Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge. Fantastic 4 – I Fantastici Quattro non è quel disastro che molti hanno proclamato, pur avendo molti punti che suscitano perplessità.
Siamo in un momento in cui il filone supereroistico sta cominciando a dare segni di saturazione del mercato, per cui che qualche produzione anche personaggi di una certa rilevanza potesse non centrare il risultato pieno era da mettere in conto.
Fantastic 4 – I fantastici quattro non è però un film coerente. Ma quella che manca non è la coerenza con la creazione di Stan Lee e Jack Kirby. La via seguita dalla Fox di ispirarsi alla versione Ultimate ideata da Brian Michael Bendis, con una versione teen-ager del quartetto, poteva anche avere un senso, se si fosse mantenuto il timone in quella direzione.
Reed Richards (Miles Teller), Susan Storm (Kate Mara), Johnny Storm (Michael B. Jordan) e Ben Grimm (Jamie Bell) sono in questa caratterizzazione degli adolescenti solo perché vengono puntellate delle precise date, per inserire il film nel suo contesto, ma in realtà non si comportano da tali, fatta eccezione per i primi cinque minuti che introducono Johnny Storm. Si potrà dire che essendo tutti, e dico tutti, dei ragazzi con un quoziente intellettivo elevato, potrebbero essere più maturi della loro età, ed è l'unica spiegazione che riesco a darmi, a denti stretti.
Quello tra i personaggi è la tensione causata dal conflitto d'intenzioni. Un conflitto che ci sarebbe pure, perché è evidente che ogni personaggio del quartetto, così come Victor Von Doom (Toby Kebbell), il dr. Franklyn Storm (Reg E. Cathey) e il viscido agente del governo Harvey Allen (Tim Blake Nelson) ha potenzialmente una sua direzione. Ma qui si giudica il risultato, non il potenziale.
Quanto alle botte da orbi che gli appassionati vogliono vedere, non se ne parla per almeno una cinquantina sui primi cento minuti del film, in un arco che idealmente comincia con l'amicizia tra Reed e Ben alla scuola media e termina con la testata con cui La Cosa stordisce il Mr. Fantastic in pectore.
A parte Reed non c'è poi un personaggio realmente approfondito. È un peccato perché Sue, Ben e Johnny in questa caratterizzazione non sembrano degli imbecilli, solo che stentiamo a comprenderli veramente per come sono poco definiti. Elementi da sviluppare nei seguiti?
Una caduta di stile è la presentazione di Johnny, un'autentica festa dello stereotipo.
C'è Von Doom nel film? C'è un personaggio con il suo nome, le differenze con il fumetto non mi interessano, pazienza mi metto l'anima in pace, ma questo è l'ennesimo tizio incazzato con l'universo mondo, dotato di enorme intelligenza, che appena ha il potere l'unica cosa che riesce a fare è minacciare di distruggere un mondo che potrebbe invece governare. Per quale motivo? Non è dato saperlo. Il personaggio è bidimensionale, appena abbozzato.
Sono d'accordo poi che certi scontri al cinema sono prolissi, ma lo scontro finale con Doom appare vittima di un eccesso di sintesi. Un equilibrio è possibile.
Mai come per altri film o narrazioni. la vera differenza la fa il come le cose vengono fatte. Cinematograficamente il film è scolastico. Con un montaggio cronologico piatto, senza alcun tentativo di usare le potenzialità data dai movimenti di macchina o da oculate scelte d'inquadratura. Quasi come se non ci fosse regia, ma solo il montaggio cronologico di una serie dei migliori giornalieri.
Forse osare, tornando al tavolo di montaggio e prendendo decisioni audaci, avrebbe potuto giovare un po'. Ci sono anche in questo caso delle potenzialità esprimibili.
Visivamente, a parte l'efficace rappresentazione dei superpoteri, il film rende l'idea di essere realizzato al risparmio, con il pianeta nella zona negativa oculatamente roccioso e per lo più buio, tanto buio, con scenografie delle altre ambientazioni nella media di una produzione televisiva mainstream a buon budget, ma inadatte a riempire uno schermo cinematografico.
L'unica scena che si distingue dalla generale piattezza è quella del ritorno dal Pianeta Zero, con la prima manifestazione dei poteri del quartetto.
Non so quale fosse il montaggio che Josh Trank volesse distribuire realmente, arrivando quasi a disconoscere Fantastic 4 – I fantastici quattro il giorno prima dell'uscita. Ridotta in sintesi, la storia di questo film non è tanto diversa da Chronicle: un gruppo di ragazzi ottiene dei superpoteri, uno di essi sbrocca e vuole spaccare tutto. Qui sono cinque (il quartetto più Von Doom) anziché i tre del film precedente ma la sintesi rimane la stessa.
Fantastic 4 – I fantastici quattro è in conclusione la puntata pilota per nulla incoraggiante di un franchise, vedendo la quale s'intuiscono alcune potenzialità, soffocate dai limiti di una imperfetta messa in scena. Visto che la Fox ha annunciato il seguito, possiamo solo sperare che arrivi un gruppo, tra scrittori e regista, che riesca a rimediare a questa partenza debole, come in fondo è accaduto in TV per molte serie.
L'unico esempio di franchise cinematografici iniziati male e risollevati con la seconda puntata che mi viene in mente è quello di Star Trek: The Motion Picture.
Se nel seguito, mutatis mutandis, quello che ci aspetta è I Fantastici Quattro: L'ira di Destino lo potremo scoprire, se la cosa vi interessa, nel 2017.
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