Spostando il seguito della storia a Enfield, Londra, la sua intenzione era quella di creare un’ambientazione completamente diversa da quella del primo film?
Sì. In parte, il motivo per cui volevo ritornare sulla storia e per cui desideravo farlo è che sentivo che questo film era molto diverso stilisticamente dal primo. Quindi il cambio di luogo ha fatto sì che si percepisse come un film diverso e, ovviamente, l’ambientazione nella Londra degli anni 70 gli ha dato un “sapore” diverso.
Ho sentito dire che è venuto un prete a benedire il set, prima che iniziassero le riprese. Di chi è stata l’idea?
Non so chi abbia avuto l’idea, ma è stata geniale, perché il resto delle riprese è andato avanti senza alcun intoppo. Non è accaduto niente di troppo raccapricciante, non che io sappia, comunque. In realtà, Patrick Wilson ha un video che uno dei membri della troupe ha girato una sera, dopo che avevamo finito le riprese della giornata. Ha filmato una delle grandi tende del set insonorizzato –quelle che si tirano lungo tutto il set- che ondeggiava da sola; non c’era nessuno in giro che lo glielo facesse fare. Tutto era chiuso, le porte erano tutte chiuse, l’aria condizionata e i ventilatori erano spenti. E’ una cosa davvero fortissima.
Patrick e Vera Farmiga sono magici insieme. Che tipo di alchimia ha visto tra di loro, quando li ha scelti per i ruoli di Ed e Lorraine Warren nel primo film?
Ho sempre ammirato Vera Farmiga e amavo l’idea di lavorare con lei. Mi piacciono tutti i suoi lavori precedenti. Fin dal primo film in cui l’ho vista, credo fosse un film con Paul Walker intitolato Running (Running Scared). Ho pensato che fosse semplicemente fantastica in quel film, e ovviamente, nei film successivi in cui ha recitato. Mi piace il suo aspetto, ammiro la sua abilità come attrice. Sentivo di avere bisogno di una come Vera Farmiga per rappresentare quel tipo di personaggio mistico (spirituale) che è Lorraine Warren, ed è ciò che Vera è riuscita a fare. Quindi mi sono sentito veramente fortunato che siamo riusciti ad avere Vera e lei era entusiasta di questo ruolo.
E doppiamente entusiasmante per me è stato il fatto che lei conoscesse Patrick. Aveva diretto la moglie di Patrick in un film [Higher Ground], in passato, quindi avevano avuto già modo di conoscersi in quella occasione. Ho pensato, 'Questo è grandioso!' E, naturalmente, avevo lavorato con il signor Wilson molte volte prima [ride] con Insidious. E mi piace Patrick. Lui è un grande attore. E, si sa, le donne lo amano per qualche ragione – Io non so perché [ride]. Credo che sia un grande attore protagonista ed in realtà stia solo aspettando il momento opportuno [ride]. Quindi, sì, è stato fantastico. Loro due vanno così d'accordo. Penso che abbiano più o meno la stessa età e hanno in comune molte cose ed esperienze. Sono tutti e due persone che tengono molto alla famiglia. Lui è un padre e un marito molto amorevole, e lei è una mamma e una moglie molto amorevole. E questa era la dinamica perfetta che mi serviva per i Warren.
Ci sono stati degli approfondimenti o dei piccoli fatti particolari suggeriti da Lorraine che ha voluto inserire in questa storia?
Non era necessariamente una cosa specifica, che avesse a che fare con questo caso in particolare. Ma, più di ogni altra cosa, ciò che volevo ottenere dalle chiacchierate con Lorraine tra questo film e il primo Conjuring, era capire meglio come si svolgesse la dinamica tra di loro. Mi piace ascoltare della storia d'amore tra lei e Ed. Adoro quella parte di loro. E ho sempre detto, anche se non credete a chi siano, che la loro trasposizione sul grande schermo ha dato vita a due personaggi molto interessanti.
Questa è stata una delle cose che ho veramente voluto raccontare con questo film – la storia d'amore loro due – così è stato l'unico argomento di cui ho chiesto a Lorraine un po’ 'di più. Lei è molto più anziana adesso e quindi la sua memoria non è più tanto buona, ma io sono molto felice che mi abbia potuto raccontare ogni sorta di piccoli aneddoti su di lei e Ed e di come Ed non avrebbe fatto certe cose, o come ne avrebbe fatto altre. Questa è stata la parte migliore per me.
Altrettanto presenti e importanti quanto Patrick e Vera in entrambi questi film, ci sono anche personaggi di madri forti. Sono abbastanza forti per proteggere i loro figli, ma anche sufficientemente umane per reagire a ciò che sta accadendo intorno a loro. Ci può raccontare di come siete arrivati a scritturare l’attrice per il ruolo della madre?
Sì. Ecco, le spiego, prima di tutto io ho un fantastico direttore del casting, Anne McCarthy, che mi aiuta moltissimo con tutti i personaggi, soprattutto i bambini. E aveva fatto un ottimo lavoro per aiutarmi a trovare Lili Taylor; sono un fan di Lili da tantissimo tempo, e siamo stati molto fortunati ad avere lei per il primo film. Lili ha fatto un lavoro così incredibile che abbiamo pensato, 'Sai una cosa? Dobbiamo esserne all’altezza’.
Così, quando è stato fatto il nome di Frances O'Connor, ho detto: 'Dobbiamo prendere Frances.' Sono sempre stato un grande fan di Frances, fin dai suoi primi film in Australia, quando ero molto giovane. Ho seguito la sua carriera per molto tempo, e ho sempre voluto lavorare con lei, quindi questa era l'occasione perfetta. Lei voleva davvero essere una parte di questo film. Amava il primo film.
E 'quel genere di ruolo per cui hai bisogno di qualcuno forte, ma in questo film, lei recita nella parte di un personaggio della classe medio-bassa, molto inglese, proveniente da quella parte del mondo e che viveva in quel periodo di tempo. E Frances, da quella attrice di tutto rispetto che è, voleva davvero riuscire a trasmettere questo attraverso la sua recitazione – vivere in una casa popolare, e non avere i soldi per prendersi cura della propria famiglia. Ha fatto delle ricerche su Peggy Hodgson. Ma, naturalmente, lei voleva interpretare Peggy a modo suo – come è giusto che facesse – in modo che ci fosse una linea sottile tra quanto abbia apportato Frances al personaggio e quanto ci fosse della vera Peggy Hodgson.
Ci può parlare della casa? Ha un aspetto così raccapricciante…
Sì, vorresti disinfettare tutto il posto con la candeggina [ride]. Ok, le parlerò di due aspetti a riguardo. In primo luogo, abbiamo parlato un bel po’ con le persone che erano lì verso la fine degli anni 70, che sono parte di questa storia particolare, giusto? E una delle persone che investigavano sul caso, che era lì nel periodo in cui la vicenda aveva la massima attenzione da parte dei media, era un tipo di nome Graham Morris. È il fotografo che ha scattato un sacco di foto di qualsiasi cosa che è successa nella casa, e non poteva essere più scettico. Non è una persona religiosa. Non è spirituale. E 'ancora vivo ed è diventato un famoso fotografo di cricket. Gode di grande rispetto nel mondo fotografico/giornalistico.
Graham Morris ha riferito che quando lui era lì, era come se la casa stesse cadendo a pezzi; la carta da parati si stava staccando dai muri. Questa famiglia era molto povera – non avevano soldi per riparare nulla. E ci ha detto: 'Non potevo credere che quello fosse l'ambiente in cui vivevano quelle persone.'
Si sentiva male per loro. Ma ha anche detto, 'Io non credo nel mondo soprannaturale, ma in quella casa stavano accadendo cose che io non riuscivo a spiegare.'
Ci ha raccontato che c’erano cose che si muovevano in giro da sole e che un mattoncino Lego è letteralmente volato fuori dal soggiorno e lo ha colpito in faccia, facendolo sanguinare. Quando è entrato nella stanza a controllare, là dentro non c’era nessuno. E queste case popolari sono così piccole che è impossibile che qualcuno possa nascondersi. E diceva che, qualunque entità infestasse quel posto, per qualche ragione si manifestava ogni volta che era presente Janet. Io ho ascoltato le sue storie e ho pensato ‘Oh mio Dio! ‘ Prendo quello ha raccontato come testimonianza reale. Così, quando si è trattato di creare la casa, ho cercato di rimanere il più fedele possibile a quelle persone. Una parte importante di ciò che volevo fare con questo film era di cambiare l'aspetto rispetto al primo film. Il primo film era ambientato in una fattoria. Era isolata in mezzo al nulla. Era una grande, grande casa colonica, e c'era un sacco di spazio per muoversi. C’erano un sacco di posti in cui l’Uomo Nero poteva nascondersi.
Quello che mi ha entusiasmato è che in questo caso l’ambientazione non avrebbe potuto essere più opposta. L’azione si svolgeva proprio nel bel mezzo della periferia, in un quartiere trafficato nei sobborghi di Londra, e traffico pedonale dappertutto. E questo è ciò che lo ha reso molto esaltante per me perché la casa, per la mancanza di un termine migliore, è in realtà molto banale. Non era la tipica casa infestata, come uno se la immagina. Non era nella brughiera desolata. Non era una grande magione in stile gotico. Era una casa popolare dall’aspetto assolutamente banale. E l’ho vista come una sfida eccitante per fare qualcosa di diverso, e renderlo spaventoso.
Il film si basa su eventi reali, ma ci può dire che licenze artistiche si è preso per fare procedere la storia?
Beh, voglio dire, non si tratta di un documentario [ride]. Quindi, sì, cominciando a lavorare al film, sapevo che sarebbe stato soggettivo, in termini di prospettiva narrativa. Non è obiettivo. Volevo fare un film attraverso il punto di vista di questi personaggi. Voglio essere rispettoso di quello che hanno detto è successo a loro, ed è stato lo stesso anche con il primo film. Tutto sommato, l’aspetto vero è una base di partenza per me, su cui costruire le mie paure, ma tornando sempre, però, a quello che ha reso questi personaggi reali e a ciò che hanno detto essere accaduto.
Quindi c’è una linea di demarcazione sottile: se parto da una storia vera e poi comincio a divagare un po’, mi ricordo sempre di tornare al punto di partenza. E’ molto importante tornare sempre al “tronco dell’albero”, la storia realmente accaduta, mentre i rami che si dipartono da quell’albero sono le cose che io posso creare. Ma, alla fine, la base di partenza – il tronco- è sempre ciò che si suppone reale. Questo è importante.
Lei ha avuto successo con altri generi, ma chiaramente ha una passione e un talento per il genere horror. Possiamo tornare indietro a come tutto ha avuto inizio e parlare di ciò che dell’horror l’ha colpita da bambino?
Anzitutto, io sono un fan genere. Voglio dire, ho visto Poltergeist e Lo squalo che ero davvero molto piccolo e quei film mi hanno spaventato. Poltergeist mi ha fatto venire la paura delle bambole raccapriccianti e questo è un motivo per cui sono, in un certo senso, fissato con le bambole maligne [ride].
E i clown.
E i clown, giusto? Devo dare la colpa a [Steven] Spielberg per questo e a Tobe Hooper. E poi Lo Squalo mi ha fatto nascere il terrore per la distesa d’acqua ignota – l’oceano – e l’idea di essere portati via da un posto dove ci sentiamo al sicuro e messi in un ambiente dove noi siamo letteralmente i pesci fuori dall’acqua, no? Così, con questi due film si può dire che ho cominciato a capire la dinamica di come si crea la tensione.
Quindi, in parte, il motivo per cui mi sono dedicato ai film horror inizialmente è che io amo il genere, quindi so che posso fare qualcosa nel genere horror, che proviene da un luogo puro, un luogo di passione. Ma mi ricordo di aver letto un articolo in cui Sam Raimi ha detto che l'horror è il genere migliore per cominciare a muovere i passi nella regia perché non si ha bisogno necessariamente di un sacco di soldi per farlo funzionare. E può essere efficace; si può realizzare davvero un buon lavoro con una piccola quantità di denaro.
Ma, cosa più importante per me, quel particolare genere, il genere horror, è lo strumento del regista. Esso consente al regista di modellare il lavoro della macchina da presa. Eseguire i tagli sulla scena, e sapere cosa modificare nel sound design. Ci sono gli effetti visivi, c’è l’uso delle luci, c'è l’utilizzo degli attori in questo modo. Quindi è veramente lo strumento del regista e ho sentito che era il posto perfetto per me per mettermi in mostra come regista. E da quando ho avuto successo con il primo film [ride], Hollywood in un certo senso mi ha etichettato e messo in quella casella.
Ma c’è qualcosa che ancora la spaventa?
Nei film o in generale?
Diciamo in entrambi?
Nel mondo del cinema, penso di essere molto fortunato perché riesco ancora a distaccarmi dal regista che c’è in me, e a guardare i film di altri colleghi ed esserne spaventato. Ma in generale, il mondo reale mi spaventa molto di più [ride]. Ci sono le elezioni a breve …
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