Ognuno di noi ha un suo posto nel mondo? E se così è, questo luogo è determinato dalla natura o dallo spirito di volontà che muove ogni individuo? È questo il tema de Il libro della giungla nato come romanzo nel 1894 dalla penna dello scrittore premio Nobel per la Letteratura Rudyard Kipling, e diventato celebre anche grazie all’adattamento in cartoni animati della Disney del 1967. Oggi torna sul grande schermo con un live action (sempre Disney) che grazie al digitale e al 3D, questa volta entrambi davvero notevoli, non ha nulla da invidiare al suo predecessore animato.
La storia è quella di Mowgli, il cucciolo d’uomo trovato dalla pantera Bagheera nella foresta e portato al branco dei lupi per allevarlo. Il piccolo però non riesce a stare al passo con gli altri cuccioli e quando usa il suo ingegno umano viene sgridato, poiché dovrebbe integrarsi il più possibile con chi lo ha accolto e fare parte del gruppo. Un giorno la potente tigre Shere Khan, in passato ferita dall’uomo con il fuoco, decide di vendicarsi uccidendo Mowgli il quale è costretto a fuggire aiutato da Bagheera che lo vuole condurre nel villaggio degli uomini. Solo lì sarà al sicuro e potrà trovare il suo posto nel mondo.
Il registro scelto da questa nuova versione de Il libro della giungla è da subito molto più dark rispetto al cartone animato. Per quanto possa esserlo una pellicola comunque dedicata ai bambini, la legge della giungla diventa quell’equilibrio perfetto che può trasformarsi repentinamente in furia cieca e violenta. Shere Khan non è certo il micione cattivo ma simpatico del film del 1967, così come Re Luigi, l’orango che vuole diventare umano, entra in scena citando non a caso Brando in Apocalypse Now. Eppure questo live action de Il libro della giungla riesce anche ad essere un omaggio al vecchio cartone animato con scene come quella in cui Mowgli sta sul dorso di Baloo sul fiume, o le canzoncine inserite nella storia.
Nonostante questo però il film di Jon Favreau ha il coraggio di cambiare completamente segno nel finale, con un messaggio non da poco: non ci sono “posti” naturali dove stare e casa è dove conduce non solo il cuore ma anche il cervello.
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