Ritorno a Ghidara
Ghidara la bella,
dalle forme di fanciulla,
stesa sulla collina
mura a corona della regina…
La vecchia ballata risuonava nella valle, cantata a squarciagola da una voce stonata e un po’ gracchiante.
L’improvvisato, e atroce, cantante era un vecchietto che cavalcava di traverso sulla sella, facendo ondeggiare a un ritmo imprecisato la chioma nivea. La palandrana multicolore che indossava si impigliava da tutte le parti, sui cespugli che costeggiavano il sentiero, ma egli non vi faceva caso, impegnato com’era a gorgheggiare.
Andava avanti così da almeno mezz’ora e i suoi compagni di viaggio non ne potevano più. Si scambiavano di tanto in tanto occhiate cariche di esasperazione, ma nessuno osava intervenire.
Il gruppo era formato, oltre che dall’arzillo vecchietto, da tre persone, una donna e due uomini. Il più anziano dei due, dal fisico vigoroso e dallo sguardo intenso, indossava abiti e insegne del cavalierato. I tratti del viso marcati erano ingentiliti dagli occhi chiari e penetranti. La chioma, color dell’oro brunito, scendeva a sfiorare il collo, nella foggia abituale dei cavalieri. La somiglianza fra lui e il ragazzo più giovane, che aveva gli stessi suoi colori, rendeva evidente il legame di sangue tra loro.
– E poi? Com’è che va avanti? – domandò il vecchietto, un poco seccato per essersi dovuto interrompere.
– È finita! – risposero in coro tutti e tre gli altri, con una prontezza che aveva un che di sospetto.
Gli occhietti acuti e contornati di rughe si fecero sottili come fessure. – Non vi credo. Ci saranno almeno altre due strofe, ci giurerei.
– Potrete chiedere ai musici di corte appena saremo arrivati – rispose Ester, l’unica donna della piccola comitiva, da sotto il cappuccio che le copriva il viso, sotto il quale aveva cercato, invano, riparo dai vocalizzi del vecchio. – Entro un paio d’ore saremo a Ghidara. Non si tratta di un’attesa troppo lunga, vi pare?
Il vecchio sbuffò dalle narici. – Mi sto annoiando. Mi fanno male anche ossa che non sapevo di avere. Voi tre siete loquaci quanto i cavalli. A quest’ora sarei già spaparanzato a Ghidara, se non fosse per le vostre assurde idee!
Il ragazzo più giovane aprì la bocca per rispondere, ma Ester lo fermò con un cenno della mano. – Dert – disse rivolta al vecchietto, con tono paziente, – vi rendete conto anche voi che arrivare al Palazzo Reale volando non è appropriato, vero? Spaventereste la corte e il re penserebbe che l’emergenza non è ancora conclusa.
– Potremmo volare tutti, il principe Nimeon lo trasformo io! – propose di rimando Dert con entusiasmo formidabile.
Ester calò il cappuccio, mostrando la lunga chioma corvina e il viso corrucciato di chi sta per sgridare un bambino. Il volto, di una bellezza delicata, portava ancora lievi segni delle bruciature causate dalla magia nella recente battaglia. Si accostò alla cavalcatura del vecchietto e si schiarì la voce, puntando gli occhi scuri e atteggiati a un sguardo severo sull’anziano. – Ascoltatemi bene: nessuno di noi si trasformerà fino a che non avremo parlato con re Udkils. La situazione è delicata, il re non sarà affatto felice di sapere che suo figlio Lexon è un mago, bisognerà informarlo con molto tatto e perciò… non lo farete voi. Lasciate che ci pensi Nimeon. Sarà più facile dopo aver comunicato le buone notizie sull’esito del nostro mandato e sulla sconfitta di Sakren.
– A rigor di logica, quindi – la interruppe Dert con un gran sorriso increspato, – se il principe si fa carico delle novità di suo fratello, toccherà a me raccontare al re che voi due volete sposarvi!
– Eh, no! – rispose Ester, già temendo che Nimeon, il cavaliere che il accompagnava, sguainasse la spada. – No… No! Voi dovete solo stare buono e zitto. Niente voli, niente trasformazioni, niente parole. – Questa volta il sorriso comparve sul viso di lei. – Volete o no che il re dia il suo benestare all’istruzione di Lexon?
– Ma certo che sì! – borbottò il vecchio mago.
– E anche portare il ragazzo con voi nelle regioni del Sud, per sciogliere le nebbie lasciate da Sakren?
– Ovvio anche questo! Bisogna pure che qualcuno lo faccia e ormai restiamo solo noi. C’è anche Oriol, ma chissà dove si è cacciato! Lasciare a un vecchio e a un apprendista un lavoro del genere…
Prima che Dert partisse con una delle sue filippiche, Ester riacciuffò il discorso che le premeva. – Allora, se ci tenete, datemi retta. Lasciate fare a Nimeon.
– Nimeon, Nimeon, Nimeon. Non sapete dire altro da quando vi siete rammollita con l’amore! – fu l’ultimo commento di Dert, prima di chiudersi in un offeso e dignitoso silenzio.
La donna lo lasciò a covare le sue recriminazioni e affiancò gli altri due, rimasti indietro.
– Pericolo scongiurato? – le disse sottovoce Nimeon, i cui occhi color smeraldo lasciavano trapelare un gran divertimento. Ester invece alzò al cielo i suoi, scuri come la notte.
– Invecchierò precocemente. Mi ridurrà a una larva prima ancora di aver messo piede in città. E se sopravvivrò a Dert, il colpo di grazia me lo darà tuo padre.
Nimeon le sorrise. – Che fine ha fatto l’impavida Magistra che ha combattuto contro il mago più potente e crudele mai apparso nelle Terre? E l’Emissaria che ha affrontato tutti i regnanti con determinazione degna di un cavaliere?
La giovane donna si accigliò. – Sono rimaste a Palàistra, temo. Forse era meglio lasciarci anche la maga naturale, quella che vorrebbe sposare l’erede al trono delle Colline. Ma ormai è tardi per tornare indietro. Già immagino l’orrore nelle tue sorelle… e non sarà facile nemmeno spiegare come mai Lexon è già entrato nell’apprendistato.
Fu il giovane accanto a loro a intervenire. – Non credo che andrà così male. In fondo, nostro padre sarà più che felice di vederci tornare sani e salvi. Insomma, per quello che ne sa ora potremmo essere tutti morti, io a Palàistra nell’assedio, e voi due nel confronto con Sakren. Che peso può avere tutto il resto? Dovrà accettare che io sono un mago, visto che lo sono. E poi… – fece una smorfia rivolta al fratello. – È ora che ti sposi, stai diventando vecchio!
– Di certo non ho lo stesso ottimismo dei tuoi quattordici anni – replicò il cavaliere. – Però mi auguro che tu abbia ragione.
La voce di Dert li interruppe.
Ghidara la forte
Dalle trecce di biondo grano
L’amerò fino alla morte
Mai da lei starò lontano!
– Lo sapevo che c’era un’altra strofa! O forse due?
La compagnia fece ingresso nel cortile del castello nel primo pomeriggio, all’ora del cambio della guardia. Ad annunciare il loro arrivo fu la voce tonante del vecchio mago che risuonò con un’eco minacciosa nei portici tutt’intorno.
– Dert è qui!
Ester, da sotto il cappuccio, abbassò il capo come se volesse scomparire.
Una volta affidati i cavalli alle cure degli stallieri, giunse il momento di dividere il gruppo. La notizia del loro arrivo era stata comunicata al re e, seguendo l’etichetta che vigeva a palazzo, Nimeon per primo aveva subito chiesto un colloquio.
Mentre gli altri venivano condotti alle rispettive stanze per riposarsi dal viaggio, il principe si concesse giusto il tempo per rinfrescarsi e cambiarsi d’abito prima di raggiungere il re nel suo studio, ma, quando arrivò, si imbatté in Dert che stava lasciando la stanza con fare guardingo.
– Che cosa ci fate qui? – fu l’inutile domanda del cavaliere.
Il mago gli rivolse una delle sue migliori occhiate impassibili. – Era troppo gravoso per voi riferire a vostro padre tutte quelle cose. Ci ho pensato io.
Nimeon trattenne a stento la mano dalla spada che portava al fianco. – Ma come vi è venuto in mente? – chiese, anche se era palese che il vecchietto meditava da un bel pezzo quella bravata. Senza attendere la risposta, sospirò spazientito, schivò il mago e si apprestò a parlare con il re, sperando solo che Dert non avesse fatto troppi danni col suo inopportuno entusiasmo.
La porta dello studio privato di Leah Udkils era ancora aperta e il principe si affacciò sulla soglia. La stanza aveva l’aspetto rassicurante di sempre, per quanto fosse arredata in maniera essenziale. Le tinte calde del legno intarsiato che ricopriva le pareti si univano a quelle della pietra rosata di pavimento e camino, attenuando la severità dei pochi mobili presenti. La luce dorata del meriggio filtrava dalle tende sottili che schermavano le vetrate d’accesso al giardino, disegnava, sull’impiantito e sui libri negli scaffali, arabeschi sfumati che si allungavano ad accarezzare mobili e pavimento come lunghe dita affusolate.
Leah Udkils, sovrano delle Colline, era seduto all’imponente scrivania che dominava il centro della stanza. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, tanto che non si accorse di Nimeon che attendeva un suo cenno per entrare.
In pochi mesi era invecchiato precocemente, la chioma e la barba si erano tinti d’argento in brevissimo tempo, le spalle, che erano sempre state poderose, erano adesso lievemente incurvate. Gli occhi chiari, in tutto simili a quelli del figlio, ostentavano un’espressione di pura incredulità. Si fermarono su Nimeon, appena lo videro nel riquadro della porta.
– Chi è quell’uomo? – gli domandò disorientato.
La risposta uscì al cavaliere come se volesse masticare nome e proprietario. – Dert. Il mago della foresta di Aghia.
– Ed è arrivato qui insieme a voi – tentò di ricostruire il re.
Nimeon fece qualche passo verso il centro della stanza, preparandosi al peggio. Leah non era uomo tale da sconvolgersi facilmente e, in quel frangente, pareva addirittura stranito.
– Sì, padre. Insieme a me, a Lexon e a Magistra Ester. Posso chiederti che cosa ti ha detto?
Udkils si riscosse e si alzò per abbracciare il figlio, che non vedeva da diversi mesi. – Nulla di importante, credo. In realtà, nulla che io abbia compreso appieno – rispose con un sorriso. – Quello che mi importa è sapere di voi. Lexon sta bene?
– Sì, stiamo tutti bene. Sakren è stato sconfitto e Palàistra è libera. È tutto finito.
Leah Udkils annuì, sollevato. – Ho temuto il peggio, in questi mesi. Non immagini quanto rivedervi qui mi riempia di gioia. – Indicò una poltrona posta di fronte alla scrivania, invitando Nimeon ad accomodarsi. – Raccontami tutto.
Il principe si sedette, indeciso su dove cominciare. Erano stati tanti, troppi, gli eventi che avevano condotto le Terre alla salvezza dai sordidi disegni di Sakren.
– Abbiamo pagato caro il prezzo della vittoria – disse piano. – Il Supremo Exelom ha perso la vita. Anche il sovrano della Galsazia è morto, poco dopo l’eliminazione di Sakren.
Il volto di Leah tradì la dolorosa sorpresa. – Il Supremo. Nessuno, nella storia delle Terre, ha mai osato colpire in questo modo Palàistra. – Tacque per un istante, assorto. – Quindi c’è una nuova guida a capo della Città degli Studi.
L’espressione del principe si fece per un attimo enigmatica. – Sì. È stato eletto un nuovo Supremo. Forse ti stupirà, sapere di chi si tratta. – Il re rimase in attesa. – Magister Van.
Questa volta Leah rimase a bocca aperta. – Il ragazzo che ha interpretato la nostra leggenda?
– In effetti è anche l’uomo che ha salvato Palàistra dalla disfatta – disse Nimeon. – Se non ti dispiace, però, vorrei rimandare il resoconto completo a più tardi. Il viaggio è stato lungo e ho bisogno di riposarmi un po’. Volevo farti sapere soltanto che il Mandato è chiuso e che io sono tornato per restare. – Si alzò e fece per congedarsi, ma Leah lo fermò.
– Aspetta, Nimeon. Ho qualche domanda da farti, prima che te ne vada.
Non ci voleva molto per capire che quelle domande avevano a che fare con il passaggio di Dert in quella sala. Il cavaliere si preparò a rispondere con una certa inquietudine.
– Vorrei capire come mai, se il Mandato è chiuso, Magistra Ester è tornata insieme a te, invece di riprendere il suo posto a Palàistra.
Il principe strinse le labbra. Il tono di suo padre si era fatto inquisitorio e non era un buon segno. – Immagino che la risposta te l’abbia già fornita Dert.
– In un certo modo, sì: ha fatto irruzione qui dentro, mi ha stretto la mano congratulandosi con me per le vostre imminenti nozze e poi è corso via.
– Più tardi lo ringrazierò per l’aiuto come merita – rispose Nimeon con un sorriso torvo. – Avevo in programma di discutere con più calma e in presenza di Ester questo argomento.
Leah Udkils prese un lungo respiro. Non era un buon segno nemmeno quello. – Meglio parlarne adesso da soli. – Fece una pausa, come se stesse cercando le parole giuste. – Nimeon, è una faccenda molto delicata, questa. Che forse merita un tempo di riflessione più lungo, da parte vostra.
Il principe si irrigidì. Aveva sperato da parte di suo padre un atteggiamento diverso, ma Ester aveva avuto ragione. Il re non avrebbe dato il suo benestare con facilità.
Il sovrano tornò a sedersi dietro l’imponente scrivania e fissò a lungo il figlio, con un misto di dispiacere e incertezza. – Tu sai quanto sono affezionato a Ester. Proprio per questo ti chiedo di andare cauto nella decisione di sposarla: avevo notato già quest’inverno che tra voi il legame andava ben oltre al Mandato, ma ho sperato che vi rendeste conto che a spingervi l’uno verso l’altra era soltanto la situazione, la condivisione di un’esperienza difficile… che tutto finisse insieme al Mandato. Sono tutt’ora convinto che un matrimonio fra voi sia un passo avventato, un errore per entrambi.
– Perdonami, ma non riesco a capire – replicò Nimeon. – Hai sempre dimostrato un affetto quasi paterno per Ester. I motivi per questo atteggiamento di rifiuto mi sfuggono. – Nonostante le parole fossero rispettose, il tono di Nimeon risultò carico di ostilità.
– È perché voglio bene a Ester che ti dico queste cose. Tu e io sappiamo chi è, e non riesco a pensare che si adatterà alla vita che l’aspetterebbe come tua compagna.
Nimeon si rabbuiò. – Non ti sei posto gli stessi problemi, quando hai portato qui mia madre attraverso la Torre – ribatté ancor più aspro. I suoi occhi, incupiti, ricordavano le tinte fosche del mare poco prima della tempesta. Sfidarono quelli del padre, carichi di determinazione. – Non aspetteremo oltre l’inizio dell’estate – concluse asciutto.
Leah non raccolse la provocazione. – Non sto parlando della sua provenienza e lo sai anche tu. Sto parlando della sua vita qui nelle Terre: si tratta di una maga naturale, dell’Emissaria, della donna che ha sconfitto Sakren insieme a te! Non riuscirà ad abituarsi a vivere come una regina delle Colline. È fuori dalla sua natura.
– Ester è anche una Magistra. A Palàistra non ha avuto alcun problema di adattamento – gli fece notare il principe.
Leah scosse il capo. – Ma non capisci che è una situazione totalmente diversa? Insegnava magia! – esclamò teso il re. – Pensateci ancora un po’, prima di decidere. Io non intendo oppormi, non tanto da impedire le vostre nozze, ma non posso approvare. Mi dispiace.
Nimeon annuì, terreo. – Questo è un tuo diritto. Come è mio decidere chi avere a fianco sul trono. – Dopo un lieve inchinò si apprestò a lasciare la stanza, fermandosi con la mano già appoggiata alla porta. – Dimenticavo una cosa – disse con voce incolore. – A Palàistra Lexon ha scoperto di essere un mago naturale. Il Supremo ha dato a Dert il permesso di istruirlo e io ho approvato. Intendono partire entrambi per il Sud, dove è necessario dissolvere le nebbie incantate che Sakren ha lasciato.
Leah questo colpo non lo prese per nulla con filosofia. – Che cosa? – balbettò.
Nimeon sorrise gelido. – Lexon è un mago naturale – ripeté. – E intende proseguire la sua istruzione fino alla fine.
– Ha solo quattordici anni! – commentò incredulo il re.
– Discutine con lui e Dert, se intendi opporti anche a questo. L’intenzione di Lexon è restare con Dert finché non avrà raggiunto l’età per il cavalierato e, in seguito, andare a Palàistra. È fuori discussione che Dert accetti di istruirlo qui, con la situazione ancora critica nelle Pianure: i maghi naturali sono stati sterminati, restano solo Ester, Dert e Oriol. L’istruzione e l’aiuto di Lexon sono fondamentali, per le Terre. Dubito che, anche in questo caso, la tua opposizione sortirà risultati.
Leah non riuscì a rispondere, ma si limitò a seguire con lo sguardo il figlio che lasciava la stanza. Rimasto solo, si trovò a fare i conti con tutte quelle novità sconvolgenti. Si concesse una pausa di riflessione, prima di emettere un giudizio su quanto stava accadendo e, soprattutto, prima di affrontare i diretti interessati.
Nimeon e Lexon.
Non sapeva per quale dei due preoccuparsi di più.
La magia non era un fatto inusuale, nella sua famiglia, ma non si sarebbe mai aspettato che qualcuno dei suoi figli la possedesse. Se Lexon era un mago, niente poteva impedirgli di esserlo, ma la decisione del ragazzo a perseguire anche il cavalierato era un cruccio non da poco. Almeno, quanto lo era quella di girare per le Terre assieme al vecchio mago, invece che restarsene tranquillo in città fino ad aver terminato l’istruzione.
Per quanto riguardava Nimeon, Leah si sentiva ancor più impotente. Non aveva mai visto suo figlio tanto determinato e tanto poco propenso ad ascoltare le motivazioni altrui.
La realtà era che il re non vedeva affatto di buon occhio il fidanzamento dei due giovani, che secondo lui si erano lasciati prendere dal turbine di avvenimenti che li aveva travolti e che solo per questo si erano appoggiati l’uno all’altra. Era certo che, una volta ritrovatisi in una condizione di quiete, di normalità, il loro rapporto si sarebbe sgretolato di fronte agli innegabili ostacoli che avevano davanti. C’era la speranza che da lì all’estate se ne sarebbero accorti da soli e meditò la possibilità di affrontare il discorso con Ester, la quale probabilmente lo avrebbe capito meglio di suo figlio.
Una volta presa questa decisione, lasciò il suo studio, per cercare il mago che istruiva Lexon. Doveva sapere qualcosa di più sull’intera faccenda, prima di emettere un giudizio o dare il suo benestare alla partenza del ragazzo.
Se ci fosse stata sua moglie, forse sarebbe stato diverso: avrebbe diviso con lei le preoccupazioni per i due figli e avrebbe potuto confrontarsi per valutare meglio il da farsi. Invece era solo, era un uomo e un re. A prescindere da sentimenti, affetti e desideri, doveva tenere conto anche del peso che le decisioni familiari avrebbero avuto sul popolo. Quello era un motivo in più per non accettare placidamente il matrimonio di Nimeon con la Magistra e non poteva trascurarlo.
Nimeon andò a togliersi di dosso gli abiti eleganti che era stato costretto a indossare per l’incontro formale col padre. Si sentiva soffocare e sentiva il bisogno di vestiti più comodi, come quelli indossati nei lunghi mesi lontano dalla corte.
Era stanco per il viaggio ma, ancor più, era teso per il colloquio con Leah e desiderava vedere subito Ester, che raggiunse negli appartamenti dove era stata alloggiata durante il Mandato nell’inverno precedente.
La trovò seduta sul letto, con ancora indosso gli abiti da viaggio, i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle. Sottili ciocche, più corte e ribelli, che le circondavano il viso. Al suo arrivo, la giovane maga non si alzò, ma sollevò solo uno sguardo carico d’attesa verso di lui.
Nimeon notò che anche in quella tenuta, con stivali impolverati e abiti dimessi, Ester manteneva il contegno distinto l’aveva caratterizzata quando era Magistra. Era così inconsapevole del proprio fascino da divenire ancor più seducente.
Nimeon, senza una parola, la prese per mano e l’attirò a sé.
– Tuo padre è contrario – disse lei sciogliendosi dall’abbraccio. La sua voce suonò spenta, come se fosse una logica constatazione.
– Cambierà idea. Non so per quale motivo…
Lei lo interruppe, scuotendo il capo. – Lo sai per quale motivo. Lo sai da molto tempo. Non puoi biasimarlo, se non accetta che tu stia accanto a una come me. La Fanciulla delle Terre non è adatta alle placide Colline d’Oro. Ne abbiamo parlato tanto, Nimeon.
– Dovrà farsene una ragione, perché non intendo affatto cedere. Tu e io ci sposeremo come abbiamo stabilito. In ogni caso, ha detto che non si opporrà con la forza, né con l’autorità – disse ilprincipe, cercando di essere ottimista.
Ester si scostò da lui, col volto aggrottato. – Te l’avevo detto. A te può non importare del mio passato, ma sta di fatto che c’è. L’idillio è già finito, io non ho la forza di ricominciare a combattere per una nuova causa. Sono stanca, è dalla ribellione dei maghi che non ho respiro e non ne posso più. Non contrasterò tuo padre per impormi come tua moglie.
– Queste sono decisioni che riguardano noi due, non gli Udkils – obiettò lui.
– No, ti sbagli. Riguardano la tua famiglia, il tuo popolo, tutte le Terre. Sappiamo entrambi che è così, non posso dargli torto se non ci vuole insieme. Scommetto che le sue obiezioni non sono diverse da quelle che ti avevo mosso io – ribatté Ester.
Nimeon, dopo aver preso il suo volto fra le mani, la guardò negli occhi, così tristi da sembrargli ancor più scuri. – Ma tu mi hai detto sì. Non c’è altro da aggiungere. Sono disposto anche a lasciare le Colline, se è necessario. Non tengo al trono quanto a te.
Ester si sedette di nuovo sul letto, passandosi le mani sul viso. – Non puoi farlo – sospirò. – Non puoi gettare su Lexon la responsabilità di ereditare il trono. È già abbastanza confuso, tra la magia e il cavalierato. Ora come ora, il tuo posto è alle Colline. Non c’è bisogno che te lo dica io.
Nimeon le sedette accanto. – Alle Colline e con te. Non vedo perché una cosa debba escludere l’altra. In ogni caso, io non cedo.
La donna gli sorrise e gli fece una rapida carezza. – Lo so, non cedi mai, tu. Adesso vai a riposarti un po’, abbiamo fatto una tirata per arrivare oggi… Forse era meglio se ce la prendevamo più comoda. Si stava tanto bene, in viaggio!
Nimeon non poté che darle ragione: quella settimana era stata la migliore della sua vita.
Ester, giorno dopo giorno, si era ripresa dal traumatico epilogo della lotta con Sakren, ed era rifiorita sotto i suoi occhi.
Avevano cavalcato fianco a fianco, scherzando e chiacchierando come mai avevano potuto fare, scoprendosi vicendevolmente, alleggeriti del pesante fardello del Mandato. Erano stati giorni di pura felicità. Ester aveva perso l’abitudine agli abiti neri, alle tuniche informi, aveva recuperato il sorriso.
Vederla ridere, tornare sicura di sé era stato per lui un dono meraviglioso, ancora più grande della tenerezza e della dedizione che aveva scoperto in lei.
I due maghi li avevano lasciati quasi sempre soli, preferendo volare sotto forma di uccelli invece che cavalcare accanto a loro, e questa era stata per il principe e la Magistra l’occasione per vivere, almeno per un poco, spensieratamente il loro rapporto.
Ora che quel viaggio era terminato, già calava su di loro l’ombra dell’incertezza. E già, in Ester, Nimeon vedeva riaffiorare tutto il dolore che egli, con ogni forza, avrebbe voluto cancellare.
Non sopportava l’idea che di nuovo il suo passato le piombasse addosso impedendole di essere felice, gli pareva inammissibile che ella dovesse pagare come una colpa il coraggio dimostrato in tante imprese.
– Abbi fiducia, Ester, e supereremo questo piccolo ostacolo – cercò di rassicurarla, ma si rese conto che la mente di lei era già lontana, di nuovo chiusa tra le mura impenetrabili del timore.
– Ho bisogno di uscire. E di stare un po’ da sola.
Nimeon annuì. La seguì con lo sguardo mentre lei si buttava sulle spalle il mantello di lana sottile.
– Spero solo di non incontrare tuo padre – borbottò prima di lasciare la stanza. – Già non so con che faccia mi presenterò a cena.
– Con quella della mia promessa sposa, Ester. E della donna che ha salvato le Terre.
Leah aveva appena terminato il colloquio con Dert e Lexon, e per scaricare la tensione si era messo a passeggiare nei giardini del palazzo.
Più che altro era stato Dert a parlare, spalleggiato dal ragazzo che sembrava scalpitare dal desiderio per quel viaggio. Gli avevano spiegato come il giovanetto aveva scoperto di essere un mago, gli avevano illustrato la necessità della partenza per il Sud, lo avevano subissato di descrizioni apocalittiche delle Pianure, degli incanti per eliminarle che, a loro dire, erano inevitabili e urgenti. Il discorso, tuttavia, era ben lungi dall’essere chiuso: Leah era contrario che suo figlio ripartisse così presto e si mettesse a fare incantesimi di quella portata ancora prima di aver approfondito la conoscenza dei suoi poteri.
Il re non era pratico di magia, ma qualcosina l’aveva studiata anche lui, e un giovane inesperto come Lexon non era adatto a quello che Dert voleva fare. Era pericoloso per lui e per gli altri che, durante il suo apprendistato, arrivasse a compiere magie del genere.
Stava ancora pensando al da farsi con Lexon, quando Ester gli passò davanti senza vederlo, diretta quasi di corsa verso la parte più remota del giardino. Leah sorrise tra sé, rendendosi conto che la donna stava evitando accuratamente di passare nei sentieri in cui di solito si recava lui.
Leah, che cominciava a dar segni di cedimento di fronte alla tempestività degli eventi, decise che tanto valeva fare subito un tentativo anche con lei e, deposto momentaneamente il problema figlio minore, riprese in esame il problema figlio maggiore.
Era la prima volta che la rivedeva da diversi mesi e rimase colpito dall’aspetto di lei. Senza la tunica da Magistra, con i capelli sciolti e un poco arruffati, sembrava una ragazzina ed era di una bellezza sorprendente. Ciò che spiccava sul suo viso in quel momento, però, era un’infinita amarezza, di cui Leah sapeva essere la causa principale.
Prese coraggio e le si avvicinò.
– Ester, sono contento di rivedervi – le disse, facendola trasalire. Era chiaro che egli era l’ultima persona che la donna voleva incontrare, ma nonostante ciò, gli sorrise e attese che la raggiungesse nel vialetto di ghiaia che attraversava i prati del giardino.
– Maestà… – accennò lei con un inchino.
– Evitiamo troppe formalità, mia signora. Ero convinto che fossimo amici. E a quanto so, entro breve sarete anche parte della mia famiglia.
– Nimeon mi ha già detto che siete contrario alle nostre nozze – disse seria, e tornò a essere l’austera Magistra che egli aveva conosciuto.
Il re non le rispose subito.
– Sapete che non ho nulla contro di voi, anzi… – disse. – Se mi oppongo è per buoni motivi e per il bene di entrambi. Voglio soltanto che ponderiate con attenzione le vostre decisioni, per non ritrovarvi, nel giro di pochi anni, infelici e astiosi. – Scrutò Ester, la vide corrugare la fronte.
– Per quale motivo dovrebbe essere così?
Leah intuì che Nimeon non aveva capito appieno le sue ragioni. Sospirò. Un altro discorso difficile, il terzo della giornata.
– Mia signora, voi sapete che cosa deve fare una regina? Perché questo sarete, se sposerete mio figlio. – Non attese risposta e continuò. – Una regina è, per quanto sia spiacevole dirlo, colei che assicura a un regno una discendenza. Il suo ruolo è, certo, stare accanto a un sovrano, essergli compagna e consigliera, ma è soprattutto quello di generare una prole sufficiente a garantire la successione. Per una donna della vostra indole, significa rinunciare all’azione, all’intervento diretto nelle situazioni, demandando ad altri, a un marito, ogni decisione. Sposando Nimeon, potete scordarvi altre imprese, non potrete più usare la magia come fate ora. Non sarà più compito vostro. Vi dovrete adattare alla vita di corte, che significa poco più che curare i figli che darete a Nimeon e sopportare le inutili chiacchiere della gente di palazzo. – Si schiarì la voce. – Sara, mia moglie, accettò tutto questo con gioia e non ebbe mai a desiderare altro; ma voi? Voi siete certa che l’amore di vostro marito vi basterà per essere felice?
Il silenzio di Ester gli fece comprendere che non ci aveva pensato, che non aveva mai considerato sotto quel punto di vista il suo rapporto con Nimeon. Visto che lei taceva, il re proseguì.
– Quello che ho chiesto a Nimeon, e che chiedo a voi, è di riflettere sul significato della vostra decisione. Se il vostro affetto è nato sull’onda degli avvenimenti che avete affrontato, credo che dobbiate vagliare con attenzione se è in grado di reggere al di fuori dell’eccezionalità. Mi comprendete?
Ester annuì. – Vi comprendo, signore, ma con tutto il rispetto, sta a noi compiere questa valutazione, e non a voi, o ad altri.
Leah avvertì la voce di lei farsi più incerta, o almeno più conciliante.
– Infatti, come ho detto a Nimeon, non pongo alcun ostacolo alle nozze. Ma come padre di Nimeon, e come vostro amico, ho ritenuto mio dovere mettervi in guardia. Se mi sono sbagliato, ne sono doppiamente felice: per voi due, e per il regno, che avrà assicurata la successione. Nimeon non è più un ragazzino, è questione urgente che si sposi e dia al trono una sicura discendenza.
Ester non replicò nemmeno a quella seconda ondata di consigli.
– Se intendete sposarvi all’inizio dell’estate, sarà necessario annunciare al più presto le nozze. Elian e Madan saranno liete di aiutarvi nei preparativi. Mi dispiace solo che Sara non possa vedere questo momento. Ne sarebbe stata estasiata. Bene. Se questa sera vorrete annunciare a cena la bella notizia, avrete in me tutto il sostegno che desiderate. Sono davvero contento che Nimeon abbia trovato una donna disposta a rinunciare a tanto per lui.
– Vi riferite alla carica di consigliere e all’insegnamento? – chiese Ester frastornata.
Leah sorrise enigmatico. – Mi riferisco alla vostra indipendenza. Ora, scusatemi, ma sono atteso dal mio segretario. Ci vedremo a cena, più tardi.
Ester si ritrovò sola nel giardino, maledicendo l’idea di uscire a camminare.
Leah aveva il dono sconcertante di coglierla sempre impreparata e nel momento meno opportuno. Si dovette sedere, ignorando il freddo e l’umido dell’erba. Aveva temuto con ragione di incontrarlo da sola, quell’uomo sapeva dove colpire, come colpire, e lei era troppo fragile per reggere un confronto con lui. Se c’era una cosa che aveva imparato l’inverno precedente, era che padre e figlio per molti versi si somigliavano, e Leah sapeva come trovare le parole migliori, diretto quanto Nimeon se doveva raggiungere i suoi obiettivi.
Ma quanto aveva ragione? Ester non aveva mai pensato a quanto avrebbe rinunciato in termini di autonomia e libertà. Le era sembrato che Nimeon le offrisse qualcosa di molto più importante, ma ora si trovava a dover fare i conti anche con questi particolari. Non avrebbe sposato solo l’uomo, ma anche il principe, il cavaliere e il futuro re, e assieme a lui tutta la corte, le usanze e le abitudini delle Terre, anche quelle che fino ad allora aveva potuto snobbare in virtù della sua indipendenza e delle sue facoltà. Ma una regina non poteva andare dove le pareva, non poteva sparire per farsi un voletto in campagna.
Senza contare che se da lei era richiesto un buon numero di figli, si sarebbe potuta scordare un sacco di altre cose. E come sarebbe stato partorire nelle Terre? Sara, a quanto aveva capito, con la nascita di Lexon ci aveva lasciato le penne. La Magistra deglutì, sentendo la gola secca.
Cominciò ad accarezzare l’idea di seguire il consiglio di Leah. Magari sarebbe bastato aspettare, come voleva lui, per avere la sua benedizione alle nozze e, in fin dei conti, anche a Ester sembrava che un periodo di rodaggio, per conoscere meglio la vita di corte e prepararsi a quello che l’attendeva, fosse una buona soluzione.
Si chiedeva come sarebbe stato rinunciare alla magia proprio quando, dopo tanti anni, aveva iniziato ad apprezzarla, proprio quando, per la prima volta, si sentiva libera di farne uso. La colse un vago senso di rancore verso Nimeon, che per primo in quei mesi le aveva dato il coraggio di accettare quel dono come parte di lei. E adesso, tacitamente, le stava chiedendo di soffocarlo. Non si era mai posta prima la domanda di come vivesse una regina nelle Terre: tutto avrebbe immaginato per il futuro, tranne quello. E sommate le prospettive esposte da Leah, non era affatto piacevole.
Rimase seduta a pensare fino a perdere la cognizione del tempo. Si accorse che il sole stava tramontando solo quando si alzò un vento gelido che trapassò come garza il leggero mantello. Ester trasalì per il freddo e per il repentino pensiero che Nimeon a quell’ora doveva essere già pronto per la cena e per l’annuncio ufficiale del matrimonio.
Come punta da uno spillo, si alzò e corse a perdifiato verso il castello, accorgendosi solo una volta entrata di indossare ancora gli stessi abiti del viaggio.
Due signore, eleganti e impettite, la fissavano con curiosità, dopo averla vista entrare come una furia nel grande atrio. Ester aveva frenato bruscamente, aveva ricambiato l’occhiata e si era arresa all’ineluttabilità dei fatti. Con un gesto armonioso delle braccia si cambiò d’abito, trasformando pantaloni e tunica in un vestito adatto alla tavola del re e, con un breve tocco, si sistemò i capelli in un’elaborata acconciatura. Sorrise alle due che ora se ne stavano sbigottite e a bocca aperta, poi riprese a correre alla ricerca di Nimeon.
Arrivò appena in tempo per vederlo uscire dai suoi appartamenti, o meglio andò a sbattergli contro sulla porta.
– Che succede, mia signora? – le chiese con un sorrisetto. – Ti mancavo così tanto?
Ester cercò di non lasciarsi traviare dal fascino del cavaliere che, abbigliato per l’occasione, le pareva ancora più attraente del solito. Riprese fiato per la corsa e tentò di trascinarlo in un luogo più appartato. In qualche modo gli spiegò i dubbi che le erano sorti e, cincischiando alquanto, gli chiese una proroga alla data delle nozze.
Nimeon l’ascoltò senza battere ciglio, facendola sentire sempre più meschina. Non le chiese nulla, non si arrabbiò. Rispose un laconico – come vuoi, mia signora – e l’accompagnò alla sala di rappresentanza dove erano attesi, senza aggiungere altro.
Quando Leah li vide arrivare comprese subito d’aver ottenuto la prima vittoria: nessuno dei due accennò a nozze o fidanzamenti, nessuno dei due emise l’ombra di un sorriso.
Ora, gli restava da risolvere solo la faccenda di Lexon.
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