Come già Daredevil, anche Jessica Jones, nuova serie Marvel/Netflix, è concepita come un unico film diviso in 13 parti.
Il soggetto di puntata è praticamente inesistente, in una serie che è libera dai vincoli narrativi imposti normalmente dalla produzione televisiva. I colpi di scena, i cliffhanger di puntata sono sempre presenti, ma la scansione degli atti non dovrebbe avere le stesse prevedibilità temporali di una puntata di NCIS per esempio, nel quale sappiamo che è la pausa pubblicitaria a dettare il ritmo.
Ho usato il condizionale perché la serie la cui showrunner è Melissa Rosenberg (La Twilight Saga cinematografica) non sempre riesce a sorprendere.
I personaggi, a partire dalla protagonista Jessica, la brava Krysten Ritter, si comportano sempre secondo quelle che sono le premesse, le intenzioni suggerite all'inizio del loro arco narrativo. Anche quando vari personaggi agiscono esattamente nella maniera opposta a quanto dichiarato esplicitamente, non si è mai veramente sorpresi.
La prevedibilità dell'arco narrativo è quindi l'unico vero limite di una serie con personaggi ben strutturati. David Tennant con la sua caratterizzazione di Killgrave dà vita a un personaggio che è un autentico peso massimo, che non avrebbe sfigurato al cinema. Il lungo duello, anche psicologico, con Jessica, rivela un grande affiatamento tra i due interpreti.
Se è l'intero cast a non sfigurare, Rachael Taylor crea con Patsy Walker un altro personaggio che vorremmo vedere di più, forse paragonabile alla Vedova Nera di Scarlett Johansson per quanto è capace di bucare lo schermo.
La dinamica tra Patsy e Jessica è assolutamente la meglio riuscita di tutta la serie, tanto da fare auspicare un seguito che le veda entrambe come co-protagoniste del prossimo arco narrativo.
Mike Colter, il prossimo protagonista della serie eponima Luke Cage, è da dichiarare rivedibile, perché non essendo il protagonista di questo arco, è stato corretto non sfruttarlo fino in fondo. Ha il fisico del ruolo e – cosa che provocò una celebre battuta di Groucho Marx negli anni '40 in relazione al film Sansone e Dalila – pettorali più grandi della protagonista femminile.
Le parti meno credibili sono quelle romance legate a Jessica e Luke, va detto. Dialoghi smielati e stucchevoli, con personaggi attaccati alle tende.
Siamo di fronte a un spettacolo godibile, che non fa rimpiangere il tempo impiegato, anche se talvolta si può pensare che forse in dieci episodi o anche meno si sarebbe potuta raccontare la stessa storia.
È una serie noir e hard boiled, ma le scelte cromatiche e di luci, unite alle musiche ne ammorbidiscono di molto la ruvidezza. Tutti gli stereotipi con i quali Sin City ha giocato parecchio, sono qui rappresentati a colori e con luci a volte troppo sfavillanti, che danno al tutto una patina di laccature. Anche l'ambientazione sonora e musicale contribuisce a questo risultato.
In ogni caso il finale aperto ci porta molta curiosità, sia per le future serie Marvel/Netflix che per il ritorno in solitaria di Jessica, sulla quale molto è stato appena accennato in questo primo arco narrativo.
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