Cecilia, sei una delle poche autrici italiane del fantastico che usa una pseudonimo anglofono. Ritieni sia una scelta che ha pagato o, se tornassi indietro, pubblicheresti col tuo nome?
Sono cresciuta con Bud Spencer, Terence Hill e Sophia Loren, perciò con l’idea che gli artisti potessero cambiarsi il nome in modo intrigante, tipo i supereroi. Così, quando mi proposero di pubblicare con uno pseudonimo, mi è sembrato normale e ho accettato senza pensarci tanto su. Se tornassi indietro, lo rifarei, perché mi diverte e in molti casi è vantaggioso tenere separati la mia vita privata e il mio lavoro di web designer da quello di autrice di libri. Immagino che la scelta che abbia pagato, altrimenti non me l’avrebbero proposta, ma non saprei proprio dire quanto, anche perché lo pseudonimo non durò nemmeno un giorno. Prima ancora che il mio romanzo d’esordio uscisse, sul web circolavano già le anteprime con scritto: “Cecilia Randall, pseudonimo di Cecilia Randazzo”. Quindi fin da subito bastavano due click per scoprire che ero italiana.
Secondo te c'è un modo per convincere il pubblico nostrano a dare una chance anche agli autori di casa nostra e a piantarla con lo snobismo aprioristico della nazionalità?
Noi italiani siamo esterofili su tutto, tranne forse sul cibo, è inutile negarlo. Credo che il modo migliore per promuovere i libri italiani in patria sia dare il massimo per creare sempre storie coinvolgenti e di qualità. Mi piace pensare che il passaparola sia più potente di ogni pregiudizio e che la qualità, se c’è, prima o poi venga fuori.
Quando ti sei accorta di avere la passione della scrittura?
Appena ho imparato a tenere in mano una penna! Il mio primo “romanzo” (di fantascienza!) risale alle elementari. Però, più che “passione per la scrittura” la definirei “passione per raccontare storie”. Infatti per anni ho sognato di diventare fumettista e prima di pubblicare un romanzo ho disegnato (e non solo scritto) decine di storie.
Come mai hai deciso di rivolgerti al genere fantastico?
Non è stata una decisione ragionata ma una scelta istintiva. Adoro l’avventura, il mistero, le ambientazioni esotiche e il soprannaturale e il genere fantastico mi consente di mescolarli con la massima libertà.
Ci sono altri generi con cui ti piacerebbe cimentarti?
La fantascienza! Il mio primo, grandissimo e mai dimenticato amore… Ma anche il romanzo storico, magari con una punta di romance. Ma il mio sogno segreto è un libro illustrato.
Com'è il tuo rapporto coi tuoi romanzi, una volta pubblicati? Ti rileggi? Ti capita di avere la sensazione di voler riscrivere diversamente alcune pagine o addirittura interi capitoli?
È un rapporto viscerale, costante, di amore puro. I miei libri sono il mio mondo parallelo e ci torno spesso e volentieri. Mi rileggo di continuo e non cambierei neanche un dettaglio delle mie trame. Diverso invece è il discorso dello stile. In dieci anni di lavoro il mio stile è cambiato, ho imparato molto dai bravissimi editor con cui ho avuto la fortuna di lavorare e quindi, ogni volta che rileggo un mio testo datato, mi viene la voglia di limarlo ancora un po’.
Hyperversum è, a mio giudizio, una delle serie di punta del fantastico italiano. Giunti è riuscita a farlo uscire dai confini patrii o ci sono comunque progetti in via di definizione in tal senso?
Finora è stato tradotto in Polonia e Ungheria e so che la trilogia è al vaglio di altri editori stranieri, ma è una strada lunga e in parte difficile. Ogni volume della trilogia conta più di seicento pagine e la traduzione costa tantissimo. Di questi tempi, è un investimento sui cui un editore deve meditare molto.
Come è nata l'ispirazione per la storia?
Sono una giocatrice di ruolo e credo che tutti i giocatori di ruolo si siano fatti almeno una volta la domanda: “E se succedesse davvero? Se quest’avventura fosse vera e non un gioco, riuscirei a sopravvivere?”. I protagonisti di Hyperversum e di Hyperversum Next lo scoprono sulla propria pelle.
Quanto tempo hai impiegato per pianificare e scrivere la trilogia? È nata già come disegno unico da dividere in tre libri?
No, nessun disegno. Nella mia testa Hyperversum era un libro singolo e poi si passava al “20 anni dopo” cioè a Hyperversum Next. Fu l’editore a chiedermi di scrivere “il giorno dopo” e poi “il giorno dopo del giorno dopo”. Così nacquero Il Falco e il Leone e Il Cavaliere del Tempo. La stesura di ogni libro ha occupato sei mesi, poi ovviamente c’è stato il lavoro di editing.
E quanto tempo ti hanno preso le accuratissime ricerche storiche?
Molto, molto di più. Ma lì partivo avvantaggiata perché il medioevo è la mia passione da anni e quindi prima di iniziare a scrivere avevo già letto moltissimi saggi, visitato castelli e musei, assistito a rievocazioni storiche e visto ore e ore di documentari a tema. Poi, appena mi è balenata in mente l’idea del romanzo, ho approfondito gli argomenti più specifici come la battaglia di Bouvines, la rivolta dei baroni inglesi e la crociata Albigese.
Nel terzo volume, Il Cavaliere del Tempo, il tema religioso si fa preponderante. C'è una ragione particolare oppure si tratta solo di una naturale evoluzione che era già stata messa in conto?
È un’evoluzione naturale del personaggio di Ian: non era preventivata, ma mi sono resa conto subito, fin dal primo libro, che sarebbe stata molto probabile, se solo avessi continuato a scrivere le avventure di quel personaggio. Il tema viene poi esaltato anche dalla natura particolare degli avvenimenti storici che stanno in background al terzo volume. Decidendo di far partecipare i miei personaggi a una crociata, era inevitabile che il tema religioso venisse sottolineato.
Da cosa nasce la voglia di rivisitare quel mondo attraverso Hyperversum Next?
In realtà non è stato un vero ritorno, perché ho scritto Hyperversum Next subito dopo Hyperversum, quando ancora non era stato pubblicato. Il manoscritto era rimasto nel cassetto fino a ora perché all’epoca si preferì proseguire con le avventure di Daniel e Ian piuttosto che passare a quelle di Alex e Marc. Poi, dopo la trilogia, sentivo il bisogno di cambiare ambientazione e personaggi e così sono nati Gens Arcana e il dittico del Millennio di Fuoco. In quegli anni il mio vissuto personale mi spingeva verso atmosfere più cupe, adulte, dure e quindi Hyperversum Next dovette aspettare ancora. Adesso che sono diventata mamma ho di nuovo voglia dell’atmosfera cavallerescamente solare, positiva e vitale, in stile “Artù e cavalieri della Tavola Rotonda”, che è tipica di Hyperversum. Era il momento adatto per far uscire dal nido i figli dei miei protagonisti di un tempo, per cui ho rivisitato tutto il romanzo secondo il mio stile di adesso e sono stata pronta a darlo alle stampe. Praticamente, Daniel di Hyperversum è diventato davvero genitore in contemporanea con me!
Hyperversum Next sarà l'inizio di una seconda trilogia, oppure è da considerarsi un romanzo a se stante?
Per il momento è a se stante ma, come dicevo, anche il primo Hyperversum doveva essere un libro singolo, quindi vedremo cosa porterà il futuro.
Come procedi quando lavori a un romanzo? Sei una di quegli autori che predispongono rigorosamente linee del tempo, mappe, griglie e schede dei personaggi, oppure hai un approccio meno rigido?
C’è stato un cambio radicale del mio modo di procedere da quando scrivere è diventato un lavoro. Prima scrivevo (o disegnavo) di getto, senza pianificare niente, perché lo facevo per me e quindi non avevo scadenze, potevo fare e disfare i capitoli a mio piacimento e, se per caso una storia si impantanava a metà, potevo permettermi il lusso di abbandonarla e passare ad altro. Adesso invece ci sono contratti firmati e scadenze da rispettare, quindi devo essere certa che la storia funzioni e devo conoscerla già dall’inizio alla fine prima di iniziare la stesura del romanzo. Quindi faccio una sinossi dettagliata in cui studio gli snodi della trama e controllo che tutto fili. Durante la stesura mi creo un calendario con le date degli avvenimenti, in modo da poter ricontrollare i tempi della vicenda in fase di revisione, e mi procuro una mappa dei luoghi su cui calcolare gli spostamenti dei personaggi. Non faccio schede dei personaggi, non ne ho bisogno, li conosco già come se fossero tutti figli miei!
Hai qualche aneddoto, riguardante il concepimento o la stesura della trilogia o di Next, che vorresti menzionare?
Non ho quasi sentito “il concepimento” di Hyperversum Next, nel senso che finito l’ultimo capitolo di Hyperversum ho semplicemente continuato a scrivere e sono passata ad Alex e Marc. Nel corso degli anni, man mano che scrivevo Il Falco e il Leone e poi Il Cavaliere del Tempo, ho sempre tenuto in mente quel romanzo già finito e chiuso nel cassetto, per cui ho studiato i nuovi libri in modo che non andassero a contraddire o sovvertire ciò che avevo già scritto. In qualche modo quei due romanzi sono stati concepiti come “sequel di Hyperversum” e “prequel di Hyperversum Next” contemporaneamente. Lungo la strada ho disseminato molti indizi che portavano poi a Hyperversum Next e sono curiosa di vedere se qualche lettore della trilogia riuscirà a coglierne qualcuno.
Fra le critiche che ti sono state rivolte, c'è quella secondo cui Hyperversum riprenderebbe un romanzo di Crichton (Timeline Ndr). Io non l'ho letto, ma conoscendo bene questi tipi di critiche, di solito si tratta di mera ripresa di un'idea, che poi viene declinata in modo diverso, così come del resto accade in milioni di casi, producendo ogni volta un risultato diverso (si pensi ad esempio alle scuole di magia, che non sono state certo inventate da J.K. Rowling). Qual è, in ogni caso, la tua risposta a questa critica?
Se avessi ambientato il romanzo in Egitto, l’avrebbero paragonato a Stargate. Su un altro pianeta: Avatar o John Carter (qualcuno ha fatto il paragone davvero). Potrei menzionare tantissimi titoli tra film, libri e fumetti in cui il protagonista talentuoso finisce in un altro tempo/mondo/cultura, si trova in pericolo, salva (o viene salvato da) il suo futuro grande amore (in genere la figlia/sorella/pupilla del capo dei “buoni”), dimostra il suo valore, diventa un eroe e trova la sua strada nel nuovo mondo. Come dici giustamente tu, ci sono idee di base che appartengono ormai al nostro bagaglio culturale e che poi vengono declinate in migliaia di modi diversi, ciascuno dei quali originale. Non avevo letto Crichton prima di scrivere Hyperversum e, quando me l’hanno segnalato, sono rimasta perplessa, perché credo che il mio intrigo storico politico abbia ben poco in comune con il suo capolavoro fantascientifico (sono persino ambientati in secoli diversi). Forse in molti hanno visto soltanto il film omonimo, che però snatura il romanzo e si limita appunto a mettere in evidenza il canovaccio di base tipico del “salto nell’altro mondo” di cui parlavo prima. Se proprio devo pensare a possibili influenze, vado molto più indietro nel passato: risalgo fino a Tron, che vidi da bambina, a Crusade in jeans di Thea Beckman (un best seller della letteratura per ragazzi del 1973, letto al liceo) e appunto a Stargate. Con Hyperversum ho voluto creare la mia versione personale del “salto nell’altro mondo”, plasmandola secondo i miei gusti, la mia personalità e le migliaia di influenze derivate dal mio bagaglio culturale.
Tre romanzi o serie di autori italiani che ti senti di consigliare ai lettori di FM…
Mescolo il sacro e il profano senza badare al genere: la serie del commissario Montalbano, perché Andrea Camilleri è un maestro nel congegnare trame perfette anche in pochissime pagine; Terra! di Stefano Benni, perché mi diverte più della Guida galattica per autostoppisti; L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, per capire che il fantastico italiano ha radici profonde, meravigliose e solidissime.
In ambito fantastico, leggi anche saggistica?
Leggo di tutto, anzi, se devo essere sincera, il fantastico occupa sono una piccola parte delle mie letture. Perciò, sì, leggo anche tanta saggistica relativa a tutti gli argomenti che mi interessano.
Coi ritmi della vita odierna può essere molto difficile ritagliare tempo per la scrittura. E se gli uomini hanno mille incombenze da svolgere, le donne ne hanno, come minimo, mille e una. Tu come riesci a organizzarti?
Le mie risorse salvavita sono le sinossi di cui ti parlavo e l’uso massiccio della tecnologia. Grazie alle sinossi studiate in anticipo in ogni dettaglio so sempre cosa scrivere giorno per giorno e riesco a fare una sola stesura del romanzo, senza riscritture. Pianifico una tabella di marcia, così so quante pagine devo scrivere al giorno per rispettare la scadenza. A fine giornata rileggo e correggo tutto quello che ho scritto. Le riletture sono infinite e costanti, man mano che il romanzo cresce, e qui entra in gioco la tecnologia che mi consente di portare il testo con me ovunque e apportare correzioni, tagli e aggiunte in qualsiasi momento.
Grazie a tablet, cellulare e wifi posso inoltre impostare note e riferimenti incrociati, controllare fonti online o salvare dei promemoria per fare controlli più approfonditi appena possibile sulle fonti cartacee. A fine stesura faccio una rilettura dall’inizio alla fine, ricontrollo calendario, mappe, fonti e sono pronta per la consegna e il successivo editing. Tutto questo però non sarebbe sufficiente se non avessi un marito che mi appoggia al 100% e che condivide con me il lavoro necessario a gestire la famiglia. Non avrei pubblicato un solo romanzo senza il suo sostegno fondamentale. Nonostante questo, sono costantemente a corto di tempo come la stragrande maggioranza delle donne. Ancora di più ora che è nato Luca. Diventare mamma ha cambiato molte cose e io ho ridotto il lavoro di grafico per dedicare al mio bambino tutto il tempo necessario. Le sue esigenze cambiano di mese in mese e ci vorrà parecchio prima di ritrovare un nuovo vero equilibrio, ma è bello così!
Immancabile domanda: qualche consiglio agli aspiranti esordienti…
Oltre allo scontato (ma mai ripetuto troppo spesso) “leggere, leggere, leggere”, aggiungo “scrivere, scrivere, scrivere” e “correggere, correggere, correggere”. Come in qualsiasi disciplina, dalla musica allo sport, anche nella scrittura il talento non viene fuori senza allenamento, faticoso e costante. Agli aspiranti esordienti dico anche: nutritevi di storie sotto qualsiasi forma, libri, film, fumetti, teatro, studiatene i meccanismi, le inquadrature, il ritmo, i dialoghi, le scenografie, i gesti e le espressioni. Chiedetevi perché un personaggio fa una determinata scelta piuttosto che un’altra. La risposta “perché sì” non vale. Scrivete ciò che vi piace davvero e documentatevi. La regola “scrivi ciò che conosci” è una delle poche che per me ha valore assoluto.
A cosa stai lavorando ora?
Hyperversum Next è appena uscito e quindi non sono ancora al lavoro su un progetto definito. Sto studiando varie possibilità e preparando le sinossi. Ho almeno tre progetti in mano, di tre generi diversi, ma è davvero presto per parlarne.
Grazie per avermi ospitato su Fantasy Magazine!
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