Era il 1995 quando Neon Genesis Evangelion fece per la prima volta la sua comparsa sugli schermi giapponesi e, per il suo ventennale, Lucca Comics ha voluto proporre un incontro per fare un po’ il punto sul capolavoro di Hideaki Anno. Caso più unico che raro per un anime degli anni novanta, che a differenza di quelli del decennio precedente non ha potuto contare sull’effetto nostalgia, questa sua longevità vanta una serie televisiva di 26 episodi, un film Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion del ’97, oltre a un manga, tantissimo merchandising e dal 2006 un nuovo ciclo di quattro film che deve ancora concludersi. Ma perché tanto successo? Che cosa rappresenta ancora Neon Genesis Evangelion nell’immaginario collettivo, prima giapponese e poi italiano?
A rispondere a queste domande erano presenti in sala Walter Valvano, Sebastian Marcelli, Luca Fiore di Evangelion Italian Fan.
I relatori sono stati i primi ad esporre un’interessante teoria che smonta l’idea ricorrente, che vede la conclusione di Evangelion come raffazzonata per l’esaurimento di fondi, e per questo piena di buchi narrativi. Leggenda vuole che The End of Evangelion fosse nato proprio dalle richieste dei fan inferociti e alla ricerca di un finale più esplicativo, anche se pare che Anno avesse già nel ’95 realizzato diversi studi su quella che sarebbe dovuta essere la storia del film. Una prova convincente potrebbe essere quella del formato: telefilm e disegni preparatori sono stati realizzati entrambi in 4:3 poiché destinati alla televisione. Solo successivamente questi ultimi sono stati tagliati in 16:9 per essere adattati al grande schermo e diventare un film.
Filippo Petrucci e Ilaria Azzurra Caiazza del sito Distopia Evangelion sono invece intervenuti, entrando più nel vivo rispetto alla questione dei meriti dell’anime di Anno. Primo tra tutti quello di decostruire ciò che fino ad allora era stato il genere dei robottoni, prendendo il classico plot (il ragazzino che pilota il robot aiutato da due belle ragazze) e capovolgendolo completamente di senso. Shinji Ikari è l’anti eroe per eccellenza, e le due ragazze Rei e Asuka non rivestono il solito ruolo delle “spalle” ma anzi, spesso rubano la scena al protagonista. Ma è soprattutto il robot a subire il cambiamento più radicale e a perdere la sua anima metallica per acquistarne una di carne, sangue ed ossa.
Il tema centrale dell’anime a questo punto non è più la lotta del Giappone, così come accadeva in passato, contro un nemico invasore, ma una riflessione sulla società nipponica contemporanea. Dipinge un mondo in cui i padri (tutti i protagonisti della serie hanno genitori ingombranti, da Shinji a Asuka, da Misato a Ritsuko) sono del tutto assenti oppure delegano ai figli ogni responsabilità, e dove la tragedia edipica raggiunge i suoi massimi livelli: Rei è il clone Yui e per lei sia il padre Gendo che il figlio Shinj provano quella che la Caiazza ha definito un'attrazione, per molti fan autentico amore.
È forse proprio questo il grande fascino di Evangelion, nel suo essere un’opera estremamente complessa e difficile da interpretare. Il finale poi è quanto di più aperto si possa immaginare anche se tutte le storie dei personaggi trovano comunque un loro epilogo.
L’ultimo intervento dell’incontro è stato quello di Italo Scanniello e Paolo Solazzo di Anime & Manga [ITA], i quali hanno riflettuto su come Evangelion sia stato fondamentale per il mercato dell’animazione sia in Giappone che in Italia. Se consideriamo che nel paese del Sol Levante questo anime ha avuto la stessa importanza nell’immaginario collettivo che in occidente ha avuto Star Wars, allora si capisce bene quale sia la sua importanza economica. In una minima parte anche in Italia il fenomeno Evangelion ha avuto il suo merito per il successo di tutta una stagione di Manga. L’enorme entusiasmo suscitato dal lavoro di Anno ha portato molti a guardare con una luce diversa l’animazione giapponese, dimostrando che i così detti cartoni animati potevano possedere un anima matura e filosofica, e dando dunque una nuova linfa vitale al genere. Successo stemperato qualche anno dopo dall’avvento di internet che pare aver ormai relegato l’animazione giapponese in rete più che in TV. Tuttavia in un mercato italiano in crisi e ormai in capace di importare nuovi prodotti, quello dello streaming potrebbe essere un nuovo mezzo per far emergere, a furor di popolo, un prodotto nel mare delle produzioni nipponiche. Prodotto che a questo punto potrebbe essere acquistato e distribuito nel mercato tradizionale anche qui da noi.
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