Nessuno può vedere il futuro, Iskìda. Ma ci sono modi di interrogare il presente perché gli si possa mostrare la via…
La protagonista di questa saga è una ragazzina di nome Iskìda, detta ragazzina-cane, appartenente al Clan del Cane. Già questo ci fa pensare a una ragazza selvaggia, ma di cuore, come Iskìda in effetti è. Orfana dei genitori, uccisi durante la guerra dei Clan, ha sempre con sé un molosso, Ino, che sente per lei un forte senso di protezione oltre che un affetto fraterno. Condividono la vita e i pensieri, richiamando in modo seppure alla lontana lo Spirito hobbiano (ovvero il mondo dei Lungavista, nell’omonima trilogia di Robin Hobb) che lega gli uomini agli animali e, in qualche modo, il rapporto di Mowgli con il branco dei Lupi nel Libro della Giungla. Inoltre, Iskìda ha una bella amicizia con l’amazzone Sisiné: sono estremamente diverse tra loro ma parimenti leali e in sintonia.
Iskìda vive sotto la guida di Lianda, del Clan del Cavallo come Sisiné, una autorevole e rispettata strega, quanto donna forte e determinata.
Dopo un lungo tormentato periodo di sogni complessi poi diventati incubi e segnali di qualcosa di ancora inspiegato, e dopo essere stata derubata del prezioso Amuleto del sonno, Iskìda dovrà seguire Lianda per partecipare alla Grande Assemblea dei Clan della Terra di Nurak: l’arrivo dei Mercanti dalle Vele Gialle e dell’Auro, un nuovo misterioso metallo, stanno mettendo a rischio la pace della loro Terra, oltre che tentando il desiderio di supremazia insito nel cuore di molti uomini.
Parallelamente si sviluppa la storia di due fratelli, Karel e Alise, figli del sovrano delle Terre di Sàa. Quando il padre si ammala tragicamente, a causa del tradimento il Magi Elifas, i due ragazzi vengono fatti fuggire dai maestri Totèlis e Dandelòe perché raggiungano al più presto, anche loro, la Grande Assemblea perché scongiurino un’altra guerra dei Clan.
Ovunque si percepisce che nell’aria vibra uno strano vento di cambiamento. Esso influisce su alcune persone, cambiando il loro cuore, rendendole violente e capaci di uccidere. I sogni sono al centro della storia. Cosa celano? Cosa svelano? Cosa nascondono? Cosa raccontano? A voi scoprirlo.
L’Amuleto del sonno (secondo classificato al Premio Cittadella 2014) è il primo volume della trilogia di Andrea Atzori, seguito da Camminatrice di sogni, e Il Canto di Akasha (finalista al Premio Italia 2015) di prossima ripubblicazione. Possiamo parlare della saga di Iskìda come di un crossover, ovvero un nuovo genere in cui letteratura, cinema e fumetto si fondono insieme per raccontare una storia da un sapore inedito e molto piacevole, con un’ambientazione che richiama immaginari e leggende tipici della terra di origine di Atzori, la Sardegna, da cui il lettore sarà catturato fin dalle prime pagine. In un periodo piuttosto complesso e spesso in crisi per la fantasy italiana, in cui si tende a imitare autori stranieri con un background letterario più solido e radicato del nostro, Atzori ha il merito di andare a fondo nelle proprie origini, attingendo al mondo pagano e sciamanico, scegliendo con cura gli elementi della propria tradizione e della propria cultura (e probabilmente, dai propri percorsi di vita), accostandoli con garbo e umiltà al proprio bagaglio artistico e culturale, quindi a maggior ragione è opportuno parlare di crossover.
– Ino, cosa c’è? – ripeté Iskìda con un cenno nella lingua dei canidi. Ino non batté ciglio.
– Arrivano.
Iskìda sussultò. Si acquattò e puntò lo sguardo nell’oscurità. Non vide nulla.
– Chi!? Chi arriva!?
Ino tacque.
– Grandi. Antichi.
E la terra iniziò a tremare.
Il ritmo della narrazione è calmo: Atzori si prende i giusti tempi per introdurre i personaggi, il mondo di Nurak, e pian piano inserisce la vicenda, il colpo di scena, la definizione della trama di cui tiene saldamente ciascun filo e che porta pazientemente avanti, attraverso uno stile semplice ma non banale, con una scelta lessicale ben calibrata, in cui l’uso del corsivo per i pensieri e anche dello stampatello per rendere ancora meglio i momenti drammatici non disturbano, anzi migliorano la resa finale e il lettore non si distrae, e procede con una certa fame.
Anche Atzori si avvale della collaborazione artistica di giovani illustratrici italiane e inserisce nella storia alcune illustrazioni, di due abilissime mangaka sarde, Daniela Serri e Daniela Orrù, che hanno caratterizzato il mondo della Terra di Nurak con immagini inedite che richiamano evidentemente, ma senza infastidire, i mondi di Hayao Miyazaki, di cui da sempre tutti e tre si sono dichiarati fan appassionati. Le tavole sono ben congegnate e, in bianco e nero, raffigurano un momento particolare in ciascun capitolo. Si rivelano un valore aggiunto per aiutare il lettore a solidarizzare con il racconto delle vicende. Ulteriormente degno di nota è l’uso che viene fatto dei simboli dei vari Clan, riportati all’inizio di ogni capitolo e poi raccolti nelle ultime pagine a mo’ di promemoria, come anche i ritratti di ogni personaggio.
Inoltre il libro è stato pubblicato da un piccolo editore indipendente della Sardegna, ovvero Edizioni Condaghes. Ma come nel caso di Iskìda, nella botte piccola spesso si trova un buon vino. E se vale il detto “chi ben comincia è a metà dell’opera”, non vi resta che leggere il seguito, e le nostre prossime recensioni.
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