Ray Gaines, pilota di elicottero della squadra di soccorso dei pompieri di Los Angeles, insieme alla sua squadra di supporto, tutti ex soldati, è il migliore nel suo lavoro. Nella vita privata però le cose non procedono altrettanto bene visto che suo malgrado sta per firmare le carte per il divorzio dalla moglie Emma, che ama ancora anche se lei ha un nuovo compagno. Mentre si prepara a fare un viaggio con la figlia Blake viene chiamato con urgenza dal quartier generale a causa di un devastante terremoto che ha colpito il Nevada. Questo però è solo l’inizio dell’incubo e Ray farà di tutto per salvare la propria famiglia mentre Los Angeles e San Francisco crollano a causa del sisma più devastante della storia.
San Andreas è al cinquanta per cento un film catastrofico e per un altro cinquanta per cento un film di The Rock, al secolo Dwayne Johnson. Per ciò che riguarda l’appartenenza più che dichiarata ai disaster movie, il regista Brad Peyton, qui al suo terzo film, se la cava più che egregiamente nelle scene di devastazione. Già a partire dalla prima sequenza, quando la macchina con la ragazza precipita nel burrone, s’intuisce che in San Andrea le forze della natura talloneranno i protagonisti fino all’ultima inquadratura. Senza alcuna paura di perdersi nell’assurdità, vedi scena sul tetto con Carla Cugino, è tutto un susseguirsi di elicotteri che precipitano, grattacieli che si frantumano, tsunami, ponti che crollano e così via, dove la macchina da presa mostra cosa accade nel cuore del ciclone. Ogni spunto drammatico è tenuto ben a distanza, ma qualcosa traspare come i due vecchietti che si abbraccino prima dell’arrivo dell’onda gigante, con una malinconia per l’ineluttabilità in stile Titanic.
Ma San Andreas è in egual parte anche un film di The Rock per la semplice ragione che, senza di lui come protagonista, l’insensatezza involontariamente parodistica della sceneggiatura, avrebbe avuto la meglio su quello che tutto sommato è un film che per gli estimatori del genere, vale il prezzo del biglietto. Non se la prendano i vari John Cusack (2012) o Brad Pitt (World War Z) ma ogni genere ha bisogno della sua faccia, e non è detto che quelle che consideriamo pellicole commerciali siano più semplici da gestire. Come ci ha dimostrato perfettamente Robert Rodriguez con il ciclo di Machete, sono film in cui il physique du rôle è d’obbligo, specie se, ed è questo il caso, si ha a che fare con dialoghi così assurdi da essere comici. Se quella tal battuta fosse pronunciata da una qualsiasi, se pure acclamata, star hollywoodiana provocherebbe scherno, mentre, uscita dalla bocca di The Rock suscita addirittura applausi. Un film consigliato a chi ama genere e attore, tutti gli altri se ne tengano alla larga.
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