La sintesi del progetto Pan – Viaggio sull'Isola che non c'è è tutta nella frase del suo sceneggiatore Jason Fuchs.
Quando avevo nove anni, ero su una giostra di Peter Pan con mio papà e siamo rimasti bloccati su una nave pirata volante in mezzo a una Londra in miniatura. Sono stati letterlamente i 25 minuti migliori della mia vita, con quelle stelle a LED che brillavano su di noi e Peter e Wendy che volavano a due metri da noi.
I minuti di Pan sono 110 ma la sostanza non cambia molto. Il film diretto da Joe Wright (Espiazione) è un tumultuoso giro sulle giostre della fantasia. Un'allestimento sontuoso, spettacolare, al meglio delle possibilità tecniche di oggi, ma la profondità narrativa è quella di un giro in giostra.
La storia latita e con essa non riesce a scattare quella sospensione dell'incredulità che potrebbe immergere lo spettatore nei pur suggestivi scenari dell'Isola che non c'è.
Il problema, detto francamente, non sono gli Spitfire della RAF che ingaggiano duello sui cieli di Londra della II Guerra Mondiale contro un veliero pirata volante, anzi queste genere di scene fanno parte del sense of wonder britannico che ha reso celebre Doctor Who.
A non convincere in primis sono i personaggi, ritagliati su banali cliché, da Peter piccolo eroe riluttante (Levi Miller), prescelto per un destino più grande, al cinico James Uncino (Garrett Hedlund), che qui sembra più Han Solo che un futuro cattivo. La bella guerriera Giglio Tigrato (Rooney Mara) assolve come sempre al ruolo di futuro interesse amoroso di Uncino, ha il suo spazio nella trama, ma i dialoghi che le appiccano sopra con i post-it sono un'autentico disastro.
Su tutti "troneggia" il cattivo della storia, Barbanera, che dimostra come si possa sprecare un attore del carisma di Hugh Jackman con un'entrata in scena che, sulle note di Smells Like Teen Spirits dei Nirvana, suscita nello spettatore la prosaica domanda: ma questi ci sono o ci fanno?
Messi sul piatto dialoghi e personaggi che suscitano risate di comicità involontaria, la conseguenza è che la storia che scaturisce dalla loro interazione non può che essere piatta e scontata. Tutto va come dovrebbe andare, in quello che per assonanza di elementi sta a Peter Pan di Barrie come Episodio I sta al ciclo di Star Wars.
E il paragone mi viene se penso al "pixum", ossia il materiale che a Barbanera serve per mantenere la vita eterna, fonte del potere delle Fate come ai mid-chlorian di EPI, all'immagine di Giglio Tigrato come la principessa Amidala e al piccolo Peter con le stesse faccine del piccolo Anakin Skywalker.
Un disastro in entrambi i casi, un disastro sia nel voler portare elementi posticci di realismo nel fantastico ma anche nel non riuscire a portare elementi di coerenza interna nella sceneggiatura.
Quando ci si chiede cosa porti la Madre Superiora di un orfatronofio londinese a fare commercio di orfani con Barbanera, e l'unica giustificazione possibile è che si parta dal presupposto che poiché si tratta un film per ragazzi, pertanto di fantasia a ruota libera, tutto è possibile, io rispondo che no, ai ragazzi non possiamo proporre prodotti incoerenti, sono spettattori esigenti e i nodi narrativi li scoprono tanto quanto (e forse di più) degli adulti.
Non perdete tempo neanche nei passaggi televisivi con Pan, non lo merita.
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