Prima dello scoppio della I Guerra Mondiale, Srinivasa Ramanujan (Dev Patel), giovane autodidatta della matematica sviluppò in assoluta autonomia, senza avere mai studiato in alcuna scuola o università, alcune importantissimi risultati.
In pratica, riscoprì da solo quello che intere generazioni di matematici di ogni latitudine avevano scoperto, facendolo diventare patrimonio comune di chiunque studi matematica.
L'uomo che vide l'infinito di Matthew Brown racconta di come Ramanujan riuscì, inviando i suoi lavori, a destare l'attenzione del professore Godfrey Harold Hardy (Jeremy Irons) del Trinity College di Cambridge. Convocato da questi in Inghilterra, il matematico indiano, arrivò in pochi anni, non senza le difficoltà e i pregiudizi che un indiano suscitava in piena epoca coloniale britannica, a conquistare la prestigiosa Fellowship della Royal Society e poi dello stesso Trinity, per l'indiscusso valore dei suoi risultati, le cui ricadute hanno ancora enormi applicazioni.
La precoce morte a soli trent'anni non consentì a Ramanujan di proseguire le sue ricerche. Dei quaderni vennero poi ritrovati solo nel 1976. Una scoperta paragonata al ritrovamento di una ipotetica Decima Sinfonia di Beethoven.
La storia narrata dal film è quindi solo di un parziale lieto fine. Con toni enfatici e celebrativi, ispirandosi a un libro che racconta la storia, si parla per lo più di una grande amicizia, quella tra Ramanujan e Hardy, che più che uno scontro di culture è stato lo scontro tra il talento puro e la disciplina. Uno scontro dal quale entrambi però hanno imparato qualcosa. L'allievo che l'istinto e l'intuito da soli non bastano se non supportati dal metodo; il maestro il valore dell'umana empatia.
A fare la differenza, a salvare il film dall'eccesso di enfasi dei dialoghi e delle situazioni, sono la plausibile ricostruzione d'ambiente e il cast che, oltre a due interpreti principali tutto sommato in parte, è ben supportato da ottimi comprimari come Toby Jones nel ruolo di John Littlewood e Jeremy Northam in quello di Bertrand Russell.
Il film parla di un periodo storico ben preciso. Se infatti ribadisce che la matematica è scoperta, non invenzione, narra di un tempo in cui si riteneva che non esistessero congetture vere e non dimostrabili e che quindi la prova di una congettura fosse una verità inoppugnabile.
Di lì a qualche anno Kurt Gödel dimostrò come in matematica esistono proposizioni vere ma non dimostrabili, dando parzialmente ragione a chi come Ramanujan manipolava con disinvoltura congetture intuitivamente vere, anche se non del tutto dimostrate o forse indimostrabili. Peccato che non sia vissuto fino un possibile incontro con Gödel. Sarebbe stato per lui un maestro formidabile.
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