Tre Editori ripropone nel centesimo anniversario dalla prima pubblicazione in volume, una nuova traduzione ed edizione di Il Golem di Gustav Meyrink.
A corredo di questa edizione c'è molto materiale: le illustrazioni originali di Hugo Steiner-Prag, amico di Meyrink, le note a margine a cura della traduttrice e curatrice del volume Anna M. Baiocco; una introduzione della stessa Baiocco che contestualizza il romanzo, introduce l'autore, la sua opera e il suo tempo, come è giusto fare per una riproposta di uno scritto del 1915; un articolo su intervista rilasciata da Meyrink nel 1931; una lettera di Hugo Steiner-Prag, sempre del 1931; una biografia di Meyrink e l'indice delle illustrazioni.
Insomma non solo un romanzo, da godere e da fruire in quanto tale, ma del materiale che punti a dare completezza all'esperienza.
Il mio consiglio è di affrontare il romanzo senza gli eventuali preconcetti che potreste farvi leggendo prima il materiale critico. Non contesto l'intento della curatrice, che mira a dimostrare che il romanzo ha diverse chiavi di lettura e che può essere visto anche come un compendio di diverse discipline esoteriche, pieno di simbolismi che potrebbero sfuggire a un lettore (come il sottoscritto) non competente di tali materie.
Sono però convinto che una prima fase della lettura debba prescindere da visioni che, pur se documentate, rimangono in realtà soggettive, legate all'esperienza alle competenze specifiche del critico.
In tal senso anche alcune note a margine, tendenti a spiegare il significato simbolico di alcuni passaggi, andrebbero secondo me evitate in prima battuta.
Visto come lettore puro, Il Golem è una esperienza estraniante, ancora piena di fascino per l'appassionato di quello che ora cataloghiamo come weird, del quale Meyrink è un riconosciuto precursore, citato a esempio da Howard Philips Lovecraft.
La Praga di Meyrink è un luogo moderno, ma trasudante antichi e ancora persitenti miti, ancora persistenti tanto quanto quelli degli ancora successivi Jean Ray o Fritz Leiber. Ma come non trovare in Meyrink anche il seme di quanto Franz Kafka ha espresso più o meno negli stessi anni?
In questo senso posso, alla luce della mia esperienza personale, collocare l'opera di Meyrink. Un romanzo che, pubblicato per la prima volta a puntate su una rivista fra il 1913 e il 1914 e poi in volume nel 1915 ha ancora tantissimo da suggestionare ai giorni nostri, facente parte di un percorso esplorativo ancora in corso.
Perché le inquietudini che evoca, i conflitti interiori ed esteriori che vivono i suoi protagonisti sono ancora lì.
Cambiano i simboli, il maestoso Golem, precursore anch'esso di uomini meccanici, androdi e terminator, come spiegato nella prefazione, è ancora capace di incutere timore.
E il suo rapporto dualistico con la vita e la morte, simboleggiato dal semplice fatto che basta cancellare una lettera dalla sua fronte per trasformare la creta modellata in polvere, ci ricorda un rapporto con la fine della vita che forse ora si è perduto.
Si temeva la morte un tempo, ma la si accettava come passaggio di stato. Ora le temiamo di più perché, come uomini moderni, non accettiamo che tra le tante sfide che pensiamo di avere vinto, non siamo neanche di un soffio più vicini alla sconfitta della morte.
Un romanzo complesso, al di là di una trama che, partendo da uno scambio di cappelli, ci introduce in un mondo di rapporti umani, di interazioni molto fitte, di cadute in disgrazia e di risalite dall'abisso.
Un romanzo da leggere.
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