Gavin e suo fratello Dazen, e il conseguente, lungo e sanguinoso scontro tra i due, ognuno al comando degli eserciti di quelle satrapie che lo appoggiavano nel conflitto.
Ma la carica di Prisma, che equivale a quella di suprema autorità politico-religiosa e di portatore di equilibrio tra gli usufruitori di magia, ha anche una sua limitazione. All'inizio del romanzo rimangono infatti solo cinque anni a disposizione di Gavin perché questi riesca a portare a termine i propri obiettivi. Un proposito, il suo, la cui riuscita risulta difficile a causa dell'instabilità politica del continente e degli intrighi politici orditi dai membri della Cromeria.
La storia è raccontata da Weeks con la tecnica del punto di vista, ormai ampiamente diffusa nel fantasy moderno. Ad alternarsi nella prospettiva di narrazione, almeno in questa prima metà del romanzo originale, sono tre personaggi dei quali uno, Kip, che offre all'autore la possibilità di rivisitare l'archetipo di genere (o cliché, secondo un'altra ottica) del giovane eroe in formazione, inizialmente inconsapevole del destino di grandezza che lo attende e delle proprie vere origini.
Se la Guerra dei Prismi e la degenerazione della psiche e del corpo, che sopraggiunge a un plasmatore in seguito a un uso eccessivo della magia, possono ricordare alcuni aspetti del worldbuilding de La Ruota del Tempo di Robert Jordan, sono il livello tecnologico dell'ambientazione (in cui sono presenti armi da fuoco simili a quelle del nostro XVI secolo) la cromaturgia e soprattutto la figura di Kip a costituire elementi originali che in un certo modo si discostano da alcune consolidate tendenze della narrativa fantasy.
Nelle prime pagine del romanzo, le non comuni origini del ragazzo sono infatti subito rese note al lettore mentre Weeks inizia a tratteggiarlo in maniera che potremmo definire anticonvenzionale, descrivendo la sua eccessivamente robusta costituzione e i tratti somatici anonimi, la scarsa stima che il personaggio ha di se stesso e la tendenza caratteriale a dipendere dal giudizio altrui. Siamo quindi piuttosto lontani dalle convenzioni che definiscono il protagonista di un high fantasy anche se questo, ovviamente, non esime Kip dal dover presto affrontare situazioni almeno apparentemente ben al di sopra delle proprie capacità.
Un approccio così ben codificato e fisico alla magia non può che rendere l'uso della stessa, da parte di personaggi principali e comprimari, di forte impatto dal punto di vista narrativo. I duelli cromatici hanno di conseguenza facile presa sul lettore perché vari (ogni luxin di un determinato colore ha delle proprietà fisiche che lo differenziano dagli altri e che lo rendono quindi adatto a specifici scopi ed effetti), dinamici e dagli esiti imprevedibili.
Non così avvincente, almeno in questa prima parte, è invece lo stile di Weeks, che risulta di molto appesantito da lunghe dissertazioni della voce narrante a proposito degli eventi che hanno preceduto il tempo presente della vicenda (la storia del continente, il background dei personaggi), gli aspetti politici e culturali delle Sette Satrapie (la caratterizzazione delle quali non risulta affatto immersiva, almeno per ora) e, soprattutto, la natura della cromaturgia e le sue regole. A ciò va aggiunto che dopo la prima metà del libro, costruita in crescendo per gettare da subito il lettore in medias res, la trama svolge evidentemente la funzione di preparazione agli sviluppi successivi della seconda metà del volume originale. Inoltre, la chiusura scelta dall'editore italiano per questo primo libro avviene senza un climax che aumenti l'attesa per la seconda parte. Mi chiedo quindi se fosse davvero necessario scindere il testo originale e, in caso affermativo, se operare questa divisione nel modo in cui è stato fatto non risulti controproducente alle vendite del volume.
A questo proposito va spesa una notazione niente affatto positiva per l'edizione italiana di Gargoyle Books. Personalmente, considero la casa editrice frusinate (precedentemente romana) una delle migliori realtà dell'editoria italiana dedicata al fantastico e sono perfettamente cosciente del fatto che, nell'attuale situazione economica, ottenere ricavi soddisfacenti in un mercato librario che purtroppo nel nostro Paese conta un numero di lettori piuttosto esiguo sia molto problematico per un editore medio-piccolo. A tutto ciò vanno aggiunte le spese necessarie per l'acquisizione dei diritti di traduzione, i costi di quest'ultima e il coraggio e la capacità di scommettere su nuove proposte.
Ma il rapporto tra la qualità e il prezzo di questa pubblicazione ha dell'inspiegabile. Si può forse chiudere un occhio sulla scelta di pubblicare metà del romanzo originale. Altri editori, seppur dotati di risorse ben maggiori di quelle a disposizione di Gargoyle, fanno altrettanto (Mondadori con le opere di George R.R. Martin, in primis). Ma qui si tratta di un volume di duecentocinquantacinque pagine, in brossura, a un prezzo di diciannove euro e novanta centesimi. Un rapporto tra prezzo e qualità dell'edizione che pende decisamente a vantaggio del primo.
Sono convinto che sarebbe il caso, per le case editrici nostrane, di puntare sulla promozione dei loro autori di narrativa fantastica, e del genere letterario in questione, piuttosto che esigere denaro dai pochi appassionati. Lavorare sul piano culturale, tentando di scardinare o quantomeno di incrinare il preconcetto che domina nel nostro Paese secondo il quale 'il fantasy è letteratura di Serie B' e tentare quindi di allargare la fetta di mercato, sarebbe scelta più saggia e forse, sul lungo termine, più proficua per tutti.
In definitiva, il giudizio che sento di dare a questa prima parte de Il Prisma Nero è quello di una piena sufficienza. Mi riservo, tuttavia, la facoltà di confermare o modificare il mio parere dopo aver completato la lettura della seconda metà del romanzo, una volta che quest'ultima verrà pubblicata.
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