Predestination, scritto e diretto da Peter & Michael Spierig e prodotto dallo stesso protagonista, Ethan Hawke, non è un film fantastico, ma oserei dire sublime: qui meraviglia e terrore, positività e negatività si intrecciano in un esplosivo mix, che rapisce lo spettatore e non lo molla fino ai titoli di coda.
La trama è semplice, ma solo su carta: un agente è all'ultima missione e il solo scopo è trovare un criminale, quello che gli sfugge da troppo tempo, e che va catturato perché artefice di troppo male e dolore.
Per farlo passerà per una bettola in cui la puzza di sigari e le pareti di legno scuro, gli sgabelli pesanti e i bicchieri di liquori ambrati diventano lo scrigno soffuso dei racconti della Madre Nubile, che aiuterà il Barista a ritrovare i fili di una strana e a tratti assurda trama psicologica…
Predestination è un film riuscito come pochi e a ridotto budget (a dimostrazione che non servano grandi soldi per fare un buon cinema), per la propria complessità, i propri personaggi che, con poco, riescono a impadronirsi della nostra attenzione, per i dialoghi serrati che corrono lungo tutto il film, per la facilità sconvolgente con cui nonostante a tratti ci sembri di perdere il filo, in realtà tutto poi si incastri al posto giusto.
Certamente è merito di un apparato tecnico (scenografia, fotografia e soundtrack) all'altezza, ma soprattutto di un cast come non sempre se ne trovano: non c’è la bellona di turno ma un’attrice dal talento sconvolgente e dotata di una rara capacità, quella di affascinarti, nel senso potteriano del termine, come Sarah Snook. C’è Noah Taylor, l’artista emblematico delle pellicole in cui i registi giocano con i viaggi spazio-tempo. Addirittura gli Spierig inventano un personaggio apposta per lui: e senza grossi sforzi entra in scena, si fa notare, lo si vuole lì, quasi si pende dalle sue labbra, e poi c’è un attore, Ethan Hawke, un signor attore, forse poco blasonato, ma che dopo tanti anni ha fatto del suo essere un bello e dannato degli anni ’90 qualcosa di più. Che sia solo o con un compagno sulla scena, ci rende partecipi del sentire e della missione del proprio personaggio, il Barista, e ci fidelizza fino a un epilogo che anche molto dopo continuerà a farci riflettere.
È un film che tra le righe urla voglia di libertà, bisogno di essere sereni e desiderosi di scegliere il proprio destino, padroni di nessuno, se non di se stessi.
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