È nelle edicole il primo numero di UT, intitolato Le Vie della Fame, miniserie in sei albi ideata, scritta e disegnata da Corrado Roi e Paola Barbato.
Le miniserie sono una novità relativamente recente per la Sergio Bonelli Editore. Lanciate nel corso dello scorso anno con Coney Island di Gianfranco Manfredi, per i disegni di Giuseppe Barbati e Bruno Ramella, si affiancano idealmente alla serie dei Romanzi a Fumetti, promettendo, però, di sviluppare una vicenda più lunga e articolata rispetto a quanto possibile fare nello spazio di un solo albo (per quanto più lungo del normale). E come per i romanzi, anche per le miniserie non vi è un genere d’appartenenza, ma si spazia continuamente dal noir, all’avventura, al fantastico.
Generalmente si tende sempre, quando si elencano gli autori di un fumetto, a citare per primo lo sceneggiatore e dopo il disegnatore; come avrete notato, invece, nel caso di UT il nome di Corrado Roi è stato messo per primo. Il motivo è semplice: questa miniserie nasce da una idea che il disegnatore di Dylan Dog, Brendon e diversi altri personaggi Bonelli, coltiva da molti anni. Solo recentemente si è deciso a raccogliere tutto il materiale: scritti, appunti, disegni, bozzetti, intere sequenze e battute già sviluppate, e passarlo a Paola Barbato. Il rapporto che lega i due è di sincera stima e amicizia, lo si vede ogni volta che si rivolgono la parola, e probabilmente non c’era davvero miglior scelta per rimettere insieme quell’immenso puzzle di idee e deliri della firma più sensibile di Dylan Dog.
Ma di cosa parla UT?
In poche parole del mondo dopo la fine degli uomini.
Un mondo che non è necessariamente il nostro. Lungo le pagine che compongono questo primo volume vediamo immagini che ci fanno pensare a un generico mondo post-apocalittico, ma anche altre che ci portano indietro nel tempo fino al rinascimento o al medioevo. Lo stesso Corrado Roi, durante la presentazione in anteprima a Cartoomics, ci ha detto che per i luoghi e gli sfondi di UT si è ispirato liberamente ai paesaggi che vedeva fuori dalla finestra di casa sua, ma rielaborandoli. In alcuni casi ha eliminato edifici esistenti, in altri ne ha aggiunti di nuovi, in altri ancora ha riportato in vita ciò che non esiste più. Il risultato è una ambientazione fuori dal tempo e dalla nostra realtà.
Di questo mondo in cui è ambientata la storia ci viene detto che probabilmente un tempo era popolato di esseri umani, ma ormai non è più così. Ci sono creature antropomorfe: grandi, piccole, dall’aspetto di giovani e vecchi. A una prima occhiata saremmo portati a scambiarle per esseri umani, ma sarebbe un errore che, se davvero ci aggirassimo per quel mondo, pagheremmo con la vita. La differenza non è estetica, ma emotiva. Cosa rende un uomo un essere umano? La risposta che sembra volerci dare UT è i suoi sentimenti, la sua capacità di provare empatia per le altre creature viventi, che siano uomini, animali o vegetali. Di questa capacità di capire le emozioni degli altri, negli esseri antropomorfi che popolano questa realtà, non vi è traccia. Ciascuno è unicamente guidato e dominato dai propri istinti, che di volta in volta possono essere la fame o qualcosa di più complesso.
In questo contesto si inserisce Ut, che, nello spirito di gran parte delle serie Bonelli, è il nome del protagonista oltre che il titolo della serie. Un essere antropomorfo (dunque non l’ultimo essere umano, come qualcuno avrebbe potuto pensare) che indossa una maschera. Ut è un personaggio strano, particolare, di difficile comprensione e che, proprio per questo, non invita particolarmente all’empatia. Non è Tex che, come un cavaliere senza macchia, sembra sempre sapere cosa fare, ma non è neanche un Dylan Dog, pieno di dubbi e paure e, per questo, profondamente umano. No, Ut è un essere antropomorfo e per questo non ha i sentimenti o le emozioni che normalmente ricercheremmo in un essere umano: per esempio uccide senza rimorsi solo perché è quello che gli viene detto di fare. Oltre a questo sembra anche piuttosto ottuso, ma più come un bambino che ha poca esperienza del mondo, che come una persona semplicemente stupida. Non a caso Roi lo paragona a Pinocchio (ma quello letterario di Collodi, non quello molto più umano di molte riduzioni cinematografiche). L’unica forma di empatia che Ut sembra provare è nei confronti di un gatto, quasi come se quella piccola creatura avesse risvegliato dentro di lui un sentimento sepolto, sopito, ma mai realmente morto. E una volta riscoperta questa capacità di provare emozioni per un altro essere vivente, Ut sembra deciso a non lasciarsela più scappare, per cui tenere per sé e proteggere il gatto diviene per lui una sorta di imperativo morale, quasi come se, invece di evolvere, avesse sostituito un istinto dominante con un altro.
Il gatto, però, avrà effetti simili su diverse altre creature antropomorfe della storia, come a voler simboleggiare l’ultima scintilla di umanità in questo mondo senza esseri umani.
Ut non è l’unico personaggio ad aggirarsi per questo mondo fuori dal mondo, ve ne sono altri che ci vengono presentati in Le Vie della Fame e tutti sembrano destinati ad avere un ruolo importante nel proseguo della storia. Una storia strana, particolare, che a tratti ha il sapore della fiaba e che la sceneggiatura di Paola Barbato per questo primo numero non delinea (volutamente) ancora perfettamente, limitandosi a lasciarci delle suggestioni più che degli indizi o delle indicazioni.
Chi è Iranon, il gigantesco immemore che è stato risvegliato nella Masnaba? Perché Ut doveva fargli la guardia e impedire che venisse svegliato? Perché Decio vuole liberarsene in fretta, senza far sapere a nessuno chi è e da dove viene? Quali pensieri si aggirano nella mente di Iranon e perché i suoi ricordi potrebbero essere legati al misterioso diario di Hog? Cosa vuole realmente Caligari e perché è perennemente in gara con Decio?
Domande, misteri, altre domande. Per le risposte credo bisognerà attendere i prossimi albi.
Sotto il profilo grafico, in realtà, basterebbe solo dire Corrado Roi e non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. Gli appassionati di fumetti, e in particolare i lettori di Dylan Dog, sanno di cosa è capace il maestro delle luci e delle ombre e questo Le Vie della Fame ce lo presenta in ottima forma. Ormai da qualche anno, in molte delle pubblicazioni meno standardizzate della casa editrice, la cosiddetta gabbia bonelliana ha cominciato a non essere più così strettamente vincolante. In questa sorta di nuova libertà d’espressione, complici sicuramente le sceneggiature di Paola Barbato, Roi si muove alla grande. Già perfettamente a suo agio all’interno delle sei vignette per pagina, capace come pochi di comunicare l’inquietudine e di dare profondità alle ombre con il suo particolare uso delle chine, lasciato libero di spaziare nella costruzione della tavola (ora usando una splash-page, ora utilizzando la classica gabbia, ora cambiando le proporzioni tra le vignette) realizza quello che, una volta terminato, si preannuncia già come un piccolo capolavoro.
L’atmosfera sembra essere perennemente crepuscolare, le ombre sono dense, come dotate di vita propria e i personaggi di muovono in scenografie che già da sole mettono i brividi. Proprio le ambientazioni sono una delle caratteristiche più particolari di questo titolo e saremmo pronti a scommettere che avranno una giustificazione direttamente legata alla vicenda principale. I paesaggi, i panorami della città, infatti, sembrano non rispettare per nulla la prospettiva. Le case più vicine sono grandi, poco a poco che ci si allontana rimpiccioliscono, eppure là sullo sfondo, dove dovrebbe esserci il cielo, capeggia una casa mastodontica, ciclopica, le cui finestre sono gigantesche, addirittura da sole misurano il doppio di altri edifici. L’effetto è straniante e delirante e contribuisce a rendere l’atmosfera stramba, malsana, quasi onirica, che permea tutto l’albo.
Perché una simile scelta? È solo una questione estetica o avrà qualcosa a che fare con il famigerato diario di Hog (l’architetto genetico con le fattezze dello scomparso Umberto Eco) a cui si accenna nell’albo?
UT è il primo titolo Bonelli che esce in contemporanea in due edizioni: da edicola e per librerie e fumetterie. Questa seconda versione è caratterizzata da una particolare carta ruvida per la copertina (realizzata per ogni numero da un autore diverso) e da una serie di contenuti aggiuntivi. Per Le Vie della Fame la realizzazione dell’illustrazione della copertina è stata affidata a Nicola Mari, un artista che ha una grandissima sensibilità nell’uso delle ombre, proprio come Corrado Roi. Tra i contenuti aggiuntivi si segnala una bella e lunga intervista proprio a Mari sulla realizzazione del dipinto usato per la copertina e una serie di schede di approfondimento dei personaggi principali di questo primo numero.
Le Vie della Fame è uscito, inoltre, in edizione limitata in anteprima per la fiera di Cartoomics 2016, con copertina variant firmata da Jacopo Camagni.
Per concludere UT, fin da questo primo numero, si delinea come un’opera particolare, distante per molti versi dagli standard Bonelli. Più adulta, più onirica, meno classica. I disegni e il soggetto di Corrado Roi uniti alla sceneggiature di Paola Barbato delineano, con questo Le Vie della Fame, i primi tasselli di un affresco che sembra destinato a divenire qualcosa di molto interessante e importante. Seguiremo passo passo i sei albi fino al termine di questa miniserie perché, se sarà all’altezza delle aspettative dopo questo primo numero, non ce la perderemmo per nulla al mondo.
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