Se il primo elemento a disposizione dei lettori per la valutazione di un libro, prima ancora di iniziarne la lettura, è la copertina, quella di Il regno della tigri bianche, prequel della Trilogia di Hania di Silvana De Mari, non è delle migliori. L’indicazione relativa alla pubblicazione del primo romanzo il 30 settembre che occupa la parte inferiore, infatti, dona più l’impressione di trovarsi di fronte a un manifesto pubblicitario che a una vera copertina. Ed è un peccato, perché il racconto lungo che introduce il lettore nel regno delle Sette Cime è perfettamente compiuto in sé, e non ha bisogno di essere sostenuto da nessun’altra storia per farsi apprezzare.
Quello in cui vive Dartred, il giovane protagonista, è un regno piccolo ma felice, guidato da un re saggio e amato dal popolo e protetto dalle tigri bianche, animali considerati come una specie di nume tutelare. Dartred, figlio del fabbro locale, si pone giovanissimo al servizio della neonata principessa Haxen.
Per anni nel regno della Sette Cime la vita scorre felice, se non proprio senza intoppi con abbastanza allegria e gioia da compensare le delusioni e i piccoli problemi quotidiani. Le cose cambiano radicalmente con la morte del re. Il regno, improvvisamente orfano della sua guida, viene assalito da nemici esterni e perde la pace dall’interno. E con il rompersi dell’incanto anche Dartred arriva a compiere azioni sbagliate.
Lo Spirito del Male, quell’entità invisibile per cui il padre di Dartred e Rastid, il nano che per anni ha lavorato con lui, non sono mai riusciti a trovare una definizione comune, sembra aver preso il sopravvento. Perché il suo trionfo sia definitivo però serva che tutti si arrendano a lui, anche senza rendersene conto, e che smettano di combatterlo ritenendo già persa la battaglia.
Il racconto scorre veloce, così come veloci scorrono gli anni sulle pagine. La De Mari delinea il regno felice e caratterizza i protagonisti con rapidità ma con efficacia. Mai una parola di troppo, il linguaggio è incisivo, schietto, e personaggi e situazioni emergono con forza pur nella brevità di ogni singola scena. La trama è semplice e priva di sorprese, a una situazione iniziale felice seguono la caduta e il riscatto, ma più che su una trama complicata l’attenzione dell’autrice si sofferma sul messaggio di speranza, sull’importanza delle scelte individuali e su come piccole cose possano trasformarsi in forze inarrestabili, nel bene come nel male. Temi a lei cari presentati con mano sicura ma allo stesso tempo delicata, capace di renderli parte integrante della storia senza appesantirla con moralismi indigesti.
Se Il regno delle tigri bianche è solo un’introduzione alla Trilogia di Hania i prossimi romanzi, a partire da quel Il cavaliere di luce che già nel titolo si riaggancia a un personaggio di questo volumetto, si prospettano molto interessanti.
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